Aita!: oggettiva con congiuntivo o indicativo

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bartolo
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Aita!: oggettiva con congiuntivo o indicativo

Intervento di bartolo »

Ottimi, ecco una frase che mi pare un busillis:

«Non pensiamo che la libertà venga meno, ma neppure dubitiamo che valga di più il suo amore».

Nella prima oggettiva il congiuntivo mi sembra corretto (il verbo "pensare" indica un'opinione); nella seconda, il verbo "dubitare", che di per sé vorrebbe il congiuntivo, assume in compagnia del "neppure" un senso contrario al "dubbio", un'idea di certezza, come per dire: «Siamo certi che vale di più il suo amore».

Vorrei sapere se è corretto quindi sostituire quel "valga" con "vale".

Grazie
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Federico
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Re: Aita!: oggettiva con congiuntivo o indicativo

Intervento di Federico »

bartolo ha scritto:Vorrei sapere se è corretto quindi sostituire quel "valga" con "vale".
Si può benissimo, in generale, quando si vuole esprimere una certezza, ma ammetto di non aver compreso il significato della frase.
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bartolo
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Intervento di bartolo »

In effetti è decontestualizzata: si tratta di una osservazione sul libero arbitrio di un Padre della Chiesa il quale esorta a non considerare annichilita la libertà umana ma contestualmente a ritenere l'amore di Dio più importante di quella medesima libertà
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Federico
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Intervento di Federico »

Ah, ma allora trattandosi di fede chi usa il congiuntivo è un sospetto eretico: che non sia convinto che l'amore di Dio vale piú della libertà? Forse però, non trattandosi di un articolo di fede molto esplicito (come credo che Dio è), è concesso.
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Re: Aita!: oggettiva con congiuntivo o indicativo

Intervento di Infarinato »

Federico ha scritto:
bartolo ha scritto:Vorrei sapere se è corretto quindi sostituire quel "valga" con "vale".
Si può benissimo, in generale, quando si vuole esprimere una certezza…
Non sono d’accordo: in italiano normale, dubitare rientra nel gruppo di quei verbi che reggono solo il congiuntivo (Serianni, Grammatica italiana, 1989, Torino, «UTET», §XIV.49): probabilmente, qualche «modernista» sosterrà che oggi l’indicativo [in frasi come quella in esame] è accettabile —per me, no.

Ma in quella frase c’è un altro punto che mi lascia invece perplesso: se non ho frainteso, quell’«amor suo» vale «amore della/per la libertà»… ma «tranne alcune locuzioni cristallizzate […] il valore oggettivo [dell’aggettivo possessivo] è espresso normalmente dal pronome personale» (Serianni, op. cit., §VII.102), ovvero in questo caso: «amor[e] per lei/per essa». :?
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bartolo
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Intervento di bartolo »

No, ottimo Infarinato, le chiedo scusa, ché m'accorgo di minuto in minuto di quanto sia ambigua la proposizione in oggetto. Me ne dolgo e chiedo ancora venia. Quel "suo" (forse se l'avessi scritto coll'iniziale maiuscola avrei reso tutto più perspicuo, "Suo") è relativo al sottinteso "Dio": il Padre della Chiesa che ha redatto il testo (abbiamo [a] che fare con una traduzione dal latino) vuole dirci che l'amore di Dio per l'uomo vale più della stessa libertà umana.
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Intervento di Infarinato »

bartolo ha scritto:No, ottimo Infarinato, le chiedo scusa, ché m'accorgo di minuto in minuto di quanto sia ambigua la proposizione in oggetto. Me ne dolgo e chiedo ancora venia. Quel "suo" (forse se l'avessi scritto coll'iniziale maiuscola avrei reso tutto più perspicuo, "Suo") è relativo al sottinteso "Dio"…
In effetti, avevo pensato che potesse anche essere cosí, ma l’assenza della maiuscola reverenziale m’ha fatto propendere per l’altra ipotesi… Meglio cosí, allora. :D
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

La Grande Grammatica Italiana di Consultazione ha scritto:Quest’ambito viene rappresentato, in forma lessicale, praticamente solo dal verbo che dà il nome al congiuntivo dubitativo, dubitare appunto. Esso richiede di regola il congiuntivo, con o senza il non espletivo (cfr. V.4.):

(65 a) Dubito che (non) venga.
(65 b) Era una via cosí stretta e buia che veniva da dubitare dovesse portare da qualche parte.

La negazione di questo verbo, almeno ad un livello stilistico piú elevato, non influisce sulla sua reggenza modale, benché con un non dubito che il dubbio venga esplicitamente negato:

(66 a) Conoscendo le abitudini di Gino, non dubitai che (non) fosse intervenuto immediatamente.
(66 b) Non avevo dubitato un attimo che Luisa (non) fosse incinta.

In questi esempi, la negazione si riferisce alla struttura frasale nella sua globalità e perciò non esercita alcun influsso immediato sulla frase dipendente. Viene negato che il SOGGETTO della predicazione nutra un dubbio determinato e il congiuntivo, normale dopo un verbo di dubbio non negato, viene mantenuto: Non dubito che sia molto intelligente, parafrasabile anche nel modo seguente: «Non è il caso che io dubiti che p». In questi casi perciò si può parlare di una negazione esterna – schematicamente: ‘Neg(dubito che p)’ (cfr. 2.1.1.1., (16): non impedire che + cong.).


Soprattutto nella lingua informale l’indicativo dopo dubitare negato è piú frequente che dopo lo stesso verbo nel suo valore positivo: Non dubito che è molto intelligente. In questo caso la negazione è in certo modo integrata nel verbo, paragonabile ad una negazione realizzata lessicalmente per mezzo di un prefisso privativo (v. V.2.2.). Ne deriva una sorta di predicato quasi-affermativo che esercita un influsso immediato su modalità e modo della frase da esso dipendente. Questa struttura, che si può definire come negazione interna, può essere rappresentata per mezzo dello schema seguente: ‘(Neg-dubitare) che p’. Dal punto di vista semantico ciò corrisponde ampiamente a Sono convinto che è molto intelligente. L’indicativo e il congiuntivo possono anche venire sostituiti dal futuro, che serve a mettere in risalto la posteriorità:

(67) Nessuno dubita che il timore di nuove tasse farà perdere dei voti al partito al potere.

Cfr. anche:

(68) Pochi dubitano che Trotzkij fu liquidato per ordine di Stalin.
(Vol. II, pp. 431-432.)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Infarinato »

La Grande Grammatica Italiana di Consultazione ha scritto:La negazione di questo verbo, almeno ad un livello stilistico piú elevato, non influisce sulla sua reggenza modale, benché con un non dubito che il dubbio venga esplicitamente negato…
«La Norma», appunto… Che bello: «sono stilisticamente elevato»! :D
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

E teco io son! :D
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Federico
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Intervento di Federico »

Infarinato ha scritto:
La Grande Grammatica Italiana di Consultazione ha scritto:La negazione di questo verbo, almeno ad un livello stilistico piú elevato, non influisce sulla sua reggenza modale, benché con un non dubito che il dubbio venga esplicitamente negato…
«La Norma», appunto… Che bello: «sono stilisticamente elevato»! :D
Invece a me sembra che si parli di due costruzioni con un significato diverso:
Marco1971 ha scritto:
La Grande Grammatica Italiana di Consultazione ha scritto:[...] In questi esempi, la negazione si riferisce alla struttura frasale nella sua globalità e perciò non esercita alcun influsso immediato sulla frase dipendente. Viene negato che il SOGGETTO della predicazione nutra un dubbio determinato e il congiuntivo, normale dopo un verbo di dubbio non negato, viene mantenuto:

[...] In questo caso la negazione è in certo modo integrata nel verbo, paragonabile ad una negazione realizzata lessicalmente per mezzo di un prefisso privativo (v. V.2.2.). Ne deriva una sorta di predicato quasi-affermativo che esercita un influsso immediato su modalità e modo della frase da esso dipendente. [...]
Se si nega che il soggetto abbia un dubbio, non ci si esprime sul contenuto del dubbio, e si usa il congiuntivo; se si nega la possibilità del dubbio, si usa l'indicativo.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Tutto il passo che comincia con Soprattutto nella lingua informale è riportato in carattere piú piccolo, a mo’ d’aggiuntina riferentesi in modo prevalente («soprattutto»), appunto, alla lingua informale. Importante mi pare sottolineare questa differenza di registro.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Infarinato »

Marco1971 ha scritto:Tutto il passo che comincia con Soprattutto nella lingua informale è riportato in carattere piú piccolo…
E allora rimpiccioliamolo! :D (Fatto.)
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Federico
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Intervento di Federico »

Marco1971 ha scritto:Importante mi pare sottolineare questa differenza di registro.
Certo, è ovvio: un po' come per l'uso del congiuntivo in certi casi.

Anche se io non ho mai capito che senso abbia distinguere per differenze di registro due strutture, locuzioni, parole ecc. che assumono un significato diverso.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Non c’è nessuna differenza propriamente semantica, ma di registro, in una frase come Non dubito che tu sia/sei laureato.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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