«Po’», «qual è»
Moderatore: Cruscanti
«Po’», «qual è»
Nel tentativo di spiegarmi il motivo per cui "qual è" non chiede l'apostrofo mi sono imbatutto in un dubbio.
Da il garzanti on line:
1) "Po' è il troncamento di poco; la forma pò è scorretta."
2) "La forma corretta è qual è. Infatti, l'omissione di e in quale rappresenta un troncamento, non un'elisione."
Se entrambi sono troncamenti per quale motivo uno chiede l'apostrofo e l'altro no?
grazie per la disponibilità e abbiate pazienza se il livello della mia domanda è un pochino al di sotto dello standard di questo forum ^_^
Da il garzanti on line:
1) "Po' è il troncamento di poco; la forma pò è scorretta."
2) "La forma corretta è qual è. Infatti, l'omissione di e in quale rappresenta un troncamento, non un'elisione."
Se entrambi sono troncamenti per quale motivo uno chiede l'apostrofo e l'altro no?
grazie per la disponibilità e abbiate pazienza se il livello della mia domanda è un pochino al di sotto dello standard di questo forum ^_^
La rimando a un vecchio intervento nelle stanze chiuse della Crusca.
Re: Po' - Qual è
Il motivo è solo di ordine storico. In passato il modo per segnalare il troncamento era molto variabile.edoram ha scritto:Se entrambi sono troncamenti per quale motivo uno chiede l'apostrofo e l'altro no?
Non esiste una vera ragione per differenziare i due tipi di troncamento.
C'è chi afferma (Serianni) che la cosa migliore sia di eliminare completamente l'apostrofo come segno dell'apocope (sillabica). Ma anch'egli continua a raccomandarne l'uso nei casi previsti.
Vi ringrazio per le risposte e i rimandi. Tuttavia temo ancora di non avere tutto chiaro.
Riporto una parte del messaggio di Marco1971:
Perchè in caso contrario non mi spiego casi come "buon giorno" o "buon appettito"
oppure cito ancora:
Secondo Aldo Gabrielli la parola "raccorciata" po non vorrebbe l'apostrofo in quanto (mi pare) sta sempre bene da sola.
Forse nel tentativo di fare chiarezza mi sono confuso ancora di più
Riporto una parte del messaggio di Marco1971:
Devo dunque dedurre che è sufficiente esista anche una sola parola con la quale buon non stia bene per stabilire che è elisione?"Prendiamo adesso l'espressione 'buon'anima'; facciamo la medesima operazione, mettiamo 'donna' al posto di 'anima' e domandiamoci: si può dire 'buon'donna'? Evidentemente no, risponderemo. Dunque, 'buon'' è elisione, non troncamento, e in tal caso ci vuole sempre l'apostrofo."
Perchè in caso contrario non mi spiego casi come "buon giorno" o "buon appettito"
oppure cito ancora:
Quel "dunque" mi fa capire che normalmente il troncamento non chiede l'apostrofo. Posso quindi dire che il caso di po' è un'eccezione?...se la parola può restare anche in questa nuova collocazione, vuol dire che si tratta di troncamento. Dunque 'fior' non vuole l'apostrofo
Secondo Aldo Gabrielli la parola "raccorciata" po non vorrebbe l'apostrofo in quanto (mi pare) sta sempre bene da sola.
Forse nel tentativo di fare chiarezza mi sono confuso ancora di più

Provo a sintetizzare. Buon giorno e buon appetito: espressioni entrambe corrette (davanti a vocale e consonante), quindi fo a meno dell’apostrofo. Buon donna e buon anima: la prima è errata, quindi aggiungo la vocale (buona donna), che segnalo coll’apostrofo nel secondo esempio, per evitare l’incontro di due vocali uguali (buona anima -> buon’anima).edoram ha scritto:Devo dunque dedurre che è sufficiente esista anche una sola parola con la quale buon non stia bene per stabilire che è elisione?
Perchè in caso contrario non mi spiego casi come "buon giorno" o "buon appet[t]ito"
Non è una questione di «star bene sempre da solo» ma in rapporto a quel che segue immediatamente. Per quanto riguarda po’, lo può senz’altro mettere, insieme a mo’ (nella locuzione a mo’ di), nelle eccezioni.edoram ha scritto:Quel "dunque" mi fa capire che normalmente il troncamento non chiede l'apostrofo. Posso quindi dire che il caso di po' è un'eccezione?
Secondo Aldo Gabrielli la parola "raccorciata" po non vorrebbe l'apostrofo in quanto (mi pare) sta sempre bene da sola.
Un'eccezione difesa strenuamente, forse quanto se stesso (la forza con cui si perpetuano le norme grammaticali è direttamente proporzionale alla loro eccezionalità e quindi forza del lavoro di inculcamento).Marco1971 ha scritto:Per quanto riguarda po’, lo può senz’altro mettere, insieme a mo’ (nella locuzione a mo’ di), nelle eccezioni.
Perché ci sia troncamento si devono verificare tre condizioni:
- dopo aver subito il troncamento, la parola deve terminare con le consonanti l, r, n e (raramente) m: qual motivo, suor Anna, son caduti, siam soli;
- la parola che segue non deve cominciare con s impura, z, x, gn, e ps. Quindi un albero, un cane, ma uno stupido, uno zoppo.
- la parola che subisce il troncamento deve essere al singolare; non c'è troncamento al plurale: un buon libro, ma buoni libri. ATTENZIONE: grande fa eccezione a questa condizione. Si può dire infatti: sono dei gran farabutti.
Nel caso di caduta della sola vocale finale davanti a parola che comincia per vocale resta spesso il dubbio se si tratti di elisione o di troncamento e cioè se si debba mettere l'apostrofo. Ad esempio: buon anno o buon'anno? Qual è o qual'è? [...]
Il problema si può facilmente risolvere. Se la parola accorciata può essere posta davanti ad un'altra parola dello stesso genere che comincia per consonante, questo significa che tale parola non richiede elisione perché è già di per sé compiuta. È una forma tronca, non ci vuole l'apostrofo. Ad es. buon davanti a parola maschile che comincia per consonante non si modifica: buon compleanno, buon pranzo; potrò quindi scrivere buon anno, buon appetito, ecc. [...]
Scriverò invece pover'uomo, trattandosi di elisione (infatti non posso scrivere pover caro, pover figlio bensì povero caro, povero figlio).
[-da- Nicola Zingarelli, LO ZINGARELLI (VOCABOLARIO DELLA LINGUA ITALIANA), dodicesima edizione, editore Zanichelli, 2002, p. 622]
Un piccolo dubbio: se, come è scritto - perché ci sia troncamento-, una delle condizioni che deve verificarsi è che la parola deve terminare con le consonanti l, r, n e (raramente) m, e che la parola che segue non deve cominciare con s impura, z, x, gn, e ps, perché povero si elide? Eppure “povero” senza la vocale finale termina in “r” e caro comincia per “c” (non rientrando, cosí, tra i casi esclusi).
- dopo aver subito il troncamento, la parola deve terminare con le consonanti l, r, n e (raramente) m: qual motivo, suor Anna, son caduti, siam soli;
- la parola che segue non deve cominciare con s impura, z, x, gn, e ps. Quindi un albero, un cane, ma uno stupido, uno zoppo.
- la parola che subisce il troncamento deve essere al singolare; non c'è troncamento al plurale: un buon libro, ma buoni libri. ATTENZIONE: grande fa eccezione a questa condizione. Si può dire infatti: sono dei gran farabutti.
Nel caso di caduta della sola vocale finale davanti a parola che comincia per vocale resta spesso il dubbio se si tratti di elisione o di troncamento e cioè se si debba mettere l'apostrofo. Ad esempio: buon anno o buon'anno? Qual è o qual'è? [...]
Il problema si può facilmente risolvere. Se la parola accorciata può essere posta davanti ad un'altra parola dello stesso genere che comincia per consonante, questo significa che tale parola non richiede elisione perché è già di per sé compiuta. È una forma tronca, non ci vuole l'apostrofo. Ad es. buon davanti a parola maschile che comincia per consonante non si modifica: buon compleanno, buon pranzo; potrò quindi scrivere buon anno, buon appetito, ecc. [...]
Scriverò invece pover'uomo, trattandosi di elisione (infatti non posso scrivere pover caro, pover figlio bensì povero caro, povero figlio).
[-da- Nicola Zingarelli, LO ZINGARELLI (VOCABOLARIO DELLA LINGUA ITALIANA), dodicesima edizione, editore Zanichelli, 2002, p. 622]
Un piccolo dubbio: se, come è scritto - perché ci sia troncamento-, una delle condizioni che deve verificarsi è che la parola deve terminare con le consonanti l, r, n e (raramente) m, e che la parola che segue non deve cominciare con s impura, z, x, gn, e ps, perché povero si elide? Eppure “povero” senza la vocale finale termina in “r” e caro comincia per “c” (non rientrando, cosí, tra i casi esclusi).
Ultima modifica di Gianluca in data dom, 21 ago 2011 11:22, modificato 1 volta in totale.
Si dice forse pover fanciullo, pover diavolo, pover cuore, pover me? No. Quindi è un caso di elisione. Mi sembra che tutto fosse già stato spiegato.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
- Infarinato
- Amministratore
- Interventi: 5603
- Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 10:40
- Info contatto:
Perché sono condizioni necessarie, non sufficienti.Gianluca ha scritto:Un piccolo dubbio: se, come è scritto - perché ci sia troncamento- una delle condizioni che deve verificarsi è che la parola deve terminare con le consonanti l, r, n e (raramente) m, e che la parola che segue non deve cominciare con s impura, z, x, gn, e ps, perché povero si elide? Eppure “povero” senza la vocale finale termina in “r” e caro comincia per “c” (non rientrando, cosí, tra i casi esclusi).

-
- Interventi: 1303
- Iscritto in data: sab, 06 set 2008 15:30
Se queste sono le tre condizioni necessarie perché sia possibile l'apocope, perché nella grammatica di Serianni non vengono citate, o almeno non in questa forma?Gianluca ha scritto:Perché ci sia troncamento si devono verificare tre condizioni:
- dopo aver subito il troncamento, la parola deve terminare con le consonanti l, r, n e (raramente) m: qual motivo, suor Anna, son caduti, siam soli;
- la parola che segue non deve cominciare con s impura, z, x, gn, e ps. Quindi un albero, un cane, ma uno stupido, uno zoppo.
- la parola che subisce il troncamento deve essere al singolare; non c'è troncamento al plurale: un buon libro, ma buoni libri. ATTENZIONE: grande fa eccezione a questa condizione. Si può dire infatti: sono dei gran farabutti.
Serianni divide inizialmente fra apocopi sillabiche e vocaliche. Per le prime non dà alcuna norma generale, ma si limita soltanto a farne l'elenco (bel, san, fra, caval, ecc...), lasciando quasi intendere, a mio avviso, che altre apocopi sillabiche, oltre i casi citati, non siano possibili; norma solo i casi di bel e san, per cui valgono le stesse regole d'uso degli articoli il e un (cosa in cui leggo un richiamo al punto 2, di sopra, ma comunque con valenza non generale).
Per le apocopi vocaliche, invece, dà due condizioni necessarie:
- la vocale apocopata deve essere atona e diversa da a (eccezion fatta per ora), e non deve essere neanche una i o una e contrassegnante plurale di parola (ma a differenza delle regole suddette, non importa che la parola in sé sia plurale o singolare)
- la consonante uscente deve essere l, r, n o m.
Nonostante le somiglianze, ci sono grandi differenze: sulla vocale a, per nulla citata dallo Zingarelli, e sulla "parola che segue" che, praticamente, per Serianni non ha alcun peso.
Lasciamo perdere lo Zingarelli e fidiamoci di Luca Serianni. 
Per quanto riguarda la parola che segue cominciante con ‘s’ impura ecc., ciò vale – credo – solo per gli articoli, gli aggettivi che com’essi si comportano e le preposizioni articolate: non mi pare che non si possa dire caval straniero (ma dovrei controllare nella LIZ[a]).
Per i plurali, in antico avevamo forme come capéi, tai (‘capelli, tali’) e simili, che ovviamente non sono apocopi ma contrazioni.

Per quanto riguarda la parola che segue cominciante con ‘s’ impura ecc., ciò vale – credo – solo per gli articoli, gli aggettivi che com’essi si comportano e le preposizioni articolate: non mi pare che non si possa dire caval straniero (ma dovrei controllare nella LIZ[a]).
Per i plurali, in antico avevamo forme come capéi, tai (‘capelli, tali’) e simili, che ovviamente non sono apocopi ma contrazioni.
Ultima modifica di Marco1971 in data mer, 13 mag 2009 23:00, modificato 1 volta in totale.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Devo fare qualche aggiunta. Le parole uscenti in -a non si troncano se non nel caso di avverbi composti con ora (allora, tuttora, talora, ognora, qualora, ecc.).
I plurali invece sono possibili (bisogna vedere se ci sono restrizioni): m’è infatti sovvenuto d’un verso dei Vespri siciliani (dal famoso bolero): Mercé, dilette amiche, di quei leggiadri fior; un altro, dalla Gerusalemme liberata (XV, 43): Tacciono sotto i mar securi in pace; e non dimentichiamo l’incipit dell’Orlando furioso: Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori. Anche certi nomi femminili sono passibili di troncamento al plurale: tutti rammenterete il dantesco ond’io li orecchi con le man copersi (Inferno, XXIX, 45).
Trovo, infine, conferma della possibilità di troncamento seguito da ‘s’ impura, presso Carducci: E voi sotto il flagel schiacciati e spenti (Juvenilia, “Anche in Santa Croce”, 6).
I plurali invece sono possibili (bisogna vedere se ci sono restrizioni): m’è infatti sovvenuto d’un verso dei Vespri siciliani (dal famoso bolero): Mercé, dilette amiche, di quei leggiadri fior; un altro, dalla Gerusalemme liberata (XV, 43): Tacciono sotto i mar securi in pace; e non dimentichiamo l’incipit dell’Orlando furioso: Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori. Anche certi nomi femminili sono passibili di troncamento al plurale: tutti rammenterete il dantesco ond’io li orecchi con le man copersi (Inferno, XXIX, 45).
Trovo, infine, conferma della possibilità di troncamento seguito da ‘s’ impura, presso Carducci: E voi sotto il flagel schiacciati e spenti (Juvenilia, “Anche in Santa Croce”, 6).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
-
- Interventi: 1725
- Iscritto in data: mar, 19 set 2006 15:25
La "butto" lí: a prescindere dalle varie regole sul troncamento e sull'elisione po' (troncamento di 'poco') si apostrofa per non confonderlo con il fiume (anche se quest'ultimo si scrive con l'iniziale maiuscola): Po.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Ma caro Fausto, anche se il fiume si scrivesse con l’iniziale minuscola, come si farebbe a confonderlo con po’? Perfino una frase che non rispetti l’ortografia, come Ho camminato per un po lungo il po non sembra presentare ambiguità semantica (e quando parliamo, non ci aiuta la grafia).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Chi c’è in linea
Utenti presenti in questa sezione: Google [Bot] e 2 ospiti