Grazie, caro Ladim, per questa bella citazione. Proprio da essa voglio partire per risponderle.Il grande Michele Barbi citato da Ladim ha scritto:cerchiamo di determinare esattamente i fatti fonetici e morfologici, e quelli rappresentiamo ai lettori coi segni a cui ciascuno sa attribuire il giusto valore. Questo è l'uso dei veri studiosi; e se c'è qualcuno che segua la via più comoda di riprodurre materialmente i testi quali si hanno nei codici, è, il più delle volte, perché, non essendo dotto o filologo, si crede con quell'aria di «esattezza scientifica» di farsi passare per tale.
Nell’ambito d’uso di bloggista, penso che i parlanti sappiano generalmente attribuire il giusto valore (di pronuncia) al termine. Solo quando il termine esce dalla lingua viva e entra nei laboratori dei puristi si ritrovano perplessità di pronuncia [un laboratorio sarebbe anche l’artificioso trasferimento di un termine dal suo reale ambito d’uso a un altro]. Queste osservazioni sono lapalissiane perché se un termine come quello considerato prende il sopravvento (con le sue caratteristiche grafiche e di pronuncia) senz’alcuna imposizione esterna, è naturale che i parlanti sappiano attribuire ad esso i giusti valori [di pronuncia].
Il vero studioso di lingua, a mio parere, al di là dell’“esattezza scientifica” da laboratorio che prescriverebbe una modifica della parola per adeguarla alle norme canoniche, deve tener conto della lingua viva e registrarne le effettive caratteristiche.
Tra questi lessicografi d’oggi, tanto coloritamente descritti, lei probabilmente include Luca Serianni e Tullio De Mauro, visto che hanno così allegramente inserito un termine come bloggista nei dizionari da loro curati, e probabilmente, anche Francesco Sabatini per quanto è scritto nella citazione che ho precedentemente riportato.Ladim ha scritto:Non è in questione l'ignoranza, semmai proprio la consapevolezza [di sapere quel che si fa e perché]. Ma i lessicografi d'oggi sono cresciuti ascoltando un po' troppa musica popolare angloamericana, hanno forse maturato la loro sensibilità linguistica sulla lettura di troppi autori di lingua inglese, hanno di sicuro trascorso la loro adolescenza confrontandosi troppo spesso con il più recente cinema d'oltreoceano (e l'Uso, fuor d'ironia, deve tener conto anche di questo, lo vedo bene).

Quasi fuori tema riporto quel che diceva Luca Serianni, nel 2004, a proposito del “sentimento” che muove spesso coloro che scrivono alla Crusca. Mi sembra che possa rappresentare una buona occasione di riflessione per quanti paventano per le sorti della nostra lingua.
Il “sentimento linguistico” da cui muovono frequentemente [...] è spesso [...] ispirat[o] a un astratto logicismo e nutrito dalla convinzione di un’inarrestabile decadenza dell’italiano (che invece – lo ha ripetuto in tante occasioni Tullio De Mauro – proprio nel XX secolo è finalmente diventato codice condiviso dalla grande maggioranza dei cittadini…
(tratto da: Luca Serianni, Il sentimento della norma linguistica nell’Italia di oggi, in Studi Linguistici Italiani, XXX [2004], p. 102)