Pronuncia moderna o solo un errore?
Moderatore: Cruscanti
Pronuncia moderna o solo un errore?
È la prima volta che scrivo su questo forum, e quindi spero di non aver sbagliato sezione.
Ho un dubbio che riguarda la pronuncia della parola prosciutto: è meglio dire /proS'Sutto/ (che, sia sul DiPI, sia sul DOP, è l'unica pronuncia presente) o /pro'Sutto/ (che sembra quella più usata fuor di Toscana)?
Grazie.
Ho un dubbio che riguarda la pronuncia della parola prosciutto: è meglio dire /proS'Sutto/ (che, sia sul DiPI, sia sul DOP, è l'unica pronuncia presente) o /pro'Sutto/ (che sembra quella più usata fuor di Toscana)?
Grazie.
Ultima modifica di Luca86 in data mer, 07 lug 2010 16:33, modificato 3 volte in totale.
Salve Luca86 e benvenuto! 
L’unica pronuncia – conforme all’uso toscano e centromeridionale – è /proS'Sutto/: in pronuncia neutra [-S-] intervocalico è sempre geminato. Chi dice /pro'Sutto/ parla male.

L’unica pronuncia – conforme all’uso toscano e centromeridionale – è /proS'Sutto/: in pronuncia neutra [-S-] intervocalico è sempre geminato. Chi dice /pro'Sutto/ parla male.

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Grazie del benvenuto.

Senza dubbio è così, tuttavia bisogna prendere atto del fatto che il 90% degli italiani dice /proˈSutto/.Chi dice /pro'Sutto/ parla male
Ultima modifica di Luca86 in data mer, 07 lug 2010 16:34, modificato 2 volte in totale.
Posso chiederle donde trae questa percentuale?
Anche se cosí fosse, è risaputo che la maggior parte dei parlanti nativi d’una lingua hanno una pronuncia con tratti regionali piú o meno marcati.
Anche se cosí fosse, è risaputo che la maggior parte dei parlanti nativi d’una lingua hanno una pronuncia con tratti regionali piú o meno marcati.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Sí, ha ragione, il doppiatore pronuncia [S] scempio, ma è chiaramente settentrionale (non applica nemmeno la cogeminazione!). Ci sono molti doppiatori nello stesso caso, ma non rappresentano assolutamente un modello, come le dirà il buon Luciano Canepàri. 

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Guardi qui (è il colmo per un sito che ha lo scopo di diffondere la buona pronuncia!).
Non è l’unico sito in cui si propongono falsi modelli, ahinoi...
Consoliamoci pensando ai bravi doppiatori – e ce ne sono. 


Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Però, Marco, dir che è parlar male mi sembra una posizione esagerata. Si potrebbe ammettere piuttosto che chi pronunci /pro'Sutto/ abbia dei tratti regionali spuri non ligi alla voce di Mamma Toscana. Una voce densa, melliflua, sensuosa, alla cui dolcissima poeticità sono il primo ad arrendermi, è pur vero; ma bisogna riconoscere che fuori dei suoi confini il volgare toscano rimane una lingua di cultura, una lingua d’arte, che poco o punto ha che fare con la sensibilità linguistica locale. Specie nelle regioni [del Norde] in cui il dialetto tiene ancora ferme radici nell’humus popolare, lo stesso italiano spurio è percepito come avviso di formalità – figurarsi se si cominciasse a cogeminare!Marco1971 ha scritto:Chi dice /pro'Sutto/ parla male.

La miglior lingua che si possa parlare in queste regioni, a parer mio, è lo scusso italiano autoctono che naturalmente si parlerebbe. Il che comprende completa arbitrarietà con geminate, aperte, chiuse, sorde, sonore e compagnia briscola. Quel che si tende a fare, invece, è parlare una lingua ibrida, inconsistente e contraddittoria (di cui io stesso sono un triste esempio), risultato di due forze: quella popolare e quella culturale. In altri casi la scelta è dovuta esclusivamente all’uso. Per fare un esempio, formule del tipo che fai? o che dici? (squisitamente centromeridionali) vengono, perlopiú, pronunciate col raddoppio, mentre quando che sostituisce quale, la pronuncia è di norma scempia. Trovo che adottare la corretta pronunzia [al Norde], in àmbito non formale, produrrebbe il risultato di far suonare il parlante estremamente affettato, e a ragione sarebbe da considerarsi tale. Si potrebbe paragonare, anche se in misura minore, alla pronuncia British di inveterati forestierismi inglesi. Sport si pronuncia /spOrt/, non /spɔːt/.
Ehi, intendiamoci: se si parla d’arte (a meno che non sia Goldoni) il volgare toscano è d’obbligo; ma – prendendo molto [poco] rispettose distanze da chi per fini politici rivendica sciocche banderuole e identità linguistiche – piuttosto che ascoltare un italiano saltapicchiante, senza né arte né parte, preferisco sentirmi un campagnolo delle Basse padane che parla un venetasso tiglioso che puzza di polenta.
P.S. Io, per la cronaca, pronuncio /proS'Sutto/.
Vi sono cose che all’uomo perduto / la morte non perdona.
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Direi che le variazioni locali ci sono sempre state e ci saranno sempre, su questo, e sul fatto che abbiano la loro piena dignità (finché se ne capiscono i limiti) non si discute.
Poi esiste una lingua "ufficiale", con i suoi canoni, che per forza di cose non sono gli stessi di quelli "naturali" dei parlanti (o almeno non tutti).
Questo accade da ogni parte del mondo.
Ciò non toglie, secondo me, che è sempre bene spiegare le "norme" con chiarezza, che può passare anche per rigidità (ma questo dipende dall'atteggiamento, tipicamente italiano, del difendere il "che ognuno faccia come gli pare"). Solo cosí si consente a ciascuno di esprimersi "correttamente", che per me significa con cognizione – anche laddove consciamente decide di opporsi alle "regole". Come qualcuno ha citato su queste pagine poco tempo fa: "bisogna conoscere bene la regola per poterla infrangere con intelligenza".
In questo senso (e son convito che Marco intendesse questo), chi pronuncia /pro'Sutto/ parla male, senza dubbio. Ovvero, usa una pronuncia estranea all'italiano ufficiale.
Che poi sia una scelta personale dell'individuo valutare se nel contesto in cui si trova debba seguire o no certe norme, non si discute.
Ad esempio, posso capire l'argomentazione di pocoyo:
Per la stessa ragione, trovo che pronunciare in maniera scorretta in televisione (o simili) sia semplicemente incuria, punto e basta. Proprio perché non ci rivolge a un contesto linguistico limitato e omogeneo: dacché si parla agli italiani in genere, è bene seguire le norme di quella lingua che è stata scelta dagli stessi come ufficiale.
Diversamente, come dice Marco si "parla male".
Poi esiste una lingua "ufficiale", con i suoi canoni, che per forza di cose non sono gli stessi di quelli "naturali" dei parlanti (o almeno non tutti).
Questo accade da ogni parte del mondo.
Ciò non toglie, secondo me, che è sempre bene spiegare le "norme" con chiarezza, che può passare anche per rigidità (ma questo dipende dall'atteggiamento, tipicamente italiano, del difendere il "che ognuno faccia come gli pare"). Solo cosí si consente a ciascuno di esprimersi "correttamente", che per me significa con cognizione – anche laddove consciamente decide di opporsi alle "regole". Come qualcuno ha citato su queste pagine poco tempo fa: "bisogna conoscere bene la regola per poterla infrangere con intelligenza".
In questo senso (e son convito che Marco intendesse questo), chi pronuncia /pro'Sutto/ parla male, senza dubbio. Ovvero, usa una pronuncia estranea all'italiano ufficiale.
Che poi sia una scelta personale dell'individuo valutare se nel contesto in cui si trova debba seguire o no certe norme, non si discute.
Ad esempio, posso capire l'argomentazione di pocoyo:
Sicuramente potrebbe passare per affettato, cosí come lo è in ogni caso usare quelle forme corrette ma non regionali, finché si rimane ristretti al proprio ambiente. Perché se, ad esempio, io che son toscano venissi al Norde, considererebbe affettato il mio esprimersi "neutro" (per forza di cose, oltre che per scelta, non potendo usare il vostro dialetto)?Trovo che adottare la corretta pronunzia [al Norde], in àmbito non formale, produrrebbe il risultato di far suonare il parlante estremamente affettato, e a ragione sarebbe da considerarsi tale. Si potrebbe paragonare, anche se in misura minore, alla pronuncia British di inveterati forestierismi inglesi. Sport si pronuncia /spOrt/, non /spɔːt/.
Per la stessa ragione, trovo che pronunciare in maniera scorretta in televisione (o simili) sia semplicemente incuria, punto e basta. Proprio perché non ci rivolge a un contesto linguistico limitato e omogeneo: dacché si parla agli italiani in genere, è bene seguire le norme di quella lingua che è stata scelta dagli stessi come ufficiale.
Diversamente, come dice Marco si "parla male".
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«Pro[s]ciutto», «pre[s]ciutto» etc.
Questo è sicuramente vero. Ricordo peraltro che la parola ha conosciuto diverse forme nel corso della storia (la Prima Crusca, ad es., riporta solo presciutto), e che esistono da sempre (e popolarmente tuttora nella stessa Toscana) varianti con la sola -c-, a rappresentare, appunto, un /S/ scempio (il citato Scalini era fiorentinoMarco1971 ha scritto:L’unica pronuncia – conforme all’uso toscano e centromeridionale – è /proS'Sutto/: in pronuncia neutra [-S-] intervocalico è sempre geminato.

Per rispondere a Pocoyo: sono perfettamente d’accordo, e l’avevo detto nel mio primissimo intervento nell’antico foro della Crusca: ognuno si tiene la propria pronuncia nella vita quotidiana. Qui invece parlavamo di dizione e di pronuncia normativa, alla quale i doppiatori dovrebbero attenersi.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Non solo non lo farei: la considererei affettato se non vi si attenesse. Perché l’affettazione è relativa (in questo caso) all’origine del parlante, non a un sistema definito a priori. Se io fossi capace di imitare a perfezione l’inflessione toscana, travisando le mie origini, non potrei che risultare naturale (al Norde), ma sarei affettato, per cosí dire, in un senso morale.methao_donor ha scritto:Perché se, ad esempio, io che son toscano venissi al Norde, considererebbe affettato il mio esprimersi "neutro" (per forza di cose, oltre che per scelta, non potendo usare il vostro dialetto)?
Condivido poi in pieno le vostre posizioni sul doppiaggio. Mancando fini retorici o stilistici prestabiliti, la scelta di una pronuncia non stàndara è, naturalmente, scorretta. Di piú: mie sono anche le considerazioni di methao_donor sulla consapevolezza: per poter parlare bene la propria varietà d’italiano occorre conoscere la pronuncia normativa.
In conclusione, ho interpretato corrivamente il tuo messaggio, Marco. Tuttavia direi che chi pronuncia /pro'Sutto/ non parla male in assoluto. Ma un doppiatore, in sala di registrazione, sí.
Vi sono cose che all’uomo perduto / la morte non perdona.
Era proprio questo il punto, e su tutto siamo d’accordo.pocoyo ha scritto:Tuttavia direi che chi pronuncia /pro'Sutto/ non parla male in assoluto. Ma un doppiatore, in sala di registrazione, sí.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Non so nel resto del meridione, ma nella mia regione (la Campania) la pronuncia maggioritaria —a quanto mi pare— è /pro'Sutto/, seguita dalla variante (ancor piú trascurata) /pro'tSutto/. Credo che la prima sia da ricondurre all’influsso della forma dialettale prusutto/presutto.Marco1971 ha scritto:L’unica pronuncia – conforme all’uso toscano e centromeridionale – è /proS'Sutto/
Chi c’è in linea
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