Per le strade si sente dire molto piú spesso computer che calcolatore/elaboratore, ecc. La tendenza non è solo dei giornalisti, è generale.
P.S. Non è utile riportare l’intero messaggio al quale si risponde quando è leggibile appena sopra.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Comunque computer e outsourcing sono ben diversi. Solo lei e pochi altri si rifiutano di usare computer, mentre nessuno viene guardato strano se usa esternalizzazione.
Freelancer ha scritto:Solo lei e pochi altri si rifiutano di usare computer…
Bah, molti professori universitari —per primi i professori d’Informatica dei politecnici di Milano e Torino— usano calcolatore, e non suscitano alcuna ilarità.
E le dirò di piú: il vocabolo non è confinato all’àmbito accademico; abbiamo calcolatore anche in questa recentissima [e nota] guida all’uso di LaTeX.
Ultima modifica di Decimo in data mer, 10 nov 2010 22:14, modificato 1 volta in totale.
V’ha grand’uopo, a dirlavi con ischiettezza, di restaurar l’Erario nostro, già per somma inopia o sia di voci scelte dal buon Secolo, o sia d’altre voci di novello trovato.
Decimo ha scritto:Bah, molti professori universitari —per primi i professori d’Informatica dei politecnici di Milano e Torino— usano calcolatore, e non suscitano alcuna ilarità.
Ma il Politecnico di Torino non è quello in cui hanno istituito corsi di laurea in lingua inglese?
V’ha grand’uopo, a dirlavi con ischiettezza, di restaurar l’Erario nostro, già per somma inopia o sia di voci scelte dal buon Secolo, o sia d’altre voci di novello trovato.
Lei segue i corsi universitari di questi professori e gli ha sentito dire immancabilmente calcolatore? Ha registrato le loro conversazioni private quando parlano del loro PC e gli ha sentito sempre dire calcolatore?
Decimo le risponderà quando potrà. Io, per me, voglio chiederle: perché contesta il fatto che, in moltissimi casi, l’anglicismo è piú comune e diffuso del corrispondente termine italiano (quando esiste)?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Per le strade si sente dire molto piú spesso computer che calcolatore/elaboratore, ecc. La tendenza non è solo dei giornalisti, è generale.
Sicuramente tale situazione scoraggiante non è aiutata da politici che sembrano di preferire l'anglicismo all'equivalente italiano. Il termine "welfare" spesso mi faceva arrabbiare molto.
Infarinato ha scritto:…a rigore outsource significa «subappaltare il lavoro ad altri», e quindi outsourcing è esternalizzazione (o anche deverticalizzazione, ma mi sembra un traducente meno trasparente), nondelocalizzazione.
Delocalizzare può essere un modo di esternalizzare, ma concettualmente sono due cose distinte.
Marco1971 ha scritto:Decimo le risponderà quando potrà. Io, per me, voglio chiederle: perché contesta il fatto che, in moltissimi casi, l’anglicismo è piú comune e diffuso del corrispondente termine italiano (quando esiste)?
Non lo contesto ma non vedo motivo di stracciarsi le vesti, perché tanti usano pure esternalizzare e derivati e penso che continueranno a usarlo.
Freelancer ha scritto:Non lo contesto ma non vedo motivo di stracciarsi le vesti, perché tanti usano pure esternalizzare e derivati e penso che continueranno a usarlo.
Per il verbo sí, senz’altro, perché non sarebbe possibile dire outsource (la morfologia verbale sarà l’ultima a cadere, ma ci arriveremo: io outsource, tu outsource, egli outsource, noi outsource, voi outsource, essi outsource). Per il sostantivo, invece, le attestazioni sulle quali ci possiamo fondare mettono in rilievo il predominio della voce straniera.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Marco1971 ha scritto:Per il verbo sí, senz’altro, perché non sarebbe possibile dire outsource (la morfologia verbale sarà l’ultima a cadere, ma ci arriveremo: io outsource, tu outsource, egli outsource, noi outsource, voi outsource, essi outsource).
Dario90 ha scritto:Sicuramente tale situazione scoraggiante non è aiutata da politici che sembrano di preferire l'anglicismo all'equivalente italiano.
Gentile Dario90, lei certo non si avrà a male se le segnalo quest’errore: sembrare e parere prendono di + infinito solo quando sono usati con soggetto impersonale:
(1) Mi sembra/par(e) di sognare.
(2) Gli sembra/pare di essere su un altro pianeta.
Se invece c’è un soggetto espresso, il di è soppresso:
(3) ...politici che sembrano _ preferire l’anglicismo...
(4) Gianni mi sembra _ star bene.
(5) I miei fratelli sembrano _ aver trovato un accordo.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.