bubu7 ha scritto:Invece per quanto riguarda alcuni raddoppiamenti fonosintattici (dopo come e da), sebbene ammessi dalla teoria ortoepica, essi non sono praticati fuor di Toscana e quindi costituiscono anch'essi, ormai, dei [piacevoli] regionalismi.
Non mi sembra vero: a Roma e nelle regioni standarizzanti in genere, il
come comparativo (in frasi quali
come te, come voi, ecc.) è cogeminante.
Luciano Canepàri ha scritto:Per quanto riguarda come, conviene insistere sulla distinzione tipica della pronuncia moderna tra due usi un po’ diversi: quello appositivo e comparativo piú «normale», cioè seguíto da pronome personale, o nome proprio o comune (sostantivo, anche col partitivo di), o aggettivo possessivo o qualificativo, che ha /'kome*/ (in pronuncia «accettabile» c’è /'kome°/): come me, come Pietro, come San Pietro, come gatti, come dei cani, come tua moglie, come quattro poveracci, come veri signori, come certa clientela.
Invece come, pur sempre comparativo, ma seguíto da verbo, avverbio, congiunzione o preposizione: come dire, come sempre, come se, come per finta, è /'kome° . -*/, in quanto concettualmente c’è minore coesione interna: come va?, come sia, come sai, come fosse, come venne notte, come sei bravo! (MaPI, 5.6.6., p. 173)
Va bene, io, seguendo la pronuncia tradizionale ho un
come cogeminante in tutti i casi; ma il parlante medio, ascoltando, è davvero conscio della distinzione canepariana? Ne dubito, tanto che tutte le cogeminazioni vengono avvertite, dai settentrionali, come meridionalismi.