«Quanta poca» o «quanto poca»?
Moderatore: Cruscanti
«Quanta poca» o «quanto poca»?
Una mia autocorrezione e uno scambio in privato con Fausto Raso mi hanno fatto dubitare. Ecco le piú illustri attestazioni, dell’una e dell’altra variante.
Potete adunque per le mie parole e per me comprendere quanta poca fede le mondane cose servino agli speranti, e massimamente le femine, nelle quali niuno bene, niuna fermezza, né niuna ragione si truova. (Boccaccio, Filocolo)
Consideri ora uno con quanta poca difficultà poteva el re tenere in Italia la sua reputazione, se lui avessi osservate le regule soprascritte e tenuti sicuri e difesi tutti quelli sua amici, e’ quali, per essere gran numero e deboli e paurosi chi della Chiesa chi de’ viniziani, erano sempre necessitati a stare seco; e per il mezzo loro poteva facilmente assicurarsi di chi ci restava grande. (Machiavelli, Il Principe)
Lascio poi quanta poca varietà di stile si possa trovare in uno stesso scrittore. (Leopardi, Zibaldone di pensieri)
Ché, vegendo Dio o Cristo in croce per imagine, come sta per le chiese, quanto poca reverenza si rende a quello! Che se noi fossimo buon figliuoli, già mai non lo veggiamo che noi non dovessimo piagnere. (Sacchetti, Le sposizioni di Vangeli)
Ma quest’uso solo di divinizzare delle persone contemporanee, cosa che poichè era tanto ricercata da un canto dall’ambizione, dall’altro dall’adulazione, non doveva essere al tutto senza qualche effetto di persuasione in qualche parte del popolo, dimostra quanto poca distanza e diversità di natura ponessero gli antichi fra il divino e l’umano, senza di che non sarebbe stato possibile che una tale assurdità fosse pur venuta loro nella mente. (Leopardi, Zibaldone di pensieri)
Ambiva di entrare in grazia del Commendatore per poter un giorno congiurare insieme. Comprendeva bene quanto poca speranza vi fosse di riuscire a ciò con quell’uomo rigido e pio. (Fogazzaro, Piccolo mondo moderno)
Dobbiamo considerarli, dunque, entrambi corretti? Io propendo per la concordanza... E voi?
Potete adunque per le mie parole e per me comprendere quanta poca fede le mondane cose servino agli speranti, e massimamente le femine, nelle quali niuno bene, niuna fermezza, né niuna ragione si truova. (Boccaccio, Filocolo)
Consideri ora uno con quanta poca difficultà poteva el re tenere in Italia la sua reputazione, se lui avessi osservate le regule soprascritte e tenuti sicuri e difesi tutti quelli sua amici, e’ quali, per essere gran numero e deboli e paurosi chi della Chiesa chi de’ viniziani, erano sempre necessitati a stare seco; e per il mezzo loro poteva facilmente assicurarsi di chi ci restava grande. (Machiavelli, Il Principe)
Lascio poi quanta poca varietà di stile si possa trovare in uno stesso scrittore. (Leopardi, Zibaldone di pensieri)
Ché, vegendo Dio o Cristo in croce per imagine, come sta per le chiese, quanto poca reverenza si rende a quello! Che se noi fossimo buon figliuoli, già mai non lo veggiamo che noi non dovessimo piagnere. (Sacchetti, Le sposizioni di Vangeli)
Ma quest’uso solo di divinizzare delle persone contemporanee, cosa che poichè era tanto ricercata da un canto dall’ambizione, dall’altro dall’adulazione, non doveva essere al tutto senza qualche effetto di persuasione in qualche parte del popolo, dimostra quanto poca distanza e diversità di natura ponessero gli antichi fra il divino e l’umano, senza di che non sarebbe stato possibile che una tale assurdità fosse pur venuta loro nella mente. (Leopardi, Zibaldone di pensieri)
Ambiva di entrare in grazia del Commendatore per poter un giorno congiurare insieme. Comprendeva bene quanto poca speranza vi fosse di riuscire a ciò con quell’uomo rigido e pio. (Fogazzaro, Piccolo mondo moderno)
Dobbiamo considerarli, dunque, entrambi corretti? Io propendo per la concordanza... E voi?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Personalmente - come ho avuto modo di discuterne in privato con Marco- ritengo che "quanto" quando è seguito da un altro aggettivo debba restare invariato perché ha funzione avverbiale: quanto poche cose sai sull'argomento!
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Bisognerebbe estendere l’indagine, ma a prima vista – anzi a primo orecchio
– suona meglio Sai molte piú cose di me. Che ne dite?

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Dobbiamo dunque reputare corrette tutt’e due le soluzioni (con ‘quanto’). Senza concordanza la LIZ[a] dà quattro ricorrenze, tutte di Leopardi:
Vedendo quanto poche volte gli uomini nelle loro azioni sono guidati da un giudizio retto di quello che può loro giovare o nuocere, si conosce quanto facilmente debba trovarsi ingannato chi proponendosi d'indovinare alcuna risoluzione occulta, esamina sottilmente in che sia posta la maggiore utilità di colui o di coloro a cui tale risoluzione si aspetta. (Pensiero 51)
2. Di parole settentrionali ognuno sa quanto poche ne rimangano nell’italiano, e così pure nel francese e nello spagnuolo, e come il corpo, la sostanza, il grosso, il fondo principale e capitale di queste lingue, e massime dell’italiano, derivi dal latino, e sia latino. (Zibaldone, 12 maggio 1821)
Da ciò che una qualità essenziale della natura, è la somma conformabilità, e modificabilità delle sue qualità costituenti e primitive, e de’ suoi principii elementari, e del suo intero composto, risulta quanto poche verità, anche dentro questo tal sistema, e dopo di esso, possano essere assolute. (ibid., 20 ottobre 1821)
(Vediamo infatti quanto poche e blande sieno le malattie spontanee degli altri animali, massime salvatichi, cioè non corrotti da noi; e similmente de’ selvaggi, e massime de’ più naturali, come i Californii; e che anche quelle degli agricoltori sono molte più poche e rare e men feroci che quelle de’ cittadini). (ibid., 17 agosto 1823)
Con la concordanza ho rinvenuto tre esempi, uno di Goldoni (che salto) e due sempre di Leopardi:
Non chiamerò in mio favore la setta cinica, e l’esempio e l’istituto loro, diretto a mostrare col fatto, di quanto poco, e di quante poche invenzioni e sottigliezze abbisogni la vita naturale dell’uomo. (ibid., 21 marzo 1821)
Se noi potessimo interrogare i sommi scopritori delle più sublimi, profonde ed estese verità, sapremmo quante poche di queste scoperte si debbano ai lumi somministrati dalle età precedenti; quanti di detti geni, per l’ordinario intolleranti degli studi, abbiano ignorate le verità già scoperte ec. (ibid., 20 luglio 1821)
Passando a molto/molta/e/i piú + sostantivo, con la concordanza abbiamo, dalle origini a oggi, 68 ricorrenze. Scelgo Boccaccio e Svevo:
E altre cose molte più li disse,
le qua’ misor Penteo in gran pensiero... (Boccaccio, Teseida, libro 4)
Non teneva sospesi perché il suo lavoro non lo richiedeva e aveva l’abitudine di rimanere all’ufficio molte più ore di quanto fosse obbligato. (Svevo, Una vita, cap. 5)
Piú difficile quantificare il mancato accordo, visto che la maggior parte degli esempi riguarda molto piú + aggettivo; ma eccone tre esempi, ancora di Leopardi.
...così la nostra maniera poetica, essendo pur cosa umana per quanto sia dilettevole e prossima al divino, può tediare senza fallo; del che qualunque la riprende, con molto più convenienza riprenderebbe la natura delle cose, cioè finalmente Iddio. (Discorso intorno alla poesia romantica)
...affermiamo che il poeta bisogna ch’abbia gran riguardo alle cose presenti, che ha mestieri adesso di molto più arte che non un tempo. (ibid.)
Anzi è manifesto che le cose ordinarissimamente, e in ispecie quando sono comuni, fanno al pensiero e alla fantasia nostra molto più forza imitate che reali... (ibid.)
Conclusione: non isbaglieremo né nell’uno né nell’altro modo (ma continuo a preferire la concordanza).
Vedendo quanto poche volte gli uomini nelle loro azioni sono guidati da un giudizio retto di quello che può loro giovare o nuocere, si conosce quanto facilmente debba trovarsi ingannato chi proponendosi d'indovinare alcuna risoluzione occulta, esamina sottilmente in che sia posta la maggiore utilità di colui o di coloro a cui tale risoluzione si aspetta. (Pensiero 51)
2. Di parole settentrionali ognuno sa quanto poche ne rimangano nell’italiano, e così pure nel francese e nello spagnuolo, e come il corpo, la sostanza, il grosso, il fondo principale e capitale di queste lingue, e massime dell’italiano, derivi dal latino, e sia latino. (Zibaldone, 12 maggio 1821)
Da ciò che una qualità essenziale della natura, è la somma conformabilità, e modificabilità delle sue qualità costituenti e primitive, e de’ suoi principii elementari, e del suo intero composto, risulta quanto poche verità, anche dentro questo tal sistema, e dopo di esso, possano essere assolute. (ibid., 20 ottobre 1821)
(Vediamo infatti quanto poche e blande sieno le malattie spontanee degli altri animali, massime salvatichi, cioè non corrotti da noi; e similmente de’ selvaggi, e massime de’ più naturali, come i Californii; e che anche quelle degli agricoltori sono molte più poche e rare e men feroci che quelle de’ cittadini). (ibid., 17 agosto 1823)
Con la concordanza ho rinvenuto tre esempi, uno di Goldoni (che salto) e due sempre di Leopardi:
Non chiamerò in mio favore la setta cinica, e l’esempio e l’istituto loro, diretto a mostrare col fatto, di quanto poco, e di quante poche invenzioni e sottigliezze abbisogni la vita naturale dell’uomo. (ibid., 21 marzo 1821)
Se noi potessimo interrogare i sommi scopritori delle più sublimi, profonde ed estese verità, sapremmo quante poche di queste scoperte si debbano ai lumi somministrati dalle età precedenti; quanti di detti geni, per l’ordinario intolleranti degli studi, abbiano ignorate le verità già scoperte ec. (ibid., 20 luglio 1821)
Passando a molto/molta/e/i piú + sostantivo, con la concordanza abbiamo, dalle origini a oggi, 68 ricorrenze. Scelgo Boccaccio e Svevo:
E altre cose molte più li disse,
le qua’ misor Penteo in gran pensiero... (Boccaccio, Teseida, libro 4)
Non teneva sospesi perché il suo lavoro non lo richiedeva e aveva l’abitudine di rimanere all’ufficio molte più ore di quanto fosse obbligato. (Svevo, Una vita, cap. 5)
Piú difficile quantificare il mancato accordo, visto che la maggior parte degli esempi riguarda molto piú + aggettivo; ma eccone tre esempi, ancora di Leopardi.
...così la nostra maniera poetica, essendo pur cosa umana per quanto sia dilettevole e prossima al divino, può tediare senza fallo; del che qualunque la riprende, con molto più convenienza riprenderebbe la natura delle cose, cioè finalmente Iddio. (Discorso intorno alla poesia romantica)
...affermiamo che il poeta bisogna ch’abbia gran riguardo alle cose presenti, che ha mestieri adesso di molto più arte che non un tempo. (ibid.)
Anzi è manifesto che le cose ordinarissimamente, e in ispecie quando sono comuni, fanno al pensiero e alla fantasia nostra molto più forza imitate che reali... (ibid.)
Conclusione: non isbaglieremo né nell’uno né nell’altro modo (ma continuo a preferire la concordanza).

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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- Iscritto in data: mar, 19 set 2006 15:25
Riporto quanto dice il Treccani in rete, anche se non fa esempi di "Molto/Molte piú + sostantivo" (neretto mio):Marco1971 ha scritto:Bisognerebbe estendere l’indagine, ma a prima vista – anzi a primo orecchio– suona meglio Sai molte piú cose di me. Che ne dite?
Quindi: "Sai molto (assai) piú cose di me" credo non sia agrammaticale, anche se può dare fastidio agli orecchi...3. avv. Grandemente, in grande misura, ed è sinon. di assai, da cui spesso (ma non sempre) può essere sostituito. In unione con verbi: ho dovuto girare m. prima di trovarlo; abbiamo riso m.; mi piace m.; l’ho m. gradito; ci penso m.; è un libro m. letto, un’opera m. ammirata; e con locuz. verbali: è m. giù di salute; sei m. in collera?; sono stato m. in pena, in pensiero, in ansia. Con comparativi: m. migliore, maggiore, superiore, o m. peggiore, minore, inferiore (anche migliore di m., maggiore di m., ecc.); m. più, m. meno; m. più bello, più ricco (o m. meno bello, meno ricco); oggi sto m. meglio. Con avverbî e locuz. avv.: m. prima, m. dopo, m. avanti, m. indietro; càpiti m. a proposito; mi alzo m. di buon’ora. Premesso ad agg. qualificativi o ad avv. di modo, dà loro valore di superlativo: m. buono, m. grande, m. bello, m. brutto; sei m. strano; sono m. dolente; devi stare m. attento; il m. reverendo padre; m. bene, m. male, m.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Non è agrammaticale, come dimostrano gl’illustri esempi sopra addotti.Fausto Raso ha scritto:Quindi: "Sai molto (assai) piú cose di me" credo non sia agrammaticale, anche se può dare fastidio agli orecchi...

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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- Moderatore «Dialetti»
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- Iscritto in data: sab, 14 mag 2005 23:03
Sebbene esista quanto in portoghese e cuanto in spagnolo, in questo contesto non le usiamo. Si potrebbe usare quão (portoghese) e cuan (spagnolo), ma modernamente sono parole che suonano troppo letterarie nella maggioranza dei casi. Credo che istintivamente riformuliamo le frasi per non cadere in questa "trappola".
Forse perché in portoghese e in spagnolo queste parole sono avverbi, anche in italiano propenderei per un quanto invariabile davanti ad aggettivi, ma il mio commento poco importa davanti alla moltitudine di esempi letterari già elencati da Marco.
Forse perché in portoghese e in spagnolo queste parole sono avverbi, anche in italiano propenderei per un quanto invariabile davanti ad aggettivi, ma il mio commento poco importa davanti alla moltitudine di esempi letterari già elencati da Marco.

- Ferdinand Bardamu
- Moderatore
- Interventi: 5195
- Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
- Località: Legnago (Verona)
È questo un dubbio che ebbi anch'io, tanto che posi la questione anche nel forum di Wordreference.
Personalmente, propendo per «quanto poca», poiché, come spiegai nel filone che apersi più di un anno fa, in questo caso considero «quanto» un avverbio.
Ma gl'illustri esempi che attestano «quanta poca» mi inducono a non esser categorico.
Personalmente, propendo per «quanto poca», poiché, come spiegai nel filone che apersi più di un anno fa, in questo caso considero «quanto» un avverbio.
Ma gl'illustri esempi che attestano «quanta poca» mi inducono a non esser categorico.
La mia iniziale autocorrezione m’induce a pensare che la concordanza sia appunto piú «naturale» nell’uso attuale.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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- Interventi: 341
- Iscritto in data: gio, 14 set 2006 23:04
- Località: Finlandia
Anch'io preferisco la concordanza, molto piú naturale.
La forma invariata (viste pure le citazioni riportate da Marco) non sarà sbagliata, ma mi sembra, quantomeno, che dia un tono un po' piú ricercato (anche scherzosamente).
In un libro può tranquillamente starci (e anche starci bene), ma se ad esempio fossi in una serata tra amici e d'un tratto qualcuno se ne uscisse con un "quanto poco", probabilmente lo percepirei come "fuori posto".
Almeno, ho sempre questa sensazione (distinzione forma naturale/forma solo letteraria) quando c'è un'espressione con due varianti (si veda anche il mio quesito "niente dubbio/niente dubbi"), di cui una sola effettivamente comune nel parlato. Ma questo può anche essere influenzato dalla regione e dal gruppo di appartenenza... Anzi lo è spesso, quindi non fa legge...
La forma invariata (viste pure le citazioni riportate da Marco) non sarà sbagliata, ma mi sembra, quantomeno, che dia un tono un po' piú ricercato (anche scherzosamente).
In un libro può tranquillamente starci (e anche starci bene), ma se ad esempio fossi in una serata tra amici e d'un tratto qualcuno se ne uscisse con un "quanto poco", probabilmente lo percepirei come "fuori posto".
Almeno, ho sempre questa sensazione (distinzione forma naturale/forma solo letteraria) quando c'è un'espressione con due varianti (si veda anche il mio quesito "niente dubbio/niente dubbi"), di cui una sola effettivamente comune nel parlato. Ma questo può anche essere influenzato dalla regione e dal gruppo di appartenenza... Anzi lo è spesso, quindi non fa legge...
Il sonno della ragione genera mostri.
Dissotterro questo filone dopo un lustro e un paio d'anni d'immeritata sepoltura.
Anch'io propendo per la concordanza: suona piú spontanea e naturale. L'altra soluzione ha un so che d'artefatto. A ogni modo, portando a esempio qualche inclita attestazione letteraria, Marco ci ha dimostrato che sono valide entrambe le alternative. Ed è proprio questo che non mi torna: se si condannano categoricamente e senza riserva alcuna frasi come ho troppa poca voglia o ha molta poca volontà, per quale motivo, in questo caso, non solo c'è concessa la facoltà di scelta, ma percepiamo come piú naturale la concordanza? Certo, lo so: non si può avere contemporaneamente troppa e poca voglia o molta e poca volontà. Ma ne facciamo soltanto una questione di logica?

Anch'io propendo per la concordanza: suona piú spontanea e naturale. L'altra soluzione ha un so che d'artefatto. A ogni modo, portando a esempio qualche inclita attestazione letteraria, Marco ci ha dimostrato che sono valide entrambe le alternative. Ed è proprio questo che non mi torna: se si condannano categoricamente e senza riserva alcuna frasi come ho troppa poca voglia o ha molta poca volontà, per quale motivo, in questo caso, non solo c'è concessa la facoltà di scelta, ma percepiamo come piú naturale la concordanza? Certo, lo so: non si può avere contemporaneamente troppa e poca voglia o molta e poca volontà. Ma ne facciamo soltanto una questione di logica?
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