Vorrei qui esporre alcune considerazioni sull’odierna lessicografia italiana.
L’assenza di «raccomandazioni al buon uso» non è in qualche modo uno spalancare la porta a un’evoluzione scriteriata, «a rotta di collo» per dirla con Alfonso Leone, o, come diceva l’Altieri Biagi, un accelerare (indebitamente) il divenire della lingua? Perché non c’è, da parte dei lessicografi, alcuna presa di posizione (non parlo neanche della questione dei forestierismi, ma dell’uso improprio di voci e costruzioni), in forma di consiglio («si raccomanda...»)? Non si rendono conto che, per la maggioranza, il dizionario è il punto di riferimento ultimo, la bibbia della lingua, e che quello che vi si trova scritto è preso come parole sacre e indiscutibili? Pare di no...
Insomma, non mi dite che il dare consigli avveduti sia sinonimo di fascismo... Anche perché vediamo da anni (soprattutto nel foro della Crusca) quanti italiani cercano risposte chiare nei dizionari, che li lasciano spesso a mani vuote...
La lessicografia d’oggi
Moderatore: Cruscanti
La lessicografia d’oggi
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Purtroppo (come si diceva qui) leggendo i vocabolari si ha l'impressione che i loro curatori tirino un po' a campare.
Ho letto questa discussione dopo aver scritto le seguenti riflessioni che riporto pari pari:
bubu7 ha scritto:Non è che consideri del tutto sbagliato il lamento di Marco sull'assenza d'indicazioni prescrittive sui nostri vocabolari. A mio parere, in un dizionario scolastico, certe prescrizioni motivate (perfino se sbagliate) invitano il lettore sprovveduto a ragionare più del mero atteggiamento descrittivo, più consono a opere specialistiche. Chi non sa, vorrebbe sapere come si dice prima di rendersi conto di come si può ugualmente dire. Se si salta il primo passo si può provocare o disorientamento, seguito dal disinteresse, oppure si può arrivare all'idea che, visto che un modo vale l'altro, non merita occuparsene più di tanto. L'amore per la lingua non viene certo stimolato da molti moderni dizionari.
Ultima modifica di bubu7 in data mar, 28 ago 2007 9:00, modificato 1 volta in totale.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
V. M. Illič-Svitič
A proposito di dizionari scolastici, noi qui per il francese usiamo il MicroRobert, versione ridotta del Petit Robert (che sarebbe l’equivalente d’un nostro monovolume). Le indicazioni nel MicroRobert sono molto piú recise che nell’editio maior. Un esempio: oggi si usa il congiuntivo dopo après que; il Petit Robert dice «emploi critiqué», mentre il MicroRobert dice «emploi fautif» (uso errato). Almeno gli alunni che lo consultano sono messi in guardia, e sarebbe bene che fosse cosí anche in Italia.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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