«Tentativamente»

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CarloB
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«Tentativamente»

Intervento di CarloB »

Letto di corsa e abbandonato sul treno un articolo di giornale nel quale compare l'avverbio tentativamente, nel significato (più o meno) di approssimativamente, in via dubitativa. Dall'inglese tentatively, ovvio. Ce n'è bisogno? Come impiegarlo correttamente in italiano?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Tentativamente – scopro con mia grande sorpresa – è attestato, secondo il GRADIT, almeno dal 1874. Riporto la trattazione, piú completa, del Battaglia:
Tentativamente, avv. Per via di tentativi, in partic. in assenza di norme regolamentari, di direttive di legge.

Rapporto CENSIS 1982, 18: A tanti Enti locali che saggiano ‘tentativamente’ le proprie competenze (senza che nessun potere centrale riesca ad imporgli limiti precisi).

2. Ant. e letter. Artatamente, con un falso scopo.

Caro, 2-3-37: Il che penso farà o daddovero o tentativamente che sel faccia.

3. Sporadicamente, di tanto in tanto.

Ammaestramento dei semplici sacerdoti [Tommaseo]: Il prete non dè andare a questo Sacramento fittamente, né dè andare tentativamente.

= Comp. di tentativo¹.
In inglese, tentatively significa «provvisoriamente» o «con esitazione» (Collins-Mondadori).

Se ritrova la frase, caro Carlo, potremmo capir meglio in che senso è usato quest’avverbio e se si tratta o no d’un influsso dell’inglese.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Preciso che tentativo¹, da cui deriva l’avverbio, è il sostantivo e non l’aggettivo (che vale «che non deriva da esperienza diretta, ma da ipotesi [l’immagine, la rappresentazione di qualcuno o di qualcosa]»).

Mi domando se esistano altri avverbi in -mente derivati da sostantivi... :roll:

Ultima cosa: nelle entrate con piú d’un’accezione, il Battaglia non mette mai il numero 1. per la prima; lo dico solo perché si potrebbe pensare a una mia dimenticanza.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
CarloB
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Intervento di CarloB »

Grazie, caro Marco, per la pronta segnalazione, che sorprende me ancor più di lei. Il Battaglia rimanda a Caro per l'accezione [2]. Ma il significato dell'avverbio nel testo al quale mi riferivo è più vicino all'accezione [1].
Quell'articolo letto in treno doveva trovarsi o su "Repubblica" o sul "Corriere della Sera" e trattava, se non sbaglio, di politica. Cercherò di ritrovarlo.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Di nulla, caro Carlo: sa che la mia passione per la lingua non conosce limiti... :)

Nel Corriere della Sera ho trovato questi due esempi. Non sono però sicuro dell’accezione... :roll: Nel primo esempio sembrerebbe la 3; nel secondo penserei all’inglese ‘con esitazione’. Boh...

Come nella forma più tardiva, l’anoressia nervosa infantile può essere di tipo restrittivo o associata a crisi bulimiche tentativamente compensate da vomito autoindotto o iperattività fisica.

S’impone un gruppo di pittori che fa capo a Defendente Ferrari (Assunzione della Vergine, da Romont, dove i raggi dell’aurora illuminano dal fondo gli angeli in volo); si fa avanti un nuovo maestro d’educazione borgognona, ma con ricordi lombardi, tentativamente identificato con Jean de l’arpe, autore di vetrate; mentre decisamente italiano è il maestro, per ora anonimo, dell’Incoronazione di Biella, attivo nelle terre del duca. Lontana dai venti che soffiano dall’Italia si tiene, com’è ovvio, la scultura lignea.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Ecco altri due esempi tratti dalla Repubblica.

Il Nord è una costruzione sociale, economica, politica, culturale. Un “prodotto” storico. Una volta accettati almeno tentativamente questi postulati, si può leggere con profitto il saggio di Giuseppe Berta, Nord.

Come scrive Rossana Rossanda, «alla sinistra dell’Ulivo esiste un grosso bacino in cerca di un grosso partito». E il mio vituperato calcolino del 20 per cento si limita a quantificare (tentativamente) il «grosso bacino» della Rossanda. Non dico con questo che il Correntone se ne andrà.


Vi lascio riflettere, io ormai son fuso. :D
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Gli ultimi tre esempi: tutti in via dubitativa (all’inglese). La traduzione di Carlo rende molto meglio l’idea del con esitazione del Collins (AMMA).
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Infarinato ha scritto:Gli ultimi tre esempi: tutti in via dubitativa (all’inglese). La traduzione di Carlo rende molto meglio l’idea del con esitazione del Collins (AMMA).
Eppure, con esitazione mi pare calzante nell’esempio [reale] del COBUILD:

Perhaps, he suggested tentatively, they should send for Dr Band.

La definizione è data per l’aggettivo:
tentative 2 If someone is tentative, they are cautious and not very confident because they are uncertain or afraid. My first attempts at complaining were rather tentative.
Non ho la traduzione inglese, ma penso che tentatively possa stare in questa frase:

Poi osservò con esitazione: – Temo dei suoi compagni... – Voleva dire: Temo che lo burlino. (De Amicis, Cuore)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Federico
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Intervento di Federico »

È curioso che gli esempi dal Corriere – le uniche occorrenze nell'archivio storico – siano entrambi del 2002.
CarloB
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Intervento di CarloB »

Le copie dei quotidiani che ho a casa non mi aiutano. Pazienza. Tentativamente di sicuro ricomparirà :lol: . Come nota Federico, l'uso giornalistico è recente: del 2002 gli esempi del "Corriere della Sera", della settimana scorsa quello al quale mi riferivo. Secondo me tentatively si sta insinuando nel lessico giornalistico attraverso la saggistica politica, sociologica e storica in inglese. E probabilmente i più ignorano, come ignoravo io, che l'avverbio si trovava già nel vocabolario italiano. Quanto al significato, può darsi che i diversi giornalisti discordino, e che lo intendano come a tentoni, approssimativamente, in modo incerto, in via dubitativa, senza distinguere troppo.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Credo che ignorassimo tutti (o quasi) – io compreso – l’esistenza in italiano, non proprio recente, di quest’avverbio anomalo e triaccezionato :mrgreen:. A ogni modo, non mi pare un gran male che si adotti in quel senso (benché non sia indispensabile).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Federico
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Intervento di Federico »

CarloB ha scritto:Secondo me tentatively si sta insinuando nel lessico giornalistico attraverso la saggistica politica, sociologica e storica in inglese. E probabilmente i più ignorano, come ignoravo io, che l'avverbio si trovava già nel vocabolario italiano.
Infatti è sorprendente piuttosto che Francesca Brambilla (un medico) nel Corriere Salute del 20 ottobre 2002 usi tentativamente nel senso di sporadicamente; l'ultimo esempio riportato da Marco è tratto da un articolo di Giovanni Sartori, che spesso se non sbaglio addirittura scrive i suoi libri in inglese.
francescofree
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Intervento di francescofree »

Caro Marco, la presenza di tale avverbio che Lei riferisce anche nel GRADIT è forse nell'ottavo volume di questo? (Fino al settimo volume non l'ho infatti trovato!).
P.S. Quantunque non prettamente in tema: quali sono le osservazioni di maggior valenza che Lei muove al suddetto dizionario? Mi piacerebbe sapere se, benché in parte, si trovi d'accordo su quanto ho personalmente espresso nel filone "lemmi, refusi...".
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

francescofree ha scritto:Caro Marco, la presenza di tale avverbio che Lei riferisce anche nel GRADIT è forse nell'ottavo volume di questo? (Fino al settimo volume non l'ho infatti trovato!).
Sí. :)
francescofree ha scritto:P.S. Quantunque non prettamente in tema: quali sono le osservazioni di maggior valenza che Lei muove al suddetto dizionario? Mi piacerebbe sapere se, benché in parte, si trovi d'accordo su quanto ho personalmente espresso nel filone "lemmi, refusi...".
In buona sostanza, semplicemente, trovo poco ragionevole questa divinizzazione dell’uso senza distinzione fra l’uso sorvegliato e quello un po’ piú sciatto; un dizionario dell’uso dovrebbe essere piú normativo, a mio avviso.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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