Il complemento di circostanza

Spazio di discussione su questioni di carattere sintattico

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Fausto Raso
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Il complemento di circostanza

Intervento di Fausto Raso »

In un sito di lingua italiana curato dal prof. Luigi De Bellis con la consulenza del prof. Antonio Margherini ho letto quanto segue:
Il complemento di tempo determinato indica il tempo o la circostanza in cui si compie l'azione ("Lunedì" - "Alle ore 07:00" - "A gennaio" - "In primavera" - "Nel 1961 " - "In guerra" - "In pace")
Risponde alle domande: quando? in quale circostanza? in quale occasione?
A me sembra che questa spiegazione confonda gli studenti facendo ritenere loro che il complemento di tempo determinato e quello di circostanza coincidano. Voi che ne dite? Solo il complemento di circostanza risponde alle domande “in quale circostanza?”, “in quale occasione?” Il complemento di circostanza, inoltre, deve essere introdotto dalla preposizione “con”: Giovanni stava “con le gambe penzoloni” sul davanzale.

http://spazioinwind.libero.it/grammatic ... ementi.htm
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Si possono inventare tanti complementi, ma nelle grammatiche io non trovo il complemento «di circostanza». In frasi come Maria stava con le braccia conserte e simili, abbiamo che fare con un complemento di modo o maniera, mi sembra.

Naturalmente il complemento di tempo determinato risponde soltanto alla domanda «quando?».
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Leo Pestelli in “Parlare italiano” a pagina 286 (a proposito del complemento ci circostanza) scrive:
Della cospicua famiglia dei complementi, quello di circostanza è uno dei minori: ma non perciò vuol essere strapazzato come facciamo. Il complemento di circostanza, anche quando sia significato per mezzo d’una locuzione assoluta articolata, dev’essere in lingua italiana preceduto dalla preposizione “con”: in lingua italiana, giacché chi parla e scrive una traduzione dal francese la può saltare benissimo. Non dunque: “Miss Italia, la sciarpa intorno al collo, sorride...”, ma “con la sciarpa” eccetera. Cosí il Pellico, che scriveva italianamente bene (almeno per i nostri tempi), è ripreso dai grammatici quando in un luogo del suo capolavoro si fa trovare “ritto sul finestrone, le braccia tra le sbarre, le mani incrocicchiate”, avendo lasciato sul pancaccio due necessarissimi “con”. Lodano invece gli stessi grammatici l’insensato “uomo nudo, ‘con’ le mani in tasca ”. Giacché il “purus grammaticus” non bada al senso e, come osservava Benedetto Croce, niente trova da dire sulla proposizione: “questa tavola rotonda è quadrata”, la quale per lui sta benissimo.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Non appare molto elegante il riferire altrui parole in maniera cosí tipograficamente chiassosa. Io vorrei riportare un altro brano, forse piú equilibrato, di Luciano Satta (tratto da Parlando e scrivendo, Firenze, Sansoni, 1988, p. 67):
Alla base di equivoci di questo e altro genere è anche il fatto che la grammatica tradizionale spezzetta troppo i complementi; e allora ecco che il concetto o indicazione di «quantità» si frantuma in stima prezzo peso misura estensione distanza, e meno male che mancano i complementi di radice quadrata, statura, imposte dirette, pressione atmosferica e tasso di colesterolo. Prendiamo come esempio il prezzo: il complemento di prezzo che è palese in «L’ho pagato un miliardo» non è piú tanto palese in «L’ho pagato una sciocchezza», che torna a essere generica quantità; e a noi ciò sembra almeno impaccioso, grammatica scomoda per chi deve apprendere e classificare.
Le grammatiche serie non nominano il «complemento di circostanza», ma ognuno è libero di attenersi anche alle grammatiche non serie.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Marco1971 ha scritto:Non appare molto elegante il riferire altrui parole in maniera cosí tipograficamente chiassosa.
CHIEDO SCUSA :oops:
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
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Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Marco1971 ha scritto: Le grammatiche serie non nominano il «complemento di circostanza», ma ognuno è libero di attenersi anche alle grammatiche non serie.
Come giudica la grammatica del Fornaciari?
Raffaello Fornaciari, Sintassi Italiana - Indice alfabetico oggetto sostituito al complemento d'interesse con a, 342. .... nei complem. di circostanza, 321, di maniera, 345, di compagnia, 343, di strumento e mezzo, ...
Ultima modifica di Fausto Raso in data lun, 17 dic 2007 12:42, modificato 1 volta in totale.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Fausto Raso ha scritto:Come giudica la grammatica del Fornaciari?
Come una valida grammatica del secolo scorso.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Esiste un valore definito da Castelvecchi, nella grammatica del Serianni, “temporale - circostanziale” (VIII.95): “con il tempo piovoso andremo a fare i funghi”, “col novembre si prendeva il cioccolatte”.

Però queste distinzioni dovrebbero servire a comprendere meglio le sfumature di significato e non, come dice giustamente Satta nella citazione di Marco, per moltiplicare e “spezzettare” i complementi.

Quindi quanto espresso nella prima citazione di Fausto, in cui si spiega che “il complemento di tempo determinato indica il tempo o la circostanza…” mi sembra pienamente corretto.

Riporto infine, per esemplificare come diverse classificazioni dei complementi possano portare a sovrapposizioni definitorie, la definizione di complemento circostanziale tratta dal GRADIT:
Ciascuno dei complementi che indicano le circostanze nelle quali si svolge l’azione espressa dal verbo, ad esempio il complemento di luogo, il complemento di modo, il complemento di tempo, ecc.
Ultima modifica di bubu7 in data lun, 17 dic 2007 11:08, modificato 1 volta in totale.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
Bue
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Intervento di Bue »

Luciano Satta ha scritto:…e meno male che mancano i complementi di radice quadrata, statura, imposte dirette, pressione atmosferica e tasso di colesterolo.
Non potrei concordare più adesivamente.
alfridus
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Intervento di alfridus »

Ciao a Tutti!

Sono ormai passati degli anni... ma quando si utilizzano i motori di ricerca può accadere di rinvenire certe perle.

Vi apprezzo tutti, veramente, anche se non lo sapete; mi piace scrivere, e correggere quel che scrivo - e quel che leggo (ahimé!) - e consulto con regolarità gli scritti di alcuni di voi.

Ma, santa pazienza, pur comprendendo l'importanza della discussione, non siete anche voi del parere di prendervela un po' troppo calda, e con eccessivo sussiego?

La nostra bella Lingua Madre-Matrigna (chi l'ha detto, chi l'ha scritto?) è abbastanza viva da tollerare qualche complemento in più o in meno: in fondo, e senza voler parlare di "spezzatino", si tratta purtuttavia di semplici etichette!

E c'è chi ne fa raccolta, e chi ne fa lo spoglio...

Cordialità a tutti voi,
dr. Alfredo Amato
[alfridus]
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Gentile Alfridus,

benvenuto anche da parte mia. :)

Vorrei soltanto che lei capisse il perché della mia/nostra intransigenza verso il lassismo odierno: in Italia non c’è disciplina; non è prerogativa dell’Italia, certo ma non c’è istituzione seria che regoli la lingua, nel senso che se anche i francesi sono indisciplinati, a sciogliere i dubbi e a guidare nella scelta dei termini ufficiali c’è un’ Accademia con una commissione terminologica; in Spagna uguale. La nostra Accademia, che sarebbe la Crusca, invece, non ardisce di prender decisioni e solo consulta vocabolari e gugolerie per dare un quadro di quello che la lingua è, immemore della lezione europea, che tende appunto all’approntamento d’una terminologia e non all’accoglimento spassionato di qualsiasi parola forestiera.

L’Italia linguistica è solo un guardare; l’Europa linguistica è, invece, un fare.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
alfridus
Interventi: 7
Iscritto in data: dom, 26 lug 2009 18:55

Intervento di alfridus »

Egregio e gentile Marco 1971,
Il mio parere è che (ad esempio):
"a cui" è un errore di ripetizione
"al di là di/da..." è un francesismo, inutile perché in italiano dovebbe dirsi - e scriversi, anche - "di là da/di..."
e così via...
Considero vero che la Crusca, purtroppo, si arrocchi sovente su posizioni che il tempo, poco clemente, va progressivamente sfaldando, con la conseguenza che l'italiano si trasforma gradualmente in una vecchia strada piena di buche, e di polvere.
E questo mi fa pensare che sarebbe stato addirittura meglio ancorarsi ai classici antichi, poiché almeno le loro strade, i loro ponti, hanno sfidato i secoli, e con successo!
Bhé, fino a poco tempo fa... ora, con le grandi opere, il materiale va recuperato; o no?

doct.alfridus

Post scriptum.- Spigolando in varie grammatiche, ho messo insieme sessantaquattro complementi indiretti; e, considerato che ci si sono impegnati in tanti, ho voluto anch'io fare la mia parte: ed ecco qua un bel complemento tutto nuovo, con le sue locuzioni introduttive, le sue domande chiave, ed i suoi esempi un po' cretini.

complemento di gestazione - (o di 'gravidità', per essere precisi);
introdotto dalla preposizione di, nelle locuzioni gravido di, pregno di, e simili;
che risponde alla domanda gravido/pregno di chi/cosa?;
come ad esempio "Un proverbio pregno di significati", " Il sottoponte della nave era gravido di umanità sofferente", "Messaggi pregni di minacce", "Un'azione gravida di conseguenze", "L'untore apportatore di peste", "Le nubi scure sono gravide di pioggia";
e che indica di chi o di cosa è saturo un luogo reale o figurato, pronto a svuotarsene.
Ed ora sono sessantacinque! :lol:
Avatara utente
Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Gentilissimo Alfridus,

io credo che lei abbia una concezione piuttosto particolare e della lingua e della Crusca: la prima subisce quelle evoluzioni che, bene o male, sono il destino di tutte le lingue storico-naturali (e solo contro alcune io in particolare mi scaglio); la seconda, ossia l’Accademia della Crusca, non si arrocca affatto – magari lo facesse! – su posizioni rigide! Infatti, se ha letto un altro mio intervento di ieri...

Entrando nei particolari: a cui è perfettamente normale; di là di non mi pare canonico. O sbaglio?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
alfridus
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Intervento di alfridus »

In particolare, cui è puro latino: si tratta del dativo di cuius, e conseguentemente sta per a chi, a cosa, a quali. Non vedo quindi la necessità, o l'opportunità, di aggiungervi la proposizione a.

In quando al costrutto 'al di là', si tratta della trasposizione in italiano del francese au-delà; ed anche in questo caso non vedo un buon motivo per non utilizzare la nostra lingua piuttosto che la cugina straniera. Tra l'altro, di là di/da non sarà un canonico, ma è sicuramente italiano corretto.

Che dipenda dalla circostanza che io sono
doct.alfridus(1941)?
Avatara utente
Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Vede, la lingua è un organismo vivente, non un’astrazione geometrica, per cui, sebbene la preposizione ‘a’ sia superflua in a cui, essa s’è imposta nell’uso da secoli e secoli (si tratta, come in innumeri altri casi, d’un rafforzativo): fra Due e Trecento, infatti, la LIZ[a] ce ne fornisce ben 1235 attestazioni, di cui ecco la piú antica:

Non [r]espus’a vui di[ritamen]te
k’eu fithança non avea niente
de vinire ad unu cun la çente
a cui far fistinança non plasea.
(Versi d’amore tra XII e XIII secolo)

Non le dico quanti a cui troviamo presso lo stesso Dante; ecco il primo che compare nella Commedia:

Molti son li animali a cui s’ammoglia,
e piú saranno ancora, infin che ’l veltro
verrà, che la farà morir con doglia.
(Inferno, I, 100-102)

L’evoluzione ha relegato il solo cui a un registro di lingua elevato – e raffinato –, radiandolo dal parlar comune e quindi dalla lingua dell’uso medio.

Per quanto riguarda al di là di, so benissimo che è calco dal francese au-delà de. La mia osservazione non verteva su questa locuzione, bensí su di là da, che è la forma tradizionale italiana (e non di là di, che è tutt’al piú un arcaismo, affatto avulso dalla lingua stàndara, o normale).

Spero d’essermi fatto capire, questa volta. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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