«Déjà vu»
Moderatore: Cruscanti
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«Déjà vu»
Come sostituireste Déjà vu, se possibile, in questo caso:
"Tutto appariva ciclicamente identico, e i déjà vus erano all’ordine del giorno."
"Già visto", lo so, non mi sarebbe accettato, e sinceramente non mi viene in mente una soluzione valida. Inoltre, è corretta la forma plurale scritta in quel modo?
"Tutto appariva ciclicamente identico, e i déjà vus erano all’ordine del giorno."
"Già visto", lo so, non mi sarebbe accettato, e sinceramente non mi viene in mente una soluzione valida. Inoltre, è corretta la forma plurale scritta in quel modo?
Il sonno della ragione genera mostri.
Nella frase in questione, mi sembra che si potrebbe usare banalità:
Tutto appariva ciclicamente identico, e le banalità erano all’ordine del giorno.
In altri contesti, mi pare che un senso di già visto sia appropriato.
In ogni caso, in francese non si usa al plurale, e se si usasse, sarebbe invariabile, quindi niente ‘s’.
Come sostantivo, può prendere il trattino.
Tutto appariva ciclicamente identico, e le banalità erano all’ordine del giorno.
In altri contesti, mi pare che un senso di già visto sia appropriato.
In ogni caso, in francese non si usa al plurale, e se si usasse, sarebbe invariabile, quindi niente ‘s’.
Come sostantivo, può prendere il trattino.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Non credo che mi sarebbe accettato "banalità", in effetti si vuole proprio calcare il concetto di già visto/già accaduto.
O meglio, una sequenza di ripetizioni di fatti letteralmente già accaduti.
O meglio, una sequenza di ripetizioni di fatti letteralmente già accaduti.
Quindi "i dejà-vú erano all'ordine del giorno"? O sarebbe meglio: "quindi il dejà-vú era all'ordine del giorno"?In ogni caso, in francese non si usa al plurale, e se si usasse, sarebbe invariabile, quindi niente ‘s’.
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Di nulla!
Comunque, vedo ora in uno dei miei dizionari bilingui, il Boch, che la traduzione data è proprio banalità (cosí anche nel bilingue Garzanti). C’est du déjà vu –> Non è una novità.

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Non avevo controllato nel Treccani! In senso psicologico, insomma, si potrebbe adoperare paramnesia:
déjà-vu locuz. fr. (propr. «già visto»), usata in ital. come s. m. e agg. – 1. s. m. In psicologia, tipo di paramnesia (detta anche falso riconoscimento) consistente nella sensazione illusoria di aver già visto una certa immagine o addirittura di aver già vissuto (déjà vécu) una determinata situazione, anche se la circostanza può essere razionalmente e facilmente smentita; è dovuta per lo più a immagini elaborate in passato sotto l’influsso, per es., di letture ed evocate in forma di ricordo, o più in generale come ricordo di fantasie inconsce. 2. Che richiama alla mente cose già viste, già vissute e sperimentate, spec. con riferimento a manifestazioni artistiche, a mode e tendenze prive di originalità, identiche ad altre precedentemente viste.
Francamente, per me è snobbistica quest’espressione cosí semplice, che renderei italiana a tutti gli effetti col calco giavvisto – ovviamente invariabile, anche se si dovesse usare al plurale.
déjà-vu locuz. fr. (propr. «già visto»), usata in ital. come s. m. e agg. – 1. s. m. In psicologia, tipo di paramnesia (detta anche falso riconoscimento) consistente nella sensazione illusoria di aver già visto una certa immagine o addirittura di aver già vissuto (déjà vécu) una determinata situazione, anche se la circostanza può essere razionalmente e facilmente smentita; è dovuta per lo più a immagini elaborate in passato sotto l’influsso, per es., di letture ed evocate in forma di ricordo, o più in generale come ricordo di fantasie inconsce. 2. Che richiama alla mente cose già viste, già vissute e sperimentate, spec. con riferimento a manifestazioni artistiche, a mode e tendenze prive di originalità, identiche ad altre precedentemente viste.
Francamente, per me è snobbistica quest’espressione cosí semplice, che renderei italiana a tutti gli effetti col calco giavvisto – ovviamente invariabile, anche se si dovesse usare al plurale.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Sí, nel senso psicologico credo che "paramnesia" dovrebbe anzi essere il termine nell'uso.
Anch'io, Marco, eviterei di usare déjà-vu in altri contesti; in generale, poi, dei francesismi faccio a meno ancor piú volentieri che degli anglicismi, visto che, non conoscendo il francese, mi costringerebbero ogni volta a controllare la grafia e la pronuncia.
Purtroppo, in genere queste considerazioni non si fanno.
Anch'io, Marco, eviterei di usare déjà-vu in altri contesti; in generale, poi, dei francesismi faccio a meno ancor piú volentieri che degli anglicismi, visto che, non conoscendo il francese, mi costringerebbero ogni volta a controllare la grafia e la pronuncia.
Purtroppo, in genere queste considerazioni non si fanno.

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Re: «Déjà vu»
Io lo ho tradotto come giavuto (parola formata con già più avuto)
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Re: «Déjà vu»
A parte il fatto che le parole macedonia sono davvero poco italiane, ma perché mai «già avuto»? Semmai, «già visto» o, come proponeva Marco sopra, univerbando, giavvisto.
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Re: «Déjà vu»
Perché quando si prova si ha come una sensazione di aver già avuto a che fare con quell'esperienza (esperienza personale).
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Re: «Déjà vu»
Ma, fuor di contesto, già avuto non ha quel significato; semmai, già provato/sperimentato, ma allora molto meglio il letterale già visto.
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