
essere capace di + infinito
Moderatore: Cruscanti
essere capace di + infinito
Non so se nel forum si sia già affrontata la questione in oggetto, e mi scuso subito se dovesse essere così. Sono perplesso davanti a espressioni del tipo: «Sono capace di fare qualcosa», «Sono in grado di fare qualcosa». Alcune grammatiche le annoverano fra le consecutive, ma le argomentazioni a sostegno di tale classificazione mi paiono un po' reticenti, e non mi convincono. Ho compulsato - forse frettolosamente - il Serianni, e non ho trovato traccia della questione. Mi date un aiuto? 

- Infarinato
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Ovvía, Bartolo, le sembra davvero il caso di sdoppiarsi (*) per richiamare l’attenzione su quest’argomento? 
Vedrà che prima o poi l’«ottimo» Marco e/o il magnifico (:mrgreen:) Ladim le risponderanno.
Per intanto, dico la mia: premesso che mi pare di ricordare anche a me che le subordinate introdotte da costrutti del tipo esser capace di, esser in grado di siano tradizionalmente catalogate fra le consecutive, devo dire che questo è uno di quei casi in cui l’analisi logica tradizionale perde per me molto del suo interesse.
Semanticamente, infatti, i due costrutti in oggetto sono del tutto equivalenti al verbo servile potere. Sintatticamente, poi, siamo difronte a due sintagmi verbali (composti dal verbo copulativo essere e, rispettivamente, da un aggettivo e da una locuzione aggettivale invariabile) che reggono un sintagma preposizionale introdotto da di. Le confesso che classificare l’esatta sfumatura semantica di quel sintagma preposizionale è cosa che non riesce ad appassionarmi…
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(*) Chiarisco: Bartolo e Protos hanno lo stesso indirizzo IP (:evil:) —oltre che lo stesso… italiano.

Vedrà che prima o poi l’«ottimo» Marco e/o il magnifico (:mrgreen:) Ladim le risponderanno.
Per intanto, dico la mia: premesso che mi pare di ricordare anche a me che le subordinate introdotte da costrutti del tipo esser capace di, esser in grado di siano tradizionalmente catalogate fra le consecutive, devo dire che questo è uno di quei casi in cui l’analisi logica tradizionale perde per me molto del suo interesse.
Semanticamente, infatti, i due costrutti in oggetto sono del tutto equivalenti al verbo servile potere. Sintatticamente, poi, siamo difronte a due sintagmi verbali (composti dal verbo copulativo essere e, rispettivamente, da un aggettivo e da una locuzione aggettivale invariabile) che reggono un sintagma preposizionale introdotto da di. Le confesso che classificare l’esatta sfumatura semantica di quel sintagma preposizionale è cosa che non riesce ad appassionarmi…

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(*) Chiarisco: Bartolo e Protos hanno lo stesso indirizzo IP (:evil:) —oltre che lo stesso… italiano.

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L’«ottimo» Marco non sa rispondere e concorda con l’«eccellente» Infarinato (:D) sul poco interesse e la scarsa utilità pratica di simili classificazioni, nell’attesa dei lumi del «magnifico» Ladim. 
P.S. Non vedo nulla di riprensibile nell’impiego di del tipo. Da biasimare è solo, come sempre, l’eccesso e la mancanza di variatio.

P.S. Non vedo nulla di riprensibile nell’impiego di del tipo. Da biasimare è solo, come sempre, l’eccesso e la mancanza di variatio.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Vede, eccellente Infarinato, quale carnevalata mi è toccato inventare per rompere il silenzio angosciante in cui Lei e i Migliori mi avete abbandonato dal 26 maggio. Mi dolgo della corrività con cui ho architettato la mascherata, dell'incapacità di mettere in atto uno sdoppiamento capace di ingannarla, di non aver tenuto conto della Sua inaggirabile callidità (e degli strumenti tecnici in Suo possesso in grado di pizzicare il falsario...)
Ma ancor più mi rammarico di aver posto un quesito poco appassionante. Su quest'ultima questione, non so che cosa fare per correggermi: ammetto di non possedere una grande sensibilità estetica per cose di sintassi e, smarrendomi spesso in inutili elucubrazioni per trovare posto nell'alveo della tradizionale tassonomia grammaticale a lacerti di frasi vagolanti nella mia povera fantasia, perdo di vista la passione, la felicità o la commozione da cui dovrebbe scaturire ogni intervento sul forum.
Quindi: chiedo venia e comunque la ringrazio.


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Personalmente disapprovo l'uso di "tipo"in funzione di congiunzione comparativa ai danni di "come".Marco1971 ha scritto:P.S. Non vedo nulla di riprensibile nell’impiego di del tipo. Da biasimare è solo, come sempre, l’eccesso e la mancanza di variatio.
P.S. Caro Bartolo, la prego di accettare le mie scuse qualora si sia risentito, giacché mi sono permesso di citare un esempio del suo intervento, che non era affatto banale.
Sono sinonimi, e nulla vieta di adoperare del tipo, soprattutto se nelle vicinanze c’è già un come (o diversi come). Inoltre, in linguistica un tipo è una data costruzione: il tipo ‘come + da’, ad esempio.promessainfranta ha scritto:Personalmente disapprovo l'uso di "tipo"in funzione di congiunzione comparativa ai danni di "come".
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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- Iscritto in data: lun, 07 apr 2008 23:30
Non mi riferisco a costrutti "come+da’" ma a forme come: La domenica mi piace fare attività tipo andare in bicicletta, fare una passeggiata ecc. Non mi sembra che gli si possa attribuire anche la funzione di congiunzione.Marco1971 ha scritto:Sono sinonimi, e nulla vieta di adoperare del tipo, soprattutto se nelle vicinanze c’è già un come (o diversi come). Inoltre, in linguistica un tipo è una data costruzione: il tipo ‘come + da’, ad esempio.
- Infarinato
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Non credo che abbia inteso quello che voleva dire Marco… Rilegga bene.promessainfranta ha scritto:Non mi riferisco a costrutti "come+da" ma a forme come…

Ma io non ho scritto tipo, sibbene del tipo (come del resto aveva già ben rilevato Lei).promessainfranta ha scritto:La domenica mi piace fare attività tipo andare in bicicletta, fare una passeggiata ecc.

Si tratta di ellissi (3b), dal sintagma del/sul tipo di. Ma è naturalmente proprio del parlato informale e da evitare nello scritto sorvegliato.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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- Iscritto in data: lun, 07 apr 2008 23:30
Caro Infarinato, mi rincuora. Un affettuoso saluto anche a lei Marco.Infarinato ha scritto:(Comunque, anch’io sono contrario all’abuso.)
P.S. Il De Mauro riporta esempi in funzione di aggettivo o sostantivo. La mia contestazione, forse spiegata male, era rivolta all'uso sempre più incalzante di congiunzione. Mi fermo qui!
Eppure questo costrutto ha parecchie attestazioni letterarie:
Le affermazioni degli storici tipo Sombart. (Einaudi)
Non aveva un debole per la letteratura femminile, tipo Negri, e anche tipo Vivanti? (Moretti)
Dovrebbe [la Francia] esser circondata da un pulviscolo di staterelli tipo Svizzera per essere ‘sicura’. (Gramsci)
Mussolini dispone di infiniti artifici tipo patto Gentiloni. (Gobetti)
Forse, ecco, forse era assorbito dalla relazione con qualche donnetta inconfessabile, tipo sarta, governante, serva. (G. Bassani)
È un prete, e del tipo docente. (Fenoglio)
Vi piace di piú la vita tipo sardi antichi o la vita tipo americano? (Volponi)
Ma in tutti questi esempi, siamo lungi da una prosa di stile alto.
Le affermazioni degli storici tipo Sombart. (Einaudi)
Non aveva un debole per la letteratura femminile, tipo Negri, e anche tipo Vivanti? (Moretti)
Dovrebbe [la Francia] esser circondata da un pulviscolo di staterelli tipo Svizzera per essere ‘sicura’. (Gramsci)
Mussolini dispone di infiniti artifici tipo patto Gentiloni. (Gobetti)
Forse, ecco, forse era assorbito dalla relazione con qualche donnetta inconfessabile, tipo sarta, governante, serva. (G. Bassani)
È un prete, e del tipo docente. (Fenoglio)
Vi piace di piú la vita tipo sardi antichi o la vita tipo americano? (Volponi)
Ma in tutti questi esempi, siamo lungi da una prosa di stile alto.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Re: essere capace di + infinito
Sempre ammirevole e condivisibile voler capire ciò che sfugge, e il muovere da ciò che pare «indubitabile» sembrerebbe ancora un ottimo metodo [mi pare però che la proteiforme ubiquità, ancorché eccezionalmente simpatica, peccherebbe di poca serietà, un po' troppo].bartolo ha scritto:Sono perplesso davanti a espressioni del tipo: «Sono capace ....»
Il modo in cui osserviamo e riconosciamo le subordinate «consecutive» ci dice che la proposizione dipendente deve indicare la 'conseguenza della sovraordinata' (una conseguenza che, spesso, imbriglia una certa 'intensificazione').
Aggiungerei: l'aggettivo «capace» attenderebbe una conseguenza, così altri aggettivi (cfr. degno, atto, idoneo, adatto), e la copula, per dir così, indicherebbe, entificandola, la paternità di uno stato di cose. Se quindi «essere capace» vale «essere in grado di fare», ecco che la subordinata esprime la particolare «estrinsecazione causata» di una generale potenzialità [non sempre] dinamica.
Quando lo stato di cose, per sua natura, giace, ecco che intervengono gl'intensificatori semantici (così, tanto, abbastanza etc.).
Sull'equivalenza con «potere»: il contenuto può confondersi, e in certo modo coincidere; resta diversa l'organizzazione: può leggere, ad esempio, indica un'unica circostanza presa assolutamente (e descriviamo una latenza); è capace di leggere, una condizione che ne guarda un'altra, quindi un processo (il 'saper fare' e il 'leggere').
Non del tutto peregrina (e anzi da preferire) l'ipotesi completiva, ché la conseguenza così contesta implica ad ogni modo una sfumatura epesegetica.
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