La "Diligentia quam suis" del depositario

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Gianluca
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La "Diligentia quam suis" del depositario

Intervento di Gianluca »

Non so se un quesito del genere sia ammesso in questo fòro della lingua italiana, perciò, qualora non lo sia, cancellàtelo pure. (In tal caso, anticipo le mie scuse.)

«Quod Nerva diceret latiorem culpam dolum esse, Proculo displicebat, mihi verissimum videtur. Nam et si quis non ad eum modum quem hominum natura desiderat diligens est, nisi tamen ad suum modum curam in deposito praestat, fraude non caret. Nec enim salva fide minorem is quam suis rebus diligentiam praestabit.»

Si tratta del famoso dissenso fra Nerva e Proculo ricordato da Celso nella c.d. ‘lex quod Nerva’ (D. 16.3.32, Cels. 9 dig.), sulla cui base, a partire dai glossatori, è stata costruita la regola della diligentia quam suis del depositario per la quale, nella custodia della cosa depositata, il depositario è tenuto alla stessa diligenza che usa normalmente nel custodire le cose proprie.

Questa è la mia traduzione (alla lettera):

Il fatto che Nerva dicesse che la LATIOREM CULPAM (‘negligenza eccessiva’/qui è un comparativo assoluto [cioè non è posto in rapporto ad un secondo termine di paragone – ma]: c’è un’equiparazione – cara ai compilatori – fra dolo e culpa lata latiorem culpam dolum esse) era (è) dolo, a Proculo dispiaceva, a me sembra giustissimo.

Si potrebbe riscrivere:

A me sembra giustissimo il fatto che Nerva dicesse che la LATIOREM CULPAM era (è) dolo, («ma» – che non c’è –) a Proculo dispiaceva.

Infatti anche se (et si… tamen: ‘quantunque’, ‘anche se’… ‘tuttavia’) qualcuno è diligente (ma) non in quel modo che la natura degli uomini richiede, a meno che, però, nel deposito non presti la diligenza nel modo che è suo proprio nel custodire le cose – cioè, quella stessa diligenza che usa normalmente nel custodire le cose proprie di cui sopra – non è esente da frode.

Secondo voi si potrebbe tradurre in quest’altro modo?

Infatti anche se qualcuno non (premesso al verbo) è diligente in quel modo che la natura degli uomini richiede, a meno che, però, nel deposito non presti la diligenza nel modo che è suo proprio nel custodire le cose, non è esente da frode.

Riguardando bene, però, credo che sia piú giusta questa traduzione (diversa dalle precedenti):

Infatti (anche/et) se qualcuno è diligente non in quel modo che la natura degli uomini richiede, (tuttavia/tamen) se nel deposito non presta la diligenza nel modo che è suo proprio nel custodire le cose – cioè, quella stessa diligenza che usa normalmente nel custodire le cose proprie di cui sopra – non è esente da frode.


L’ultima frase mi ha fatto sorgere dubbi:

Nec enim significa ‘poiché non’; ‘e infatti non’. Io ricordo che quando si traduce una proposizione si parte dal verbo per individuare il soggetto: mi pare sia is» (‘quello’). Ricordo anche che la negazione nec la premettevo al verbo, però, se cosí facessi, la frase avrebbe un senso che non sarebbe quello che dovrebbe avere.

Cerco di rendere l’idea:

Poiché, senza mancare alla parola data (salva fide), non presterà minore diligenza di quella che usa normalmente nel custodire le cose proprie.

Cosí tradotta, la frase risulterebbe scevra di senso, considerando quanto detto prima.

A me pare, pertanto, che quel nec vada riferito a salva fide, cosí:

Poiché, non senza mancare alla parola data (quindi – per quel non – ‘mancando alla parola data’), presterà minore diligenza di quella che usa normalmente nel custodire le cose proprie.

La mia traduzione è accettabile? C’è qualcuno di voi che saprebbe dirmi qualcosa sull’ultima frase? In particolare su quel nec?

Spero solo che il mio filone non venga radiato. :(
Ultima modifica di Gianluca in data dom, 21 ago 2011 20:17, modificato 16 volte in totale.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Caro Gianluca, io non so rispondere alla sua domanda, ma abbiamo qui grandi latinisti che la sapranno certamente aiutare.

Vorrei però ricordarle che qui si discute di lingua italiana e non di traduzioni, sia pure dal latino. Il filone non verrà cancellato, ma la pregherei, in futuro, di attenersi a questioni attinenti strettamente alla lingua italiana.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Re: La "Diligentia quam suis" del depositario

Intervento di Infarinato »

Gianluca ha scritto:Questa è la mia traduzione (alla lettera):

Il fatto che Nerva dicesse che la LATIOREM CULPAM (‘negligenza eccessiva’/qui è un comparativo assoluto [cioè non è posto in rapporto ad un secondo termine di paragone –ma-]: c’è un’equiparazione –cara ai compilatori- fra dolo e culpa lata latiorem culpam dolum esse-) era (è) dolo, a Proculo dispiaceva, a me sembra giustissimo.

Si potrebbe riscrivere:

A me sembra giustissimo il fatto che Nerva dicesse che la LATIOREM CULPAM era (è) dolo, (“ma” - che non c’è-) a Proculo dispiaceva.

[…]

La mia traduzione è accettabile?
A quanto pare, no:
S.P. Scott [url=http://www.constitution.org/sps/sps04.htm]nella sua traduzione[/url] del [i]Digesto[/i] ha scritto:While a statement of Nerva that gross negligence is fraudulent, is not accepted by Proculus, it seems to me to be perfectly true. For, even if anyone is not as diligent as human nature requires, still, he will not be free from fraud if he does not display that solicitude with respect to a deposit which is customary with him; for good faith will not be maintained if he shows less diligence with reference to said deposit than he exhibits concerning his own property.
Traduco approssimativamente (non sono un giurista!) dall’inglese [emendando dove ritengo opportuno con l’aiuto dell’originale]:
Benché l’affermazione di Nerva, che la colpa grave è dolosa, non sia accettata da Proculo, a me pare verissima. Ché, anche se qualcuno non è tanto diligente quanto richiede[rebbe] la natura umana, tuttavia non sarà esente da dolo se non presterà verso la cosa depositata la stessa cura che presta verso le proprie. Ché non sarà preservata la buona fede se mostrerà minor diligenza verso la cosa depositata di quanta ne mostri verso le proprie (lett.: «E non essendo intatta la [buona] fede presterà minor diligenza verso queste cose (is [= iis = eis]… rebus) che verso le sue», cioè: «mancherà alla parola data se presterà minor diligenza…»).
Ultima modifica di Infarinato in data mer, 23 apr 2008 12:40, modificato 1 volta in totale.
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Intervento di Incarcato »

Aderisco alla Infarinato's traduzione della traduzione: anche se di seconda mano, mi sembra impeccabile.
L'unico dubbio che ho è se sia dolum sia fraus siano entrambi traducibili con ‘dolo’.
I' ho tanti vocabuli nella mia lingua materna, ch'io m'ho piú tosto da doler del bene intendere le cose, che del mancamento delle parole colle quali io possa bene esprimere il concetto della mente mia.
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Intervento di Infarinato »

Incarcato ha scritto:L'unico dubbio che ho è se sia dolum sia fraus siano entrambi traducibili con ‘dolo’.
Questo era/è anche il mio dubbio, caro Incarcato, ma qui ci vorrebbe davvero un giurista…
Gianluca
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Intervento di Gianluca »

Grazie mille! Gentilissimi. Mi scuso nuovamente per aver aperto questo filone, non ci sarà una seconda volta!

While a statement of Nerva that gross negligence is fraudulent, is not accepted by Proculus, it seems to me to be perfectly true.

Benché l’affermazione di Nerva, che la colpa grave è dolosa, non sia accettata da Proculo, a me pare verissima.

Ma seguendo il testo latino – mi pare che la traduzione inglese non sia proprio alla lettera – dovremmo partire da mihi verissimum videtur "A me sembra giustissimo" – che cosa? Ciò che Nerva afferma, cioè – quod Nerva diceret latiorem culpam dolum esse – che la LATIOREM CULPAM è DOLO (equiparazione sotto il profilo degli effetti e non mera identificazione), questo affermava Nerva – displicebat significa ‘dispiaceva’ (attraverso un'interpretazione estensiva – o meglio, "analogica" – arriviamo a dire non sia accettata da Proculo), donde la mia traduzione.


Ché, anche se qualcuno non è tanto diligente quanto richiede[rebbe] la natura umana

Ma "tanto"... "quanto" dov'è nel testo originale?
Incarcato ha scritto:
L'unico dubbio che ho è se sia dolum sia fraus siano entrambi traducibili con ‘dolo’.
Non so quanto vi possa interessare: in tema di contratti c'è una bella distinzione tra frode e dolo. Sinteticamente, la frode è qualsiasi malizia, espediente o artificio con cui il soggetto obbligato (all'adempimento della prestazione) si sottrae, in tutto o in parte, all'esecuzione del contratto, arrecando un danno all'altro contraente.

Nella traduzione, pertanto, è frode la parola giusta.

Il dolo, invece – parola suscettibile di piú definizioni – è una delle cause di annullamento del contratto concretantesi negli artifici o raggiri usati da un soggetto per far cadere un altro soggetto in errore al fine di indurlo a concludere un contratto, che, in assenza del dolo, non avrebbe concluso.
Considerando il dolo di cui parla Nerva, facciamo riferimento all'intenzione dell'agente di realizzare un determinato comportamento a danno di un altro soggetto. Io voglio sottrarmi volontariamente all'esecuzione del contratto, integrando cosí gli estremi della frode.

In diritto penale, infatti, il dolo si ha quando il fatto costituente reato è oggetto di rappresentazione mentale anticipata da parte dell'agente ed è da questi voluto, sia con riferimento alla condotta che all'evento che si realizza. Tizio spara a Caio e lo uccide: Tizio si rappresenta mentalmente l'uccisione di Caio e la vuole realizzare sparando. Se Tizio, durante una battuta di caccia, spara contro un cespuglio in movimento e cagiona la morte di Caio, integrerà gli estremi del delitto di omicidio colposo (il dolo dell'omicidio non si configura), perché in questo caso, ciò che Tizio si era rappresentato e aveva voluto realizzare è un fatto diverso da quello commesso (tra l'altro, un fatto penalmente irrilevante): l'uccisione di un cinghiale (ad esempio). Si ha colpa, infatti – come il dolo, elemento costitutivo della colpevolezza – quando il fatto costituente reato pur se previsto non è voluto dall'agente ma viene cagionato per negligenza (donde culpa lata "negligenza eccessiva"), imperizia, imprudenza o violazione di leggi, regolamenti, ordini o discipline.

Anche fra artifici e raggiri (di cui sopra) c'è differenza: l'artificio consiste nel far apparire come vera una situazione che non trova riscontro nei fatti e, dunque, esso agisce sulla realtà esterna; il raggiro, invece, agisce sulla psiche del soggetto, e consiste in un discorso o ragionamento volto a creare un falso convincimento nella vittima.

Mi scuso ancora per aver aperto questo filone, e ringrazio anticipatamente.
Ultima modifica di Gianluca in data dom, 21 ago 2011 12:10, modificato 1 volta in totale.
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Intervento di Infarinato »

Gianluca ha scritto:Mi scuso nuovamente per aver aperto questo filone, non ci sarà una seconda volta.
Ecco, bravo. ;)
Gianluca ha scritto:Ma seguendo il testo latino -mi pare che la traduzione inglese non sia proprio alla lettera-…
Certo che non lo è: non ci pensa nemmeno. Le traduzioni letterali vanno bene per la 4ª ginnasio. ;)
Gianluca ha scritto:…dovremmo partire da mihi verissimum videtur
…O anche da Proculo displicebat ;): «Ciò che diceva Nerva, [cioè] che la colpa grave è un[a forma di] dolo (o anche: «Il fatto che Nerva dicesse che…» [*]), dispiaceva a Proculo, [ma] (asindeto!) a me sembra verissimo» (…controlli i modi verbali, e si convincerà ;)).

In effetti, riguardando la sua traduzione, ora non mi sembra troppo dissimile, ordine delle proposizioni a parte…
Gianluca ha scritto:Ma "tanto"... "quanto" dov'è nel testo originale?
Ovvía, Gianluca! Ma scherza davvero? :) È una traduzione libera. ;) Ad eum modum quem = «in quel modo che» = «tanto… quanto», etc.

___________________

[*] Sono troppo arrugginito per stabilire con assoluta certezza quale dovrebbe essere la versione preferibile: in ogni caso il senso non cambia, soprattutto sul punto che le interessa.[/size]
Gianluca
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Intervento di Gianluca »

Grazie Infarinato! Molto gentile! :)
Gianluca ha scritto:
Mi scuso nuovamente per aver aperto questo filone, non ci sarà una seconda volta.
Se avessi saputo che avrebbe risposto Lei al quesito, L'avrei contattata in privato; l'unico problema è che non è notificato il Suo indirizzo nella Lista utenti... :)

Molto cordialmente,

Gianluca
Ultima modifica di Gianluca in data dom, 21 ago 2011 12:11, modificato 1 volta in totale.
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Intervento di Infarinato »

Gianluca ha scritto:Se avessi saputo che avrebbe risposto Lei al quesito, L'avrei contattata in privato…
In realtà, io speravo che a risponderle fosse qualcuno piú competente in materia… :roll:
Gianluca ha scritto:…l'unico problema è che non è notificato il Suo indirizzo nella Lista utenti.
Non lo è quello di nessuno (per evitare la «spazzaturazione» delle relative caselle postali), ma può ugualmente contattare qualsiasi utente via posta elettronica attraverso il forum, o, meglio ancora, via messaggio privato. Sia chiaro: con questo non voglio certo incoraggiare richieste di consulenza privata attraverso Cruscate. ;)
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Intervento di Incarcato »

Infarinato ha scritto:…ma può ugualmente contattare qualsiasi utente via posta elettronica attraverso il forum, o, meglio ancora, via messaggio privato.
Qui ci sarebbe da moderare il moderatore per istigazione allo spamme... :mrgreen:
I' ho tanti vocabuli nella mia lingua materna, ch'io m'ho piú tosto da doler del bene intendere le cose, che del mancamento delle parole colle quali io possa bene esprimere il concetto della mente mia.
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