Il DOP ha sandi.sandhi 〈sàndhi〉 s. m., sanscr. [propr. «legamento»; comp. di sam- «assieme» e tema di dhā- «porre, fare»; cfr. l’etimo di sintesi]. – Nella grammatica sanscrita (dalla quale l’uso si è esteso anche ad altre lingue) l’insieme degli adattamenti fonologici che si verificano nella giuntura tra diversi morfemi; in partic., si distingue un s. esterno o sintattico, tra diversi elementi della catena parlata, e un s. interno o morfologico, tra i morfemi di una singola parola, nel quale ultimo si possono far rientrare, in prospettiva diacronica e con riferimento anche ad altri sistemi linguistici, i mutamenti subìti dalle radici nominali e verbali nei processi di composizione e derivazione. Nella terminologia linguistica corrente, il termine è usato per lo più per indicare – al livello della frase – il complesso dei fenomeni di accomodamento fonologico che si manifestano quando due, o più, parole sono pronunciate di seguito senza pausa, fenomeni che consistono in alterazioni o sostituzioni fonologiche a carico dei fonemi finali e iniziali (in molti casi scompaiono per dar luogo a un terzo fonema diverso) e, talvolta, nell’inserzione di un fonema nel punto di congiunzione; tali fenomeni si verificano anche nella scrittura quando si tiene conto dell’assenza di pausa tra parola e parola scrivendo unite le parole contigue. Il termine è spesso esteso a indicare fatti analoghi di fonetica sintattica (per es., il greco delle iscrizioni τημπολιν per τὴν πόλιν; l’ital. soprattutto per sopra tutto), anche là dove il fenomeno non si riflette nella scrittura (per es., in ital. con questo 〈koṅ ku̯ésto〉, ecc., in fr. i casi della liaison, ecc.).
«Sandhi»
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Re: «Sandhi»
È traducibile con legamento.
Re: «Sandhi»
Teoricamente sì, ma alcuni autori come il Muljačić usano legamento per glide.
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