«Vado/sono ‹a› o ‹allo› studio?»
Moderatore: Cruscanti
«Vado/sono ‹a› o ‹allo› studio?»
Innanzitutto mi scuso per eventuali ripetizioni di thread, ma non sono riuscito a trovare nulla. Io ho sempre detto e sentito la frase "vado allo studio".
Amici miei romani dicono però "vado a studio" e "sono a studio". Detto che la seconda è sbagliata, in quanto la versione corretta dovrebbe essere "sono in studio", ma per la prima mi sorge qualche dubbio. Perché frasi simili, nel mio modo corrente di parlare, cambiano la preposizione:
- vado in chiesa;
- vado a casa;
- Vado al supermercato.
Quali di queste è corretta? E qual è la frase giusta "vado a studio" oppure "vado allo studio"?
Grazie
Amici miei romani dicono però "vado a studio" e "sono a studio". Detto che la seconda è sbagliata, in quanto la versione corretta dovrebbe essere "sono in studio", ma per la prima mi sorge qualche dubbio. Perché frasi simili, nel mio modo corrente di parlare, cambiano la preposizione:
- vado in chiesa;
- vado a casa;
- Vado al supermercato.
Quali di queste è corretta? E qual è la frase giusta "vado a studio" oppure "vado allo studio"?
Grazie
Le risponde Luca Serianni.
Perché sono locuzioni cristallizzate che nell’evoluzione della lingua attraverso i secoli sono giunte a noi in tale forma. La lingua non è matematica. 
P.S. Le ho corretto i suoi perchè in perché (i composti di che vogliono l’accento acuto). La pregherei di evitare inutili anglicismi come thread quando in italiano esiste filone.

P.S. Le ho corretto i suoi perchè in perché (i composti di che vogliono l’accento acuto). La pregherei di evitare inutili anglicismi come thread quando in italiano esiste filone.

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Riporto ciò che dice la Grammatica di riferimento dell'italiano contemporaneo di Giuseppe Patota (Novara, Garzanti Linguistica, 2006, p. 283; grassetti originali):Tamme ha scritto:E perché si dice "vado a casa" e non "vado alla casa"?
Quando il luogo è indicato da un nome comune
Le proposizioni in e a (e le forme articolate nel, nella, al, alla ecc.) si alternano anche quando il luogo da indicare è rappresentato da un nome comune. Non è possibile individuare un criterio di distribuzione: da una parte si dice “Vado (sono) al cinema, al liceo, al ristorante”, dall'altra si dice “Vado (sono) a teatro, a scuola, in pizzeria”; senza contare i casi in cui convivono piú alternative (per esempio: “Vado (sono) al / in bagno”, “Vado (sono) in / alla stazione”. Si possono solo ricordare gli usi piú frequenti, distribuendoli a seconda della preposizione che li introduce.
Vado / sono in… aeroporto, albergo, banca, bagno, biblioteca, (e tutte la parole che finiscono in -teca: discoteca, enoteca, paninoteca, videoteca ecc.), birreria (e tutte le parole che finiscono in -ria: gelateria, pizzeria, trattoria ecc.), camera, centro, montagna, palestra, piscina, stazione, ufficio.
Vado / sono a… casa, letto, lezione, messa, scuola, teatro (ma si dice anche “Sono in casa”, “Sono in teatro”).
Vado / sono al (all', allo, alla)… aeroporto, bagno, cinema, liceo, mercato, museo, ristorante, stadio, stazione, supermercato ecc.
Attenzione ai casi in cui si usano in o a: se il nome comune è accompagnato da un aggettivo, da un altro nome o da un complemento che lo determina, al posto di in o a bisogna adoperare nel, nella ecc. o al, alla ecc. Si noti la differenza:
“Vado (sono) in ufficio” / “Vado (sono) nell'ufficio di Marco, nel mio ufficio”
“Vado (sono) in banca” / “Vado (sono) alla Banca Nazionale del Lavoro”
“Vado (sono) in biblioteca” / “Vado (sono) alla (o nella) biblioteca comunale, alla biblioteca di Alessandrina”
“Vado (sono) a teatro” / “Vado (sono) al teatro Sistina”.
I nomi palazzo e villa seguiti da un nome proprio che li determina sono preceduti dalla preposizione semplice: “Vado a Palazzo Pitti”, “La mostra si terrà a Palazzo Grassi”, “Il ministro ha partecipato a un incontro a Villa Medici” ecc.
Ultima modifica di Luca86 in data sab, 04 gen 2014 1:33, modificato 3 volte in totale.
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Un errore che noto di frequente (e che mi infastidisce non poco), soprattutto negli interventi in molti forum, nei social network come Facebook, ecc. è l'uso della locuzione "a lavoro" anziché il corretto "al lavoro" (es. "vado a lavoro"). Il fenomeno mi sembra particolarmente diffuso tra persone originarie del Sud Italia.
Si tratta forse di un'indebita estensione della tipologia che ritroviamo nell'espressione "a casa"?
Del resto, mi sembra che anche per quel che riguarda la parola"casa", l'abolizione dell'articolo sia sovente abusata: d'accordo su espressioni come "andare a casa", ma forme come "chiudere casa" (es. "ha chiuso casa ed è andato in vacanza", letto di recente su un settimanale), "vendere casa" e via discorrendo mi sembrano brutte ed eccessive, benché si tratti probabilmente, anche in questo caso, di espressioni ormai cristallizzate.
Si tratta forse di un'indebita estensione della tipologia che ritroviamo nell'espressione "a casa"?
Del resto, mi sembra che anche per quel che riguarda la parola"casa", l'abolizione dell'articolo sia sovente abusata: d'accordo su espressioni come "andare a casa", ma forme come "chiudere casa" (es. "ha chiuso casa ed è andato in vacanza", letto di recente su un settimanale), "vendere casa" e via discorrendo mi sembrano brutte ed eccessive, benché si tratti probabilmente, anche in questo caso, di espressioni ormai cristallizzate.
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Nel caso specifico, potrebbe anche trattarsi semplicemente d’una forma d’ipercorrettismo: il parlante meridionale (trasferitosi al Nord[e]) potrebbe sentire il [correttissimo] raddoppiamento fonosintattico dopo la preposizione a (e.g., in vado a casa /,vado a k'kasa/) come qualcosa da correggere, e quindi scempiare la doppia anche quando questa non è dovuta ad esso, bensí alla consonante finale della preposizione articolata: vado al lavoro /all-/ = *vado a lavoro /all-/ > (per ipercorrettismo) *vado a lavoro */al-/ (con ulteriore possibile attrazione di vado a lavorare).oceanic152 ha scritto:Un errore che noto di frequente (e che mi infastidisce non poco), soprattutto negli interventi in molti forum, nei social network come Facebook, ecc. è l'uso della locuzione "a lavoro" anziché il corretto "al lavoro" (es. "vado a lavoro"). Il fenomeno mi sembra particolarmente diffuso tra persone originarie del Sud Italia.
P.S. Benvenuto!

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GrazieInfarinato ha scritto:Benvenuto!

Sono insegnante di Lettere alle scuole superiori (particolarmente istituti tecnici) e abito a Verona.
In effetti, al nord il raddoppiamento fonosintattico è assente ed è avvertito come tratto tipicamente caratteristico dei parlanti del centro - sud (il problema, soprattutto qui nel Veneto, è semmai di carattere contrario, visto che tendiamo ad essere abbastanza "allergici" alle doppie

La locuzione "a lavoro" in sostituzione della forma corretta "al lavoro" è diffusa, a quel che mi risulta, anche tra persone residenti al Sud e che non hanno mai messo piede al Nord (o che comunque non sembrano aver mai risentito, almeno apparentemente, dell'influsso della parlata settentrionale); forse sono proprio i social network a facilitare la diffusione di espressioni talora approssimative, non supportate dalla benché minima riflessione grammaticale. In Internet si sta verificando un po' la stessa cosa che accade con gli SMS, dove la rapidità comunicativa è prioritaria rispetto ad ogni altro aspetto linguistico (basti vedere come scrive l'utente medio di Facebook

Ultima modifica di oceanic152 in data lun, 27 giu 2011 14:45, modificato 2 volte in totale.
Benvenuto anche da parte mia!oceanic152 ha scritto:...forse sono proprio i social network...

Ho solo un commentino lessicale da fare: perché dire social network quando si può dire rete sociale?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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