L’assenza di «raccomandazioni al buon uso» non è in qualche modo uno spalancare la porta a un’evoluzione scriteriata, «a rotta di collo» per dirla con Alfonso Leone, o, come diceva l’Altieri Biagi, un accelerare (indebitamente) il divenire della lingua? Perché non c’è, da parte dei lessicografi, alcuna presa di posizione (non parlo neanche della questione dei forestierismi, ma dell’uso improprio di voci e costruzioni), in forma di consiglio («si raccomanda...»)? Non si rendono conto che, per la maggioranza, il dizionario è il punto di riferimento ultimo, la bibbia della lingua, e che quello che vi si trova scritto è preso come parole sacre e indiscutibili? Pare di no...
Insomma, non mi dite che il dare consigli avveduti sia sinonimo di fascismo...
