«Scespiriano, dickensiano...»
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L'ho letta, l'ho letta, ma non inficia per niente le mie obiezioni. Osservo anche che la risposta è basata sull'accettazione dell'Uso (sia pure non ancora così diffuso), criterio contro il quale lei si scaglia regolarmente a favore o della derivazione etimologica o della tradizione (come l'italianizzazione dei sostantivi stranieri, per es. *taggo ecc., del quale l'Uso ha da tempo sancito la quasi totale scomparsa).Marco1971 ha scritto:Le è forse sfuggita questa risposta dei curatori del sito dell’Accademia

Non posso onestamente credere, caro Roberto, che lei non abbia ancora compreso bene la mia posizione... Ripeto, allora, e solo per lei, caro Roberto. Quando l’uso impone una forma che non è in palese contrasto con la morfologia e la semantica, essa va accettata, ed è il caso di perplimere (che inoltre colma un vuoto); quando una forma è in palmare contraddizione (morfologica e/o semantica) con l’edificio della lingua, allora andrebbe respinta.
E se si preferisce perplettere, non mi ci scaglierò contro.
E se si preferisce perplettere, non mi ci scaglierò contro.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Se l'ho fraintesa, me ne scuso.Marco1971 ha scritto:Non posso onestamente credere, caro Roberto, che lei non abbia ancora compreso bene la mia posizione... Ripeto, allora, e solo per lei, caro Roberto. Quando l’uso impone una forma che non è in palese contrasto con la morfologia e la semantica, essa va accettata, ed è il caso di perplimere (che inoltre colma un vuoto); quando una forma è in palmare contraddizione (morfologica e/o semantica) con l’edificio della lingua, allora andrebbe respinta.
E se si preferisce perplettere, non mi ci scaglierò contro.
Purtroppo al momento sono occupato con un progetto urgente quindi non posso approfondire, per ora mi limito a questa osservazione: che il colmare un vuoto è un'argomentazione relativa, che può lasciare il tempo che trova e che va esaminata di volta in volta, perché se fosse un criterio principe e assoluto allora bisognerebbe cominciare a dire *convettere anziché incurvare verso l'esterno e di esempi così se ne potrebbero portare a iosa. Appena ho un po' più di tempo torno sull'argomento.
Convimere, prego...Freelancer ha scritto: allora bisognerebbe cominciare a dire *convettere

P.S. Sono anni che io propugno perplettere al posto di perplimere (introdotto, come nota la Crusca, da Corrado Guzzanti, che però usa e usava tanti altri "sfondoni consapevoli", di cui non credo prevedesse l'entrata in un dizionario...)
P.P.S. Sempre per colmare un vuoto, e sempre usando le analogie, possiamo continuare la serie esprimere-espresso, perplimere-perplesso colmando il vuoto lasciato dal participio passato di dirimere: "La questione è stata diressa".
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[FT] *«Perplettere», *«convettere» e… *«diresso»
Solo due paroline su *perplettere e *convettere. È vero: il primo sarebbe morfologicamente piú coerente; tuttavia faccio notare che, a quanto ne so, nemmeno *perplecto è attestato in latino: perplesso deriva dal lat. perplexus, aggettivo autonomo formato sulla radice di plecto.
Quanto a *convettere, dovrebbe essere piuttosto convèere (lat. covehĕre).

Quanto a *convettere, dovrebbe essere piuttosto convèere (lat. covehĕre).

Semmai, *direnta (< lat. diremptum).Bue ha scritto:P.P.S. Sempre per colmare un vuoto, e sempre usando le analogie, possiamo continuare la serie esprimere-espresso, perplimere-perplesso colmando il vuoto lasciato dal participio passato di dirimere: "La questione è stata diressa".

Ultima modifica di Infarinato in data mer, 20 feb 2008 9:32, modificato 2 volte in totale.
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Re: [FT] *«Perplettere», *«convettere» e… *«diresso»
Bravo… ma vedi: anche qui, convexus è un aggettivo (forse un’antica forma di participio passato [OED]). Il supino di convehĕre è convectum.Bue ha scritto:Conveire? (come Inveire)
Oops, sorry! **Diretta era un refuso, giuro!Bue ha scritto:…semmai dirénta

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Ritornando seri un attimo, e riprendendo l'argomento perplimere/perplettere.
Non si può prendere in considerazione solo la questione etimologica e morfologica, o si fa un grave torto alla lingua, che ben fa a nutrirsi anche di forme giocose o che, per un motivo o un altro (perché no una celia?) si distaccano da quella più "seri(os)amente" consigliabile.
Perciò, non m'indignerei se eventualmente vedessi qualcuno usare perplettere, o se si dovesse diffondere.
Frattanto, non mi disgarba punto veder usare perplimere.
Non si può prendere in considerazione solo la questione etimologica e morfologica, o si fa un grave torto alla lingua, che ben fa a nutrirsi anche di forme giocose o che, per un motivo o un altro (perché no una celia?) si distaccano da quella più "seri(os)amente" consigliabile.
Perciò, non m'indignerei se eventualmente vedessi qualcuno usare perplettere, o se si dovesse diffondere.
Frattanto, non mi disgarba punto veder usare perplimere.
Il sonno della ragione genera mostri.
Per conto mio stavo cercando di verificare se è possibile costruire un sistema coerente.Bue ha scritto:Ma tanto è ovvio che stiamo come sempre avvoltolandoci in discussioni onaniche la cui influenza sul mondo esterno è nulla.
L'italianizzazione non è sempre consigliabile per il semplice motivo che chi legge se non sa di chi si sta parlando non avrebbe nemmeno la possibilità di cercare la radice della parola in un'enciclopedia o altro per risalire al nome originale, specie se non è notissimo; ma quando bisogna citare solo una volta o due una persona (e le correnti relative) si può anche chiamarla per nome evitando i derivati.
Come ha detto lei stesso qui sopra: evitare l’aggettivo. Pochi sarebbero propensi, credo, a adottare iccicocchiano...
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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