«Stare all’impiedi»
Moderatore: Cruscanti
«Stare all’impiedi»
Ce ne parla Matilde Paoli.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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- Iscritto in data: dom, 23 ott 2011 22:37
Grazie per quest'interessante articolo. Non ero a conoscenza dell'espressione stare all'impiedi. E mi stupisco che sia usata (seppur poco) a Firenze.
Non vorrei sviare il discorso, ma volevo far notare una cosa: nell'articolo da lei citato si legge «non ci si può riferire cioè a argomenti». Spesso si suggerisce di non inserire la d eufonica tra vocali diverse (o comunque non è necessaria), e questo potrebbe portare alla fine a ipercorrettismi, come attesta questa citazione (a meno che non si tratti d'un refuso), in cui non s'inserisce la d eufonica, in questo caso, secondo me, necessaria affinché il testo sia più leggibile.
Non vorrei sviare il discorso, ma volevo far notare una cosa: nell'articolo da lei citato si legge «non ci si può riferire cioè a argomenti». Spesso si suggerisce di non inserire la d eufonica tra vocali diverse (o comunque non è necessaria), e questo potrebbe portare alla fine a ipercorrettismi, come attesta questa citazione (a meno che non si tratti d'un refuso), in cui non s'inserisce la d eufonica, in questo caso, secondo me, necessaria affinché il testo sia più leggibile.
Sulla d eufonica (o, come la chiamo io, disfonica
), veda qui. 
Manzoni le tolse quasi tutte nella revisione dei Promessi Sposi. Andrebbe usata con molta parchezza e esclusivamente (;)) davanti alla stessa vocale (tranne in ad esempio, per distinguerla da [prendere] a esempio).


Manzoni le tolse quasi tutte nella revisione dei Promessi Sposi. Andrebbe usata con molta parchezza e esclusivamente (;)) davanti alla stessa vocale (tranne in ad esempio, per distinguerla da [prendere] a esempio).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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All'impiedi, per me, ha sempre avuto un "sapore" popolare o dialettale: non mi è mai piaciuto, quindi.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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- Iscritto in data: dom, 23 ott 2011 22:37
La ringrazio del collegamento e della precisazione. In ogni modo io la uso soltanto se le due vocali sono uguali, il che vuol dire usarla piuttosto poco, dato che l'incontro di due vocali uguali non è frequentissimo (anche da un punto di vista probabilistico!).Marco1971 ha scritto:Sulla d eufonica (o, come la chiamo io, disfonica), veda qui.
Manzoni le tolse quasi tutte nella revisione dei Promessi Sposi. Andrebbe usata con molta parchezza e esclusivamente (;)) davanti alla stessa vocale (tranne in ad esempio, per distinguerla da [prendere] a esempio).
- Ferdinand Bardamu
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Personalmente, l'avverto connotata non solo diastraticamente, ma anche diatopicamente: può essere una distorsione personale (ma i risultati dell'inchiesta LinCi citata nell'articolo sembrano conferare questa mia impressione), ma credo ricorra soprattutto tra i parlanti meridionali.
Non fa comunque parte nemmeno del mio idioletto.
Non fa comunque parte nemmeno del mio idioletto.
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