«Pus»

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Lorenzo Federici
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«Pus»

Intervento di Lorenzo Federici »

Anni fa pensai a pure come adattamento di pus.
Infarinato ha scritto: dom, 14 apr 2024 17:59
Lorenzo Federici ha scritto: dom, 14 apr 2024 17:40 …così come pure per pus, visto l'aggettivo purulento
No, *pure non va bene, ché pūs è neutro in latino… [...]
Effettivamente pūs, pūris in latino ha pūs come accusativo. Quando pensai a questa soluzione (considerando non particolarmente influente la somiglianza con l'avverbio pure e il sostantivo purè) ignoravo questo dettaglio; oggi potrei giustificarlo come ho fatto qui, ma rimane valido quanto fatto notare dall'Infarinato:
Infarinato ha scritto: ven, 15 mar 2024 17:13
Lorenzo Federici ha scritto: ven, 15 mar 2024 15:53 Non mi pare un gran problema, anche crīmen e fulmen lo sono.
Sí, ma codeste sono voci dòtte rifatte [arbitrariamente] sul tema del genitivo. [...].
Scarterei pusse, poiché abbiamo già purulento e purino.

In questo caso, l'unica soluzione —oltre al corsivo che comunque in questo caso sarebbe più che giustificato— mi sembra essere pu. Non so quanti altri monosillabi derivati da un -ūs latino esistano, probabilmente nessuno, ma mi sembra l'opzione più logica. La u finale non crea problemi, essendo accentata.

Curioso il rumeno puroi, che corrisponderebbe a un italiano puronio. Non mi sembra una soluzione che potrebbe funzionare, ma è comunque curioso come esito.
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Lorenzo Federici
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Re: «Pus»

Intervento di Lorenzo Federici »

Piccolo esercizio mentale: cercando sostantivi che terminassero in -ūs e guardando l'origine del termine, mi sembra di capire che quel pūs è in realtà la contrazione di un precedente *pŭŭs (o *pŭŏs, più arcaico, che è tra l'altro il termine che viene dato per il protitalico).

Un analogia, per intenderci, potrebbe essere *korp-os>corp-us, *korp-osis>corp-oris; pu-os>pūs, pu-osis>pūris. Probabilmente ho torto sul genitivo e lo sviluppo non è stato esattamente questo, potrebbe essere semplicemente analogo a quello di altri sostantivi simili, ne so poco e niente e sto soltanto ipotizzando.

Valuterei quindi come soluzione anche puo (da intendersi latineggiante) o poo (/po̍o/, come esito di /u/ breve accentata e /u/ breve della desinenza). Probabilmente pu è comunque meglio, anche perché più vicino ai derivati, ma mi sembrava una considerazione interessante da riportare.
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Carnby
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Re: «Pus»

Intervento di Carnby »

Secondo me basta materia, se si vuol rimanere nell’ambito della fonotassi più stretta. Eventualmente materia purulenta.
Ultima modifica di Carnby in data lun, 15 apr 2024 20:06, modificato 1 volta in totale.
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Lorenzo Federici
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Re: «Pus»

Intervento di Lorenzo Federici »

Si potrebbe pensare a [la] purulenta, sostantivato? Anche se effettivamente anch'io ho sentito e usato spesso materia, alla fine si capisce dal contesto.
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Infarinato
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Re: «Pus»

Intervento di Infarinato »

Lorenzo Federici ha scritto: lun, 15 apr 2024 9:27 Piccolo esercizio mentale: cercando sostantivi che terminassero in -ūs e guardando l'origine del termine, mi sembra di capire che quel pūs è in realtà la contrazione di un precedente *pŭŭs (o *pŭŏs, più arcaico, che è tra l'altro il termine che viene dato per il protitalico).

[…] pu-os>pūs, pu-osis>pūris. […]

Valuterei quindi come soluzione anche puo (da intendersi latineggiante) o poo (/po̍o/, come esito di /u/ breve accentata e /u/ breve della desinenza).
Tutto sbagliato (e abbastanza «fuori fòro»). :roll:

Innanzitutto, secondo de Vaan la radice protoitalica è già *pūs‑ (cfr. Michiel de Vaan, Etymological Dictionary of Latin and the other Italic Languages, Leida: «Brill», 2008, s.v. «pūs, pūris»). Il genitivo singolare è quindi già *pūsis in latino arcaico, poi sonorizzatosi in */z/is , da cui infine pūris per rotacismo secondo il noto processo.

Sempre secondo il de Vaan, il nom.acc.sg. potrebbe quindi essere dovuto a una semplice generalizzazione di *puH-s- a partire dal gen.sg. oppure, certo, anche a uno sviluppo *puos > *puus pūs. Ma, per quel che ci riguarda, è assurdo partire da un non attestato *puos, che magari non è nemmeno mai esistito.

In ogni caso, se la nostra fosse una parola di tradizione ininterrotta, l’esito sarebbe lo stesso di plūs (> it. piú), cioè *(dove l’accento grafico è preferibile per non lasciare dubbi sull’inevitabile raddoppiamento fonosintattico).

…Ma ovviamente tutto ciò è fantalinguistica.

Pus va bene cosí, e nessuno dirà mai altrimenti. In tutte le lingue ci sono parole che si collocano ai margini della normale fonotassi. L’importante, appunto, è che rimangano eccezioni: Castellani era preoccupato del costante afflusso di anglicismi, non certo delle poche parole latine già presenti nel lessico (normalmente molto piú perspicue e piú facili a pronunciarsi per un italofono di una parola di origine germanica).
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G. M.
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Re: «Pus»

Intervento di G. M. »

Questione dell'adattamento a parte, c'è marcia:
màrcia1 s. f. [femm. sostantivato dell’agg. marcio] (non usato al plur.), pop. – Pus, materia suppurativa che si raccoglie nelle ferite infette, nelle piaghe, ecc.
E marcio:
màrcio agg. e s. m. [der. del lat. marcere «marcire»] (pl. f. -ce). [...] 3. s. m. [...] b. Materia purulenta, pus (v. anche marcia1): togliere il m. dalla piaga. [...]
Per l'uso letterario, tabe:
tabe s. f. [dal lat. tabes «putrefazione, consunzione, pus», affine a tabere «liquefarsi, imputridire»]. – 1. letter. a. Pus, materia putrida che cola da ferite e piaghe. b. Consunzione, malattia che produce consunzione: gl’infami avoli tuoi di tabe Marcenti o arsi di regal furore (Carducci). c. fig. Degradazione morale, corruzione (cfr. l’uso analogo di marciume): la t. di una famiglia, di un gruppo sociale, politico. 2. In medicina, nome dato a varie sindromi caratterizzate da grave e progressivo decadimento generale: t. meseraica, espressione con cui si designava in passato la tubercolosi dei linfonodi mesenterici; t. dorsale e assol. tabe, grave malattia del sistema nervoso di natura luetica, chiamata anche atassia locomotoria, spesso associata e complicata con altri fatti morbosi.
Sanie:
sànie s. f. [dal lat. sanies]. – Nel linguaggio letter. e nell’antica terminologia medica, materia purulenta che cola da piaghe putride o da corpi organici in decomposizione: è questo un antro Opaco, immenso, che macello è sempre D’umana carne, onde ancor sempre intriso È di s. e di sangue (Caro).
Pituita:
pitùita (alla lat. pituìta) s. f. [dal lat. pituīta]. – 1. ant. Con sign. generico, muco, catarro, pus. 2. Con sign. specifico, termine che in passato indicava il liquido acquoso filante, formato da saliva e da secrezione delle prime vie respiratorie e digestive, emesso con lo sputo o con il vomito, soprattutto la mattina, dagli alcolisti e dai forti fumatori.
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