«Rebus»

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G. M.
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Re: «Rebus»

Intervento di G. M. »

Ferdinand Bardamu ha scritto: lun, 15 apr 2024 11:18 In rebussistico però la geminata mi sembra una soluzione «per assicurare meglio la pronuncia sorda della sibilante», come la geminata di parassita, piuttosto che la conseguenza di un’ipotetica derivazione da rèbusse
Sì, mi sono espresso in modo non chiarissimo. :) Intendevo: «avendo il derivato [di rebus] registrato rebussistico», vediamo a posteriori che rèbusse s'incastra con questo esattamente.

Non ricordo, ora, se abbiamo mai discusso del tema del raddoppiamento della consonante finale nei derivati di termini in consonante con accentazione non tronca. :?: Potrebbe essere che il raddoppiamento ci sia comunque? Penso a Internet > internettiano...
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Infarinato
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Re: [FT] Raddoppiamento della consonante finale della base nei derivati

Intervento di Infarinato »

Fuori tema
G. M. ha scritto: lun, 15 apr 2024 11:48 Potrebbe essere che il raddoppiamento ci sia comunque? Penso a Internet > internettiano
Sí, è cosí;)
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Millermann
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Re: «Rebus»

Intervento di Millermann »

G. M. ha scritto: dom, 14 apr 2024 22:21 Nei casi di rebus e quorum […] l'elemento usato è solo un pezzo di "significante", divenuto indipendente dal contesto originario, trasformato nel valore grammaticale (da ablativo plurale e genitivo plurale a "nominativo" singolare) e dotato di significati che, così da solo, nella lingua d'origine non ha.
Devo ammettere che è proprio cosí, tanto che, volendo coniare un neologismo latino per il gioco chiamato rebus, questo non potrebbe essere che... *rebus, -i, seconda declinazione. E in questo caso, sarebbe lecito italianizzarlo in *rebo. Oppure, volendo giocare con il «fantalatino», si potrebbe perfino pensare a un nome della terza declinazione: *rebus, -oris (sul modello di tempus, -oris), italianizzabile anche come *rèbore;)

Ma questo è semplicemente un gioco; nella realtà, mi sembrerebbe ingiusto voler modificare questo termine per adattarlo. In proposito, mi piacerebbe aggiungere qualche informazione riguardo all'uso che se ne fa, in italiano e nelle altre lingue. Il significato principale di rebus, com'è noto, è quello di «gioco enigmistico illustrato» (l'altro è quello figurato); ma si tratta di una definizione molto ampia: i rebus hanno origine antica, e nelle diverse lingue hanno assunto forme e sottostanno a regole completamente diverse.
Fuori tema
Piú in dettaglio, quello che conosciamo noi, per averlo visto innumerevoli volte sulle riviste, è il rebus [italiano] moderno (o contemporaneo), le cui caratteristiche sono state definite a metà dello scorso secolo, e che possono essere riassunte come:
  • Omografia (contrapposta all'omofonia estera);
  • Consequenzialità (il senso apparente dev'essere consistente, coerente e compiuto);
  • Inequipollenza dei significati (ovvero non identità etimologica);
  • Limite di 3 lettere per i grafemi.
Il primo vincolo, in particolare, caratterizza da sempre i rebus italiani, che sono basati sulla grafia, mentre quelli inglesi o francesi si rifanno alla pronuncia (eye=I, cent=sans); il secondo, tipicamente italiano, impone una vignetta coerente e unica, e non disegni separati; il terzo (che impedisce l'identità etimologica fra gli elementi della vignetta e la soluzione) è anch'esso assente nei rebus stranieri, il che dal nostro punto punto di vista ne fa un tipo di gioco sostanzialmente differente.

A chi volesse approfondire l'argomento, consiglio di leggere l'articolo della Treccani, la pagina guichipediana e, per altri dettagli tecnici, questa guida pratica. Per la terminologia, c'è quest'opuscolo :)
Da ciò si deduce che la parola rebus, in enigmistica, è una specie d'iperonimo: ne esistono di tanti tipi (rebus stereoscopici, a domanda [e risposta], a rovescio, a cambio, e altri), tanto che è difficile trovare la parola in fondo all'enunciato (altro motivo per cui la sua terminazione consonantica non preoccupa piú di tanto). Per quanto detto, però, è pur vero che potrebbe aver senso distinguere il rebus italiano dagli altri giochi omonimi conosciuti all'estero tramite un nome piú riconoscibile come «italiano», e questo nome (per rispettare il derivato rebussista) potrebbe effettivamente essere rebusse o rebusso. Il problema sarà farlo accettare agli enigmisti! :P
In Italia, dotta, Foro fatto dai latini
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Lorenzo Federici
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Re: «Rebus»

Intervento di Lorenzo Federici »

Perché non della quarta: *rebus, *rebūs:mrgreen:
Fuori tema
Millermann ha scritto: lun, 15 apr 2024 12:15 Il primo vincolo, in particolare, caratterizza da sempre i rebus italiani, che sono basati sulla grafia, mentre quelli inglesi o francesi si rifanno alla pronuncia (eye=I, cent=sans); il secondo, tipicamente italiano, impone una vignetta coerente e unica, e non disegni separati; [...]
Sono differenze, in particolare la prima, che ho sempre avuto sotto il naso ma che non avevo mai notato. In effetti, una cosa del genere da noi non potrebbe funzionare, così come dubito che possa funzionare per lo spagnolo o per il rumeno. Grazie mille per la precisazione. :D

Quindi, se ho capito bene, un gioco del tipo [COM ➕ TER] o [✅✅ R] per computer non è definibile «rebus italiano» perché si basa sulla pronuncia, mentre sarebbe valido [L 🪿 TION] per location?
Rimango dell'idea che si possa usare un singolo rebusse o rebusso o rebo per tutti questi giochi, poiché il concetto alla base è lo stesso, eventualmente specificando il rebus italiano, il rebus inglese eccetera.
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G. M.
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Re: «Rebus»

Intervento di G. M. »

Millermann ha scritto: lun, 15 apr 2024 12:15 [...] questo nome [...] potrebbe effettivamente essere rebusse o rebusso. Il problema sarà farlo accettare agli enigmisti! :P
Basta presentarlo nel modo giusto: :mrgreen:

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(Occhei, mi autoseppelisco :lol:).
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Millermann
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Re: «Rebus»

Intervento di Millermann »

Lorenzo Federici ha scritto: lun, 15 apr 2024 14:16 Perché non della quarta: *rebus, *rebūs:mrgreen:
Sa che non ci avevo pensato? Senz'altro piú corretto che non della seconda!
In italiano si avrebbe sempre rebo, ma in latino «rebŭs, rebūs, rebŭī, rebŭm, rebŭs, rebū» sarebbe certo piú corretto di «rebŭs, rebī, rebō, rebŭm, rebĕ , rebō» perché conserverebbe la -u- del «nominativo». ;)
Fuori tema
Lorenzo Federici ha scritto: lun, 15 apr 2024 14:16Quindi, se ho capito bene, un gioco del tipo [COM ➕ TER] o [✅✅ R] per computer non è definibile «rebus italiano» perché si basa sulla pronuncia, mentre sarebbe valido [L   TION] per location?
In realtà, i suoi esempi non sono nemmeno dei rebus, a rigore, quindi tanto meno italiani. E questo perché non rispettano nessuno dei criteri richiesti.

Per essere precisi, il primo criterio (l'omografia) non tiene conto neppure del raddoppiamento fonosintattico: a riva è considerato diverso da arriva, anche se la pronuncia ufficiale è la stessa. Unica «deroga» a questa regola ferrea è l'ammissibilità delle scrizioni accentate delle voci del verbo avere: ò, ài, à, ànno, per evitare l'«ingombro» dell'acca.

Insomma, il rebus italiano moderno è un'arte da preservare e difendere, cosí come altre specialità enigmistiche quali i palindromi. Un rebus straniero, al confronto, potrebbe figurare al massimo su un giornaletto per bambini; e infatti, se ci fa caso, spesso i rebus destinati ai bambini non sono classificabili come italiani perché troppo semplificati. :P
G. M. ha scritto: lun, 15 apr 2024 15:12 Basta presentarlo nel modo giusto: :mrgreen:
Ottima idea! :lol:
In Italia, dotta, Foro fatto dai latini
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Ferdinand Bardamu
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Re: «Rebus»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Lorenzo Federici ha scritto: lun, 15 apr 2024 14:16Rimango dell'idea che si possa usare un singolo rebusse o rebusso o rebo per tutti questi giochi…
Non vorrei che la questione del «fonotatticamente corretto» sfuggisse di mano. Come ha scritto Infarinato altrove:
Infarinato ha scritto: lun, 15 apr 2024 15:39In tutte le lingue ci sono parole che si collocano ai margini della normale fonotassi. L’importante, appunto, è che rimangano eccezioni: Castellani era preoccupato del costante afflusso di anglicismi, non certo delle poche parole latine già presenti nel lessico (normalmente molto piú perspicue e piú facili a pronunciarsi per un italofono di una parola di origine germanica).
Insomma, mi pare che ce la stiamo prendendo col bersaglio sbagliato: il morbus non è latinus, ma anglicus. :roll:
Ligure
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Re: «Rebus»

Intervento di Ligure »

Non mi sto domandando se interventi che implichino l'adozione di "paragoge" o processi confrontabili possano davvero "regolarizzare" voci che tali non vengono ritenute. So bene che - oggettivamente - sarebbero in grado di poterlo fare. Non mi sto neppure chiedendo se ciò vada applicato anche a voci latine né se io personalmente lo farei (sapendo bene che la mia opinione o il mio eventuale comportamento linguistico non interesserebbe nessuno).

Ciò che noto - ogni giorno, da molti anni -, non soltanto io, ovviamente, è che codesti "interventi" risultano sempre meno praticati davvero, proprio nello stesso territorio nel quale apparivano come caratteristici. Non sono nemmeno più - come scrivono i linguisti - fenomeni "recessivi". Si tratta, ormai, di fenomeni "receduti".

La ragione è, ovviamente, socio-linguistica ed è illustrata abbastanza chiaramente da un attento osservatore di questo stesso territorio, il prof. Neri Binazzi, di cui - tempo addietro - avevo pubblicato l'intero articolo relativo alla Toscana. Nello specifico, l'autore riferisce: "Risoluzione nessi consonantici. Come per i fenomeni di epitesi, appaiono condizionate per lo più diastraticamente (parlanti con ridotto grado di scolarizzazione) le assimilazioni finalizzate a evitare adiacenze consonantiche non previste dal dialetto: ['tɛnːiho] ‘tecnico’ (anche come sost. ‘artigiano specializzato’) ['bɔsːe] ‘box per auto; piccolo garage privato’."

In precedenza - nello stesso testo - il Binazzi - il cui articolo completo si trova sul sito (o in rete) - aveva trattato l'epitesi vocalica riscontrabile in "gasse", "barre" o "Coppe" come tratto caratterizzato da progressivo indebolimento, desuetudine (non dimenticando neppure le semplici "cancellazioni" rilevabili in "camio", "neo", "compiute").

Parole particolarmente misurate nello stile di un accademico. Ma egli non tratta nemmeno più esiti terzultimali quale, ad es., il risultato dell'epitesi applicata alla voce "lapis" et c., alle quali più nessuno, se ancora l'adopera (anziché matita, in questo caso), intende applicare il trattamento menzionato. Detto altrimenti, nessuno più intende davvero parlare a codesto modo. Almeno, in Toscana. Per evidenti e banalissime motivazioni di tipo socio-linguistico. Almeno, al di fuori delle prove e delle recite tradizionali di commediole "in vernacolo", nelle quali i giovani "stentano" sempre più a riprodurre la pronuncia loro richiesta, in quanto si tratta di forme di parole che non adoprano e che non conoscono…

Ho effettuato una breve inchiesta tra conoscenti. Le risposte più benevole hanno riguardato il fatto che nessuno vuol parlare come una "macchietta" o un "comico toscano". M'è stato detto: "I personaggi delle pellicole, i comici li pagano, ma noi…". I meno benevoli m'hanno detto: "Nessuno v(u)ole parlare come i'Pacciani…". E, inoltre: "E, se "fuor di Toscana", un "codesto", un "adopra", un "vole", un "vengan(o)" - per "vengono" - non vengono affatto tollerati, immagina quale potrebbe essere l'accoglienza di forme che rimandano - socio-linguisticamente - a un livello diastratico ancora più specificatamente marcato…".

Ritengo di poter scrivere, sia pure relativamente a un campione statisticamente molto esiguo (ma caratterizzato dall'importante valutazione del prof. Binazzi): "Relata refero" . So che è latino, ma queste due paroline non hanno esigenza d'interventi in quanto (già) conformi alla fonotassi italiana.
Avatara utente
G. M.
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Re: «Rebus»

Intervento di G. M. »

Ferdinand Bardamu ha scritto: lun, 15 apr 2024 18:28 [...] Insomma, mi pare che ce la stiamo prendendo col bersaglio sbagliato: il morbus non è latinus, ma anglicus. :roll:
Credo che nessuno di noi se la prenda col latino. Solo, è interessante discutere anche di questi termini: il confronto stimola e —almeno io— imparo un sacco di cose utili. :)

Per me, c'è anche il fatto che mi fa piacere potermi distrarre con altre lingue, ogni tanto, rispetto alla solita indigestione d’i[ta]nglese cui siamo sottoposti ogni giorno…
Ligure ha scritto: lun, 15 apr 2024 19:56Ciò che noto - ogni giorno, da molti anni -, non soltanto io, ovviamente, è che codesti "interventi" risultano sempre meno praticati davvero, proprio nello stesso territorio nel quale apparivano come caratteristici. Non sono nemmeno più - come scrivono i linguisti - fenomeni "recessivi". Si tratta, ormai, di fenomeni "receduti". La ragione è, ovviamente, socio-linguistica [...]. Detto altrimenti, nessuno più intende davvero parlare a codesto modo. Almeno, in Toscana. Per evidenti e banalissime motivazioni [...]
Mi dispiace leggerlo. Mi sembrano, su scala diversa, fenomeni simili a quelli che portano al recedere odierno dell'italiano tutto di fronte all'inglese.
Ritengo di poter scrivere [...]: "Relata refero" . So che è latino, ma queste due paroline non hanno esigenza d'interventi in quanto (già) conformi alla fonotassi italiana.
Rebus [:wink:] sic stantibus, per me non l'avrebbero nemmeno se non conformi. :wink:
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Ferdinand Bardamu
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Re: «Rebus»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

G. M. ha scritto: lun, 15 apr 2024 21:06Credo che nessuno di noi se la prenda col latino. Solo, è interessante discutere anche di questi termini: il confronto stimola e —almeno io— imparo un sacco di cose utili. :)
Sí, ho usato un termine ostile come «bersaglio», ma non volevo ovviamente sottintendere che qualcuno provi un’avversione preconcetta verso l’una e l’altra lingua. E concordo: in queste stanze si finisce sempre coll’imparare cose nuove e utili.

Nel caso di rebus l’unica possibilità, che non rappresenterà mai un vero sostituto ma tutt’al piú un sinonimo da adoperare per variatio, è il rompicapo illustrato suggerito piú sopra da Millermann.
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