«Su due piedi», direi che è agrammaticale, ché, sempre su due piedi (ma bisognerebbe controllare sulla GGIC… o sul «Ladim» ), direi che il clitico [di 1ª persona plurale] ci non può essere usato in dipendenza d’un verbo alla 1ª persona se non con valore riflessivo (i.e. «ci siamo iscritti a un corso» [1ª pl.]; analogamente per mi: «mi sono iscritto a un corso»; ma *«ci ho/sono iscritti/o a un corso», *«mi abbiamo/siamo iscritto/i a un corso»)… Per le altre persone il problema non si pone perché non ci si può rivolgere/riferire contemporaneamente a una 2ª persona singolare e a una 2ª persona plurale, o a una 3ª singolare e a una 3ª plurale.
Caro bubu7,
sotto il profilo logico, il pronome incriminato può avere funzione di oggetto, e quindi, sintatticamente, il costrutto sarebbe possibile: ma l'uso, mi pare, lo sconsiglia (ché la lingua, lei sa, non è solo logica).
Senza pensarci troppo, direi che quando diciamo «ci siamo iscritti» è attivo un valore riflessivo e, per dir così, inclusivo (che può tradursi, con determinati verbi, anche in una reciprocità); quando diciamo «ci hai iscritto», troverei ancora un valore inclusivo (limitato al complemento oggetto, su cui ricade l'azione di un 'estraneo'); ma «io ci ho iscritto» mi sembra cozzare coll'inclusione: ovvero, l'«io» soggetto mi pare non vada d'accordo con il coinvolgimento determinato dal «ci»: è un po' come se «io» si mettesse da parte pur appartenendo a «noi» (!). Sarebbe, allora, un fatto lessicale, più che logico (ovvero, la morfologia [il 'semantema'] di «ci» comporterebbe un significato – così l'ho chiamato io – d'inclusione: nella totalità di chi compie l'azione [subendola]; oppure nella totalità di chi subisce l'azione [non compiendola]).
Grazie a tutt'e due.
Aspetto anche il parere degli altri.
Anch'io trovo una nota stridente nella frase incriminata ma non riesco a decidermi per una condanna definitiva (a differenza delle altre frasi asteriscate riportate da Infarinato).
Anche la consultazione della GGIC non mi ha dato una risposta chiara (ma forse Marco con maggiore pazienza potrebbe cavarci qualcosa).
Se poi penso alla lingua parlata, anche le altre ipotesi (senza stravolgere la costruzione) mi sembrano stonare.
Esempi (parlando con un amico iscritto come me a un corso e riferendomi a me e lui):
... ho iscritto noi.
... ho iscritto te e me.
... ho iscritto entrambi (già più accettabile ma, a mio parere, fuori registro). ... ho iscritto tutt'e due.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati. V. M. Illič-Svitič
Neanch’io saprei decidermi, ma avrei qualche tolleranza per costruzioni siffatte nel linguaggio familiare scherzoso. Pur avendo ripercorso l’intero capitolo dedicato ai pronomi personali (vol. I, pp. 535-592), non ho trovato nulla nella GGIC.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Ho fatto un sondaggio sul nostro foro francese, e Je nous ai inscrits à un cours risulta una costruzione del tutto normale ai parlanti. Ma in francese, nous è univoco, mentre ci, in italiano, ha anche valore locativo e la sequenza ci ho s’impiega normalmente in tal senso (Ci ho lavorato [a Roma], ecc.), il che spiegherebbe la stridenza* che avvertiamo nella frase in oggetto.
*Esiste, esiste.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.