Risorse in rete per la linguistica
Moderatore: Cruscanti
È evidente che ci rifacevamo ad accezioni diverse di errore. (In sintesi: inserendo un errore [grammaticale] in una mia frase sapendo che è un errore [grammaticale] e senza contestarne questa caratteristica, non commetto un errore dal mio punto di vista, per il semplice motivo che sto momentaneamente rifiutando per qualche ragione il criterio di grammaticalità. Anche senza scomodare Socrate e Parmenide.)
Se si restringe il campo degli errori [grammaticali] consapevoli a quello delle «licenze poetiche» (in senso lato), poi, a me risulta ancora piú stridente l'ossimoro errore retorico nel senso di «errore con finalità retoriche o espressive». Dopodiché, è ovvio che basta mettersi d'accordo sulle definizioni.
E la sua definizione non mi è molto chiara (logicamente): in che senso una persona commetterebbe uno di questi errori grammaticali/linguistici consapevoli con finalità retorico-espressive (ab)usando degli anglicismi? Sicuramente non vuole sostenere che chi infarcisce di anglicismi i propri discorsi abbia sempre un'elevata consapevolezza linguistica, dal momento che la sua posizione è quella opposta; non capisco allora se lei intenda parlare solo di una minoranza di anglicismi o di parlanti. E poi non capisco in che modo gli anglicismi rientrerebbero fra gli errori.
Se si restringe il campo degli errori [grammaticali] consapevoli a quello delle «licenze poetiche» (in senso lato), poi, a me risulta ancora piú stridente l'ossimoro errore retorico nel senso di «errore con finalità retoriche o espressive». Dopodiché, è ovvio che basta mettersi d'accordo sulle definizioni.
E la sua definizione non mi è molto chiara (logicamente): in che senso una persona commetterebbe uno di questi errori grammaticali/linguistici consapevoli con finalità retorico-espressive (ab)usando degli anglicismi? Sicuramente non vuole sostenere che chi infarcisce di anglicismi i propri discorsi abbia sempre un'elevata consapevolezza linguistica, dal momento che la sua posizione è quella opposta; non capisco allora se lei intenda parlare solo di una minoranza di anglicismi o di parlanti. E poi non capisco in che modo gli anglicismi rientrerebbero fra gli errori.
Caro Federico, è in questione l'atteggiamento, e non l'errore in sé: se Giulia ci dice che per lei, a volte, l'anglismo si comporta [emotivamente] un po' come un demotismo dialettale, a noi non resta che prenderne atto e cercare di capire (e a me mi è parso di capire abbastanza bene); ma senza questionare troppo sui termini, ché non servirebbe a niente – ci troviamo di fronte a una testimonianza, prodotta da chi ha un'ottima dimestichezza con l'inglese e che, per di più, ha una solida coscienza di che cosa sia un forestierismo.
Per le finalità espressive. Un qualsiasi 'detto', se riesce a richiamare l'attenzione del destinatario, portando a buon fine la propria funzione comunicativa, esibirebbe una più e meno elaborata, consapevole coloritura retorica: la retorica, in sostanza, è in ciò che rende efficace la comunicazione (e oggi la linguistica, pensando alla stessa cosa, parla di testualità e pragmatismo etc.). Sicché, dalle virtutes ai vizi, tutto può concorrere a migliorare la portata espressiva di un pensiero (concordanze a senso, inversioni, metaplasmi, forestierismi [cfr. puritas, perspicuitas, ornatus, aptum...] e tutto ciò che può rientrare nella categoria dell' 'eloquio alieno' [anche i nostri traducenti possono ospitare una buona, quanto trascelta ed elegante potenzialità retorica, se possono polarizzare su di sé l'attenzione di chi ascolta – va da sé, però, che in un testo pratico, l'uso abrupto di parole inconsuete non sarebbe del tutto appropriato... e tuttavia anche qui si può fare qualcosa, magari a piccoli passi... ad esempio gli stessi proposti da Giulia]).
Per un esempio di abuso linguistico a fini retorico-espressivi: immagini un Teofilo Folengo di oggi che intrecci, anche senza stravolgere le strutture delle due lingue, italiano e inglese... Ma davvero sono tantissimi i 'moventi' che possono suggerire l'uso di una parola in particolare... si veda anche la dimensione affettiva per cui il movente abbraccia la sensibilità individuale, la nostra biografia (il primo 'telefono senza fili' entrato nella mia famiglia fu ribattezzato, non mi ricordo più da chi, «asclepio»... ancora oggi, dopo tanti anni, lo chiamo così, per una questione che non esito a definire 'affettiva'...) etc.
Per le finalità espressive. Un qualsiasi 'detto', se riesce a richiamare l'attenzione del destinatario, portando a buon fine la propria funzione comunicativa, esibirebbe una più e meno elaborata, consapevole coloritura retorica: la retorica, in sostanza, è in ciò che rende efficace la comunicazione (e oggi la linguistica, pensando alla stessa cosa, parla di testualità e pragmatismo etc.). Sicché, dalle virtutes ai vizi, tutto può concorrere a migliorare la portata espressiva di un pensiero (concordanze a senso, inversioni, metaplasmi, forestierismi [cfr. puritas, perspicuitas, ornatus, aptum...] e tutto ciò che può rientrare nella categoria dell' 'eloquio alieno' [anche i nostri traducenti possono ospitare una buona, quanto trascelta ed elegante potenzialità retorica, se possono polarizzare su di sé l'attenzione di chi ascolta – va da sé, però, che in un testo pratico, l'uso abrupto di parole inconsuete non sarebbe del tutto appropriato... e tuttavia anche qui si può fare qualcosa, magari a piccoli passi... ad esempio gli stessi proposti da Giulia]).
Per un esempio di abuso linguistico a fini retorico-espressivi: immagini un Teofilo Folengo di oggi che intrecci, anche senza stravolgere le strutture delle due lingue, italiano e inglese... Ma davvero sono tantissimi i 'moventi' che possono suggerire l'uso di una parola in particolare... si veda anche la dimensione affettiva per cui il movente abbraccia la sensibilità individuale, la nostra biografia (il primo 'telefono senza fili' entrato nella mia famiglia fu ribattezzato, non mi ricordo più da chi, «asclepio»... ancora oggi, dopo tanti anni, lo chiamo così, per una questione che non esito a definire 'affettiva'...) etc.
Forse quanto dice il Gabrielli può servirci a capire meglio la questione.giulia tonelli ha scritto:Io questa frase la sento molto piu' sgrammaticata di "a me mi", e secondo me sta piu' tra gli errori che nella zona grigia, anche perche' una costruzione cosi' fuori dalla Liguria io non l'ho veramente mai sentita (a me "c'e' dei birboni" sembra molto diversa da "non c'e' piu' di pomodori", ma non so spiegare perche'). Ma su questo non ho un'opinione forte, forse la mia percezione e' fallace ed effettivamente l'esempio che ho scelto non e' dei piu' felici.

La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
V. M. Illič-Svitič
Segnalo il seguente articolo trovato in rete, che, benché datato, mi sembra in sintonia con le opinioni sostenute dalla maggior parte degli iscritti a questa lista di discussione: Carmelo Ciccia: "Aspetti della lingua italiana contemporanea", DIALOGOS Anno V - N. 19 - Roma. Luglio - Settembre 1964.
Il collegamento è il seguente: http://www.paternogenius.com/pagine/Car ... aliana.htm.
Il collegamento è il seguente: http://www.paternogenius.com/pagine/Car ... aliana.htm.
Teo Orlando
- Infarinato
- Amministratore
- Interventi: 5603
- Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 10:40
- Info contatto:
Grazie, Teo. È probabilmente vero: lo spirito dell’articolo è vicino a quello che anima molte delle tesi qui sostenute, ma l’impostazione è davvero molto datata…Teo ha scritto:Segnalo il seguente articolo trovato in rete, che, benché datato, mi sembra in sintonia con le opinioni sostenute dalla maggior parte degli iscritti a questa lista di discussione…

Concordo con Infarinato, ringraziando Teo a mia volta. Aggiungo che l’autore è a tratti alquanto estremista – e non sembra aver letto le illuminanti considerazioni del Migliorini sui prefissoidi – quando rifiuta ²auto- e ²radio-. Inoltre mi colpisce questo:
Forse non ha letto bene i classici:Il dinamismo della vita moderna è penetrato anche nella lingua: si dice « credo tu sia intelligente, voglio tu vada a Roma » senza i rispettivi « che », come sarebbe giusto.
Luca Serianni ha scritto:Nell’italiano antico l’omissione del che era piú diffusa e poteva interessare anche le oggettive all’indicativo di qualsiasi tempo. Il fenomeno, caratteristico della lingua poetica dugentesca («pensando tanto m’amava» Anonimo, cit. in Dardano 1969: 272 n. 375) raggiunge la sua acme nel Quattrocento. (Grammatica italiana, Torino, UTET, 1989, XIV.60.)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Come può un fenomeno cosí antico e ininterrotto spingere qualcuno a dire che sarebbe «giusto» non omettere il che congiunzione (in quei casi ai quali è oggi ristretta la sua omissione)?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Vedo che anche la Hoepli ha messo in linea il proprio dizionario di inglese. Sembra completo, anche se bisogna registrarsi per vedere tutto.
C'era da molto tempo (almeno dal 2002). In effetti, è completo, con l'eccezione delle trascrizioni fonetiche. Tuttavia, c'è un problema di visualizzazione che segnalai qualche anno fa: se nel Picchi in linea si digitano alcune preposizioni e/o avverbi (come on, off, out, over, up ecc.), compaiono alcuni phrasal verbs, e il seguente messaggio:Federico ha scritto:Vedo che anche la Hoepli ha messo in linea il proprio dizionario di inglese. Sembra completo, anche se bisogna registrarsi per vedere tutto.
«Per visualizzare altre voci è necessario precisare di più la ricerca».
La preposizione da sola risulta così non consultabile. La redazione della Hoepli promise di risolvere il problema. Tuttavia, con il mio vecchio Macintosh (che cambierò con il nuovo iMac a ottobre non appena sarà uscito il sistema Leopard) l'inconveniente permane, ma può darsi che usando altri elaboratori sia stato risolto.
Tra l'altro, come si legge anche in un altro filone, con la Repubblica e L'espresso di oggi è possibile acquistare Il Picchi 2008 e anche la nuova edizione del Gabrielli d'italiano, "millesimata" anch'essa 2008 e passata nel catalogo Hoepli da quello Signorelli/Edumond.
Ultima modifica di Teo in data ven, 17 ago 2007 16:14, modificato 1 volta in totale.
Teo Orlando
Non ha una gran visibilità, in effetti; anche per questo forse non l'hanno sviluppato oltre e il problema è rimasto.Teo ha scritto:C'era da molto tempo (almeno dal 2002).
Grazie per la risposta.
P.s.: «Signorelli/Edumond». Ecco spiegato perché il Gabrielli è nel catalogo Hoepli: per non fare concorrenza agli altri dizionari della casa madre Mondadori. Come un buon vocabolario può essere ucciso dai giri finanziari.
Il Tommaseo-Bellini in rete (in fase di pubblicazione).
[Marco lo aggiunga, per favore, al primo intervento della discussione]
[Marco lo aggiunga, per favore, al primo intervento della discussione]
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
V. M. Illič-Svitič
Grazie, bubu7. L’ho aggiunto. Io ce l’ho in CD-ROM. 

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Grazie a lei!
Consiglio però, per chi volesse l'edizione in CD-ROM del Tommaseo, di acquistare l'ultima edizione dello Zingarelli che, nel CD-ROM, contiene anche il Tommaseo a un prezzo molto più conveniente (solo CD-ROM, con Zingarelli 2008 e Tommaseo, 50 euro; col vocabolario cartaceo 84 euro [prezzi di listino]).
Consiglio però, per chi volesse l'edizione in CD-ROM del Tommaseo, di acquistare l'ultima edizione dello Zingarelli che, nel CD-ROM, contiene anche il Tommaseo a un prezzo molto più conveniente (solo CD-ROM, con Zingarelli 2008 e Tommaseo, 50 euro; col vocabolario cartaceo 84 euro [prezzi di listino]).
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
V. M. Illič-Svitič
Per qualche amatore, si merita un posto nella lista questo dizionario di Sardo-Italiano?
Chi c’è in linea
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