«Banjo» e derivati

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G. M.
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Iscritto in data: mar, 22 nov 2016 15:54

«Banjo» e derivati

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Treccani:
banjobä′nǧou› s. ingl. [alteraz., nella pronuncia degli schiavi neri, dell’ingl. bandore, che ha lo stesso etimo e sign. dell’ital. bandura] (pl. banjosbä′nǧou∫› o banjoes), usato in ital. al masch. (e pronunciato comunem ‹bènǧo›). – Strumento musicale a corde (da 4 a 9), costituito da una cassa a forma di tamburo, con piano armonico privo di fondo e fatto di pergamena; se ne distinguono due tipi: uno, suonato con le dita, ha a sinistra delle corde più gravi una corda più acuta, tesa a due terzi del manico da un cavicchio; il secondo, privo di tale corda, si suona con il plettro. Di origine africana, ideato dagli schiavi negli Stati Uniti d’America come adattamento del liuto sudanese, è usato spec. in complessi di jazz tradizionale.
L'adattamento bangio (pl. bangi) è registrato da vari dizionari (Gabrielli, Garzanti, Devoto-Oli, ecc.), e mi pare che non ci sia nulla da dire.

Merita invece forse un'osservazione il derivato bangioista 'suonatore di bangio'. Presumo che il termine abbia questa struttura, anomala rispetto alle forme italiane, perché modellato sull'inglese banjoist. Avendo adattato banjo in italiano come bàngio (e non, chessò, come bangiò o simili) bangioista è forma che si può accettare, o per coerenza è consigliabile una correzione in bangista (trattandosi d'un termine non proprio diffusissimo)?
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