Ad oggi

Spazio di discussione su questioni di carattere sintattico

Moderatore: Cruscanti

edoram
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Ad oggi

Intervento di edoram »

Buon giorno a tutti, mi chiedevo in questi giorni se l'spressione "ad oggi" potesse essere usata alla stregua di "a tutt'oggi".
Es. "Ad oggi, nessuno ancora l'ha trovato"

O se invece richieda sempre un "da" che lo preceda.
Es. "Dalla fine dell'ottocento ad oggi".

Grazie.
Non voglio essere capito, voglio essere; capito?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

La locuzione a(d) oggi si trova registrata nel Battaglia accanto a a tutt’oggi, ma i soli due esempi dati sono di Cecchi, segno che non è ben documentata fra gli scrittori seri. Non ho avuto tempo di percorrere per intero il mio archivio letterario; limitandomi a Otto e Novecento, non ne ho trovato traccia (ricorre soprattutto in fino/sino a(d) oggi). Conclusione provvisoria: è consigliabile attenersi a a tutt’oggi.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
edoram
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Intervento di edoram »

Gentile Marco,
come sempre grazie per celerità e precisione.

Ho fatto una breve ricerca e ho trovato una documentazione di -ad oggi- proprio nelle pagine di questa piazza, niente di meno che del saggio Infarinato :)
[...]si ricordi sempre che le opere piú grandi della nostra letteratura [ad oggi] sono state scritte da «cadaveri»[...]
Noto però che ha usato le parentesi quadre. Forse se l'autore della citazione sta leggendo può darmi delucidazioni in merito? ;)

Grazie.
Non voglio essere capito, voglio essere; capito?
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

:shock:

Non so che dirle… Aborro la [burocraticissima] locuzione ad oggi nel senso di «a tutt’oggi» o, peggio ancora, in quello del semplice «oggi»!! (Di questi tempi sembra che gl’italiani non riescano piú a dire oggi senza farlo precedere da un ad. :roll:)

Forse m’è rimasto nella penna, cioè nelle dita, un fino, o forse [piú probabilmente] avevo in testa un’altra frase, che poi ho «girato»… :oops:
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Infarinato ha scritto:Forse m’è rimasto nella penna, cioè nelle dita, un fino...
Io non ci vedo niente di male in queste forme ellittiche: [fino] a oggi; a [tutt']oggi.

Può portarci qualche documentazione che si tratta di espressione mutuata dallo stile burocratico? [Domanda senza il minimo intento polemico... :) ]
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

No, nessuna documentazione, purtroppo, e potrebbe anche trattarsi di politichese o di qualche altro linguaggio settoriale anziché di burocratese.

Di fatto, è un’espressione recente (la sento e la vedo scritta solo da qualche anno a questa parte) e, come ci ricordava Marco qui sopra, non ha attestazioni di rilievo nella nostra letteratura.

D’una cosa, poi, dubito: che si tratti d’un’ellissi (al massimo di fino a[d] oggi, certo non di a tutt’oggi). Ma mi sa troppo di formula giuridico-burocratica. E, poi, visto l’abuso che se ne fa oggi (altri avrebbe scritto *ad oggi), anche fosse dei piú nobili natali, finirebbe col rientrare de iure nella pollidoriana «lingua di plastica».
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Infarinato ha scritto: ...(altri avrebbe scritto *ad oggi)...
Beh, certo, usata in questo contesto l'espressione è proprio da evitare. Ma nel significato di 'fino ad oggi' [e quindi, perché no?, 'a tutt'oggi'] e non di 'oggi' mi sembra accettabile.

Sono d'accordo che non se ne debba abusare, non solo perché le manca il sangue blu, ma perché l'uso eccessivo le farebbe perdere quel senso di snellezza che dà alla locuzione.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Marco1971 ha scritto:La locuzione a(d) oggi si trova registrata nel Battaglia accanto a a tutt’oggi, ma i soli due esempi dati sono di Cecchi, segno che non è ben documentata fra gli scrittori seri.
Aggiungo questa postilla solo per chiarire chi fosse Emilio Cecchi.

Traggo la citazione dalla voce omonima del Grande Dizionario Enciclopedico della casa editrice UTET (1984-1991). La voce è stata compilata da Giorgio Barberi-Squarotti all'epoca professore ordinario di Letteratura italiana all'Università di Torino.
Uno dei maggiori prosatori contemporanei, un maestro perfetto di stile che si è ugualmente espresso con un'alta raffinatezza, che sembra tuttavia sempre naturale, facile, lieve...
Tra l'altro Emilio Cecchi ha ideato e diretto, insieme a Natalino Sapegno, una pregevole Storia della letteratura italiana.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Certo, caro bubu7, ma il punto è un altro: chiunque aspiri a scriver bene si dovrebbe attenere alla tradizione e evitare il piú possibile espressioni abusate. Dalle nostre ricerche ricaviamo che di ad oggi c’è un solo esempio letterario, del Novecento. Per quanto Cecchi fosse «un maestro perfetto di stile», questa sola attestazione non mi sembra sufficiente a legittimarne l’uso in bello stile. Che, come forma ellittica di fino ad oggi, si possa usare in taluni casi per brevità, è un altro discorso…
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Ferdinand Bardamu ha scritto: Certo, caro bubu7, ma il punto è un altro: chiunque aspiri a scriver bene si dovrebbe attenere alla tradizione e evitare il piú possibile espressioni abusate.
Io la sfumerei un po' di più quest'affermazione: la tradizione deve essere uno dei punti di riferimento ma, per scrivere bene, non si possono trascurare gli stimoli provenienti dal mondo contemporaneo.

Pensi a Dante e a quanto nella sua lingua era legato alla quotidianità e alla tradizione.

Se non ci poniamo in questa posizione dialettica rischiamo di rendere un pessimo servizio alla nostra amata lingua.

Ma di questo se n'è parlato già tanto e in maniera, direi, esauriente in molte discussioni fossili di questa piazza (riprendendo una scherzosa definizione di Animo Grato :) ).
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Intervento di PersOnLine »

Quindi sarebbe da evitare persino in frasi come: dalla fine dell'ottocento a(d) oggi (in questo caso la -d mi sembra cacofonica)?
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Ovviamente, no («d eufonica» a parte): ci riferivamo soltanto alla polirematica ad oggi = «a tutt’oggi» (quando non addirittura *«oggi»). ;)
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

bubu7 ha scritto:Io la sfumerei un po' di più quest'affermazione: la tradizione deve essere uno dei punti di riferimento ma, per scrivere bene, non si possono trascurare gli stimoli provenienti dal mondo contemporaneo.
Chiarissimo: codesto metodo non si può non condividere. Tuttavia, nel caso specifico di cui discutiamo, direi che di ad oggi si può fare a meno, giacché fino ad oggi è piú che sufficiente a esprimere lo stesso concetto. Ciò non significa che ad oggi sia, in sé, da riprovare come un settimana prossima o un piuttosto che disgiuntivo, ovviamente.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Ferdinand Bardamu ha scritto: Tuttavia, nel caso specifico di cui discutiamo, direi che di ad oggi si può fare a meno, giacché fino ad oggi è piú che sufficiente a esprimere lo stesso concetto.
Mah, visto che l'espressione è abbastanza diffusa, direi che invece oggi i parlanti sentono la necessità di alternare l'espressione classica con la formula brachilogica.

Il fatto che fino ad oggi esprima lo stesso concetto non è sufficiente per valutare la bontà d'un'innovazione. In conclusione non mi sento di censurarla a meno che non venga usata nel significato di 'oggi'.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Che cosa intende con «abbastanza diffusa»? Io, a dir la verità, l’ho piú letta che sentita (e anche in questo caso abbastanza raramente), in genere in testi di persone che, con questa locuzione, vorrebbero «nobilitare» la loro prosa, piú che snellirla. La mia impressione, che coincide con quella d’Infarinato, è che si tratti spesso d’un tecnicismo collaterale, per cosí dire, forse mutuato da un (ab)uso burocratico.

In ogni caso, se l’intento è effettivamente quello di esser brevi, non ho, personalmente, alcun motivo di censurare ad oggi, che con tal funzione potrebbe avere una ragion d’essere. Ma io non l’userei comunque, perché mi piace esser prolisso. :D
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