
Cesare Segre sull'italiano
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Cesare Segre sull'italiano
I' ho tanti vocabuli nella mia lingua materna, ch'io m'ho piú tosto da doler del bene intendere le cose, che del mancamento delle parole colle quali io possa bene esprimere il concetto della mente mia.
Ho letto l'articolo in questione e mi domando se, pur comprendendo chi non ama la "d eufonica", non sarebbe meglio usarla, perlomeno in certi casi...
Sappiamo che ci si esprime diversamente parlando a un re o a uno straccivendolo, in un’assemblea o all’osteria, a un superiore o a un compagno di bisbocce; o anche a un vecchio o a un bambino.
Personalmente, trovo che "o a un/o a uno" siano veramente brutti.
Cordiali saluti a tutti.
Sappiamo che ci si esprime diversamente parlando a un re o a uno straccivendolo, in un’assemblea o all’osteria, a un superiore o a un compagno di bisbocce; o anche a un vecchio o a un bambino.
Personalmente, trovo che "o a un/o a uno" siano veramente brutti.
Cordiali saluti a tutti.
...un pellegrino dagli occhi grifagni
il qual sorride a non so che Gentucca.
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Re: Cesare Segre sull'italiano
A quale documento della Crusca e dei Lincei fa riferimento l'articolo?
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Alcuni giorni fa ho ricevuto le correzioni, apportate dalla sede italana di una multinazionale, a una mia traduzione; tra queste, la richiesta di aggiungere la d eufonica nella frase e immagini di straordinaria qualità. Quando ho rimandato i file con le correzioni, ho tralasciato di scrivere ed immagini di straordinaria qualità perché pensavo non avesse tanto importanza e sono tra quelli che considerano la d eufonica in realtà cacofonica.Fabio48 ha scritto:Ho letto l'articolo in questione e mi domando se, pur comprendendo chi non ama la "d eufonica", non sarebbe meglio usarla, perlomeno in certi casi...
Sappiamo che ci si esprime diversamente parlando a un re o a uno straccivendolo, in un’assemblea o all’osteria, a un superiore o a un compagno di bisbocce; o anche a un vecchio o a un bambino.
Personalmente, trovo che "o a un/o a uno" siano veramente brutti.
Cordiali saluti a tutti.
Oggi mi ritornano i file con la esplicita richiesta di inserire la d eufonica. Questo mi è già capitato altre volte (ossia, che revisori inserissero la d eufonica in ciò che avevo scritto).
La mia conclusione è che molte persone hanno la convinzione radicata che l'assenza della d eufonica sia non una scelta stilistica su cui si può civilmente dissentire ma da rispettare, ma un vero e proprio errore da correggere.
Ultima modifica di Freelancer in data gio, 14 gen 2010 22:21, modificato 1 volta in totale.
Assurdo! Costoro o non hanno studiato, o hanno studiato male, o non hanno letto I promessi sposi e altri classici: la ‘d’ eufonica, di cui abbiamo parlato qui in varie occasioni, non è mai obbligatoria (tranne in qualche locuzione cristallizzata). Ma ormai non ci possiamo piú stupire di nulla...
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Gentile Roberto, forse che riferendosi esplicitamente a una grammatica si potrebbe far intendere come stanno le cose, non pensa? Tentar non nuoce.
I' ho tanti vocabuli nella mia lingua materna, ch'io m'ho piú tosto da doler del bene intendere le cose, che del mancamento delle parole colle quali io possa bene esprimere il concetto della mente mia.
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Per quel che ne so, nessuna grammatica dice "rispettate la scelta, quale che sia, fatta da chi scrive riguardo all'uso della 'd' eufonica". È una convinzione che ognuno deve maturare internamente leggendo varie fonti.Incarcato ha scritto:Gentile Roberto, forse che riferendosi esplicitamente a una grammatica si potrebbe far intendere come stanno le cose, non pensa? Tentar non nuoce.
Ad esempio, Giovanni Nencioni ha scritto (sul foglio dell'Accademia, non ho il tempo adesso di trovare il riferimento) che non si potrà condannare chi usi la 'd' eufonica. E lui stesso la usa alquanto. Ma non ha scritto 'non correggete chi la evita accuratamente'.
Bruno Migliorini, che ha dato la 'regola' per il suo uso, la usa anche in casi da lui non previsti!
Invece la si troverà rarissimamente negli scritti di Giacomo Devoto.
Vari manuali di stile o redazionali ne sconsigliano l'uso, ma chi li legge?
Insomma ognuno deve arrivarci da sé.
Dovrebbe bastare la consultazione del DOP, alle voci ‘a’ e ‘e’. E chi non capisce la differenza tra ‘spesso’ e ‘sempre’ non è interlocutore con cui si possa discutere. 

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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L'(ab)uso della "d" eufonica è pernicioso perché talvolta porta, addirittura, a forme come: "ed lo", "od comunque" e via dicendo.
Lavorando in una casa editrice mi trovo regolarmente a contatto con i testi degli autori (o aspiranti tali) che ci scrivono.
La d eufonica è una delle "piaghe" piú comuni. Parlo di piaga perché posso assicurarvi che la presenza continuata della d eufonica diventa un fastidio, nel lettore, non da poco.
Oltretutto, spesso, gli autori evitano la d eufonica SOLO nel caso in cui, in effetti, sarebbe giustificata.
In conclusione, non condanno la d eufonica ma, se la si usa, si abbia l'accortezza di usarla "per il verso". Diversamente, non muore nessuno anche facendone a meno.
Lavorando in una casa editrice mi trovo regolarmente a contatto con i testi degli autori (o aspiranti tali) che ci scrivono.
La d eufonica è una delle "piaghe" piú comuni. Parlo di piaga perché posso assicurarvi che la presenza continuata della d eufonica diventa un fastidio, nel lettore, non da poco.
Oltretutto, spesso, gli autori evitano la d eufonica SOLO nel caso in cui, in effetti, sarebbe giustificata.
In conclusione, non condanno la d eufonica ma, se la si usa, si abbia l'accortezza di usarla "per il verso". Diversamente, non muore nessuno anche facendone a meno.
Il sonno della ragione genera mostri.
E tuttavia, troppe valutazioni, nel campo della scuola, vagano nell’insipienza (o nella «fiducia») di un ideale poco aderente alla realtà (un’aderenza che, in gran parte, ritroviamo tristemente contemplata e perpetuata nelle riforme più recenti). L’Italia ha le proprie urgenze altrove; e ogni aspetto del nostro fare sociale, da quel che vedo, tralascia con sempre maggior fiducia i contenuti per affidarsi ai più facili principi formali. Alla scuola, oggi, non si chiede più di educare (e pensiamo pure al senso civico, che è l’educazione di una società), ma più banalmente di formare (la differenza non è propriamente sottile: vigerebbe ancora nell’appiattimento dell’individuo e del suo linguaggio, che non è più suo: ma faticosamente trasmesso e racimolato).
Una necessità di brevissimo termine ci impedisce di guardare a un futuro che, da alcuni decenni, consideriamo come qualcosa che non ci appartiene – sicché i peggiori di oggi saranno i migliori di domani (e per tanto destinati a riprovare il tralignamento dei ‘loro’ tempi).
Una necessità di brevissimo termine ci impedisce di guardare a un futuro che, da alcuni decenni, consideriamo come qualcosa che non ci appartiene – sicché i peggiori di oggi saranno i migliori di domani (e per tanto destinati a riprovare il tralignamento dei ‘loro’ tempi).
Buongiorno,
mi permetto di segnalare anche questo articolo sempre dal Corriere e "derivato" da quello che intitola il filone.
Buona giornata
mi permetto di segnalare anche questo articolo sempre dal Corriere e "derivato" da quello che intitola il filone.
Buona giornata
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