Questo notch dovrebbe significare «tacca» e quindi si potrebbe parlare semplicemente di «scalino». Ma evidentemente gli analisti (raters?) non sono d'accordo...Il Televideo Rai del 16 gennaio ha scritto:Entro fine gennaio "due notch di downgrading sono una delle possibili opzioni" per il rating dell'Italia. Lo ha detto il senior director di Fitch, Settepani, a margine dell'European credit outlook 2012.
Per la valutazione del rating italiano uno dei fattori che saranno presi in considerazione sarà il "fiscal compart" e la tempistica con la quale si troverà una soluzione alla crisi del debito.
Un altro analista Fitch, David Riley, ritiene che il rischio default per l'Italia sia "molto basso". Tuttavia, secondo Edward Parker, analista Fitch, "l'Italia è troppo grande per fallire e un default non è nelle nostre aspettative"
«Notch»
Moderatore: Cruscanti
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Altro testo scritto in un italiano surreale, questa volta è una pagina del Televideo Rai del mese scorso (in rosso i forestierismi).
Propongo questa versione.
Ma fiscal compart se lo sono inventati: Google dà un centinaio di risultati, che sono tutti questa stessa frase.
Entro fine gennaio “due gradini di declassamento sono una delle possibili opzioni” per il classamento creditizio dell’Italia. Lo ha detto il direttore superiore di Fitch, Settepani, a margine delle previsioni del credito europeo 2012.
Per la valutazione del classamento creditizio italiano uno dei fattori che saranno presi in considerazione sarà il “fiscal compart” [?] e la tempistica con la quale si troverà una soluzione alla crisi del debito.
Un altro analista Fitch, David Riley, ritiene che il rischio predefinito per l’Italia sia “molto basso”. Tuttavia, secondo Edward Parker, analista Fitch, “l’Italia è troppo grande per fallire e un valore predefinito non è nelle nostre aspettative”.
Che ne pensate?

Entro fine gennaio “due gradini di declassamento sono una delle possibili opzioni” per il classamento creditizio dell’Italia. Lo ha detto il direttore superiore di Fitch, Settepani, a margine delle previsioni del credito europeo 2012.
Per la valutazione del classamento creditizio italiano uno dei fattori che saranno presi in considerazione sarà il “fiscal compart” [?] e la tempistica con la quale si troverà una soluzione alla crisi del debito.
Un altro analista Fitch, David Riley, ritiene che il rischio predefinito per l’Italia sia “molto basso”. Tuttavia, secondo Edward Parker, analista Fitch, “l’Italia è troppo grande per fallire e un valore predefinito non è nelle nostre aspettative”.
Che ne pensate?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
- Sandro1991
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- GianDeiBrughi
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Per default suggerirei bancarotta o insolvenza, mi sembra venga inteso nell'accezione più originaria, derivante, almeno stando a wiktionary (o_o), dal francese antico defaute.
Per il resto grazie per avermi finalmente fatto capire il significato di uno di questi articoli. Il fatto è che non solo i giornalisti non riescono a tradurre le parole straniere, ma ancora peggio le usano assai a sproposito.
Mi sa che oltre a guardare i notiziari alla televisione direttamente in inglese per capirci qualcosa, tra un po' mi toccherà anche leggere le notizie in inglese.
Per il resto grazie per avermi finalmente fatto capire il significato di uno di questi articoli. Il fatto è che non solo i giornalisti non riescono a tradurre le parole straniere, ma ancora peggio le usano assai a sproposito.
Mi sa che oltre a guardare i notiziari alla televisione direttamente in inglese per capirci qualcosa, tra un po' mi toccherà anche leggere le notizie in inglese.

Ah, no! Ha ragione lei, Sandro! È fiscal compact, ossia patto fiscale europeo. 

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Però mi sembra che in inglese ci sia una differenza di significato tra bankrupcy, insolvency e default.GianDeiBrughi ha scritto:Per default suggerirei bancarotta o insolvenza, mi sembra venga inteso nell'accezione più originaria, derivante, almeno stando a wiktionary (o_o), dal francese antico defaute.
Eh già...GianDeiBrughi ha scritto:Il fatto è che non solo i giornalisti non riescono a tradurre le parole straniere, ma ancora peggio le usano assai a sproposito.
Sarebbe meno ridicolo e avvilente scrivere e leggere direttamente in inglese anziché assalire in questo modo la lingua italiana.GianDeiBrughi ha scritto:Mi sa che oltre a guardare i notiziari alla televisione direttamente in inglese per capirci qualcosa, tra un po' mi toccherà anche leggere le notizie in inglese.
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fiscal compact > patto di bilancio
Aggiungo che fiscal compact, termine con cui si fa riferimento al “nuovo trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'unione economica e monetaria” viene chiamato patto di bilancio nelle versioni italiane dei documenti sul sito del Consiglio europeo.
Fonti:
http://www.european-council.europa.eu/h ... 2)?lang=en (inglese) e
http://www.european-council.europa.eu/h ... 2)?lang=it (italiano)
Fonti:
http://www.european-council.europa.eu/h ... 2)?lang=en (inglese) e
http://www.european-council.europa.eu/h ... 2)?lang=it (italiano)
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default
A proposito di default, spero di poter esprimere un punto di vista diverso senza attirare eccessivi strali
.
Sono la prima ad essere perplessa dall’abuso delle parole inglesi in italiano (ad esempio, proprio oggi nel mio blog criticavo la presenza di blizzard in molti titoli di quotidiani online), però non si può ignorare che il termine default è ormai entrato nel vocabolario di chiunque in Italia si tenga minimamente informato. Il vantaggio del prestito è ovviamente il suo valore monosemico, che consente di identificare il concetto in modo univoco, a differenza di eventuali “traduzioni” che possono risultare ambigue perché non sono sufficientemente specifiche o perché denotano concetti diversi. A questo punto non credo sia più proponibile sostituire un termine che si è diffuso rapidamente, è largamente condiviso e il cui significato è facilmente reperibile, perché qualsiasi soluzione alternativa penalizzerebbe la comunicazione.

Sono la prima ad essere perplessa dall’abuso delle parole inglesi in italiano (ad esempio, proprio oggi nel mio blog criticavo la presenza di blizzard in molti titoli di quotidiani online), però non si può ignorare che il termine default è ormai entrato nel vocabolario di chiunque in Italia si tenga minimamente informato. Il vantaggio del prestito è ovviamente il suo valore monosemico, che consente di identificare il concetto in modo univoco, a differenza di eventuali “traduzioni” che possono risultare ambigue perché non sono sufficientemente specifiche o perché denotano concetti diversi. A questo punto non credo sia più proponibile sostituire un termine che si è diffuso rapidamente, è largamente condiviso e il cui significato è facilmente reperibile, perché qualsiasi soluzione alternativa penalizzerebbe la comunicazione.
Re: default
L'Hazon traduce default (nel senso commerciale) con inadempienza.Terminologia etc ha scritto:non si può ignorare che il termine default è ormai entrato nel vocabolario di chiunque in Italia si tenga minimamente informato. Il vantaggio del prestito è ovviamente il suo valore monosemico, che consente di identificare il concetto in modo univoco, a differenza di eventuali “traduzioni” che possono risultare ambigue
Re: default
Ma certo, lasciamoci trascinare dalla corrente, finché parrà normale a tutti il testo futuristico che scrissi qualche anno fa e che forse a lei parrà quasi normale...Terminologia etc ha scritto:A questo punto non credo sia più proponibile sostituire un termine che si è diffuso rapidamente, è largamente condiviso e il cui significato è facilmente reperibile, perché qualsiasi soluzione alternativa penalizzerebbe la comunicazione.
No. Mi dispiace, ma il suo ragionamento non mi sembra ricevibile da un punto di vista logico. La polisemia non ha mai creato difficoltà di comunicazione. Oppure c’è da credere che gli anglosassoni, che tra le centinaia di accezioni di set sia come verbo sia come sostantivo capiscono al volo dal contesto di che si parla, siano piú intelligenti di noi.
Tutto questo deriva da una distorta visione di che cosa sono le lingue. Il lavaggio del cervello che vi (dico ‘vi’ perché io vivo all’estero e quindi mi salvo dalla contaminazione) propinano quotidianamente gli andicappati della lingua, per radio e per televisione e attraverso i giornali, conduce a queste conclusioni, senza prima riflettere sull’assoluta inutilità d’una parola come default.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
- Ferdinand Bardamu
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Re: default
Mi spiace, ma non sono affatto d’accordo. Il vocabolario di chi si tiene informato è costruito a partire dal lessico dei mezzi d’informazione. Se questi prendono a scrivere finalmente in italiano, il cittadino informato, «magicamente», parlerà italiano. La mentalità dei giornalisti può e deve essere cambiata.Terminologia etc ha scritto:Sono la prima ad essere perplessa dall’abuso delle parole inglesi in italiano (ad esempio, proprio oggi nel mio blog criticavo la presenza di blizzard in molti titoli di quotidiani online), però non si può ignorare che il termine default è ormai entrato nel vocabolario di chiunque in Italia si tenga minimamente informato.
Lo svantaggio, invece, è la totale opacità morfologica e semantica. Tant’è che chi si tiene minimamente informato – ma non sa l’inglese e non è addentro al mondo dell’economia – deve ricorrere a una ricerca. Per carità, con la sovrabbondanza di dizionari in Rete, il problema è aggirabile in poco tempo. Usare parole italiane, però, potrebbe evitare questa noia. Inadempienza (citato sopra da Carnby, vedi anche il Treccani in linea, s.v.), per esempio, mi sembra soddisfaccia da un lato il bisogno di un significato chiaramente identificabile, dall’altro quello della trasparenza morfo-semantica.Terminologia etc ha scritto:Il vantaggio del prestito è ovviamente il suo valore monosemico, che consente di identificare il concetto in modo univoco, a differenza di eventuali “traduzioni” che possono risultare ambigue perché non sono sufficientemente specifiche o perché denotano concetti diversi. A questo punto non credo sia più proponibile sostituire un termine che si è diffuso rapidamente, è largamente condiviso e il cui significato è facilmente reperibile, perché qualsiasi soluzione alternativa penalizzerebbe la comunicazione.
- Infarinato
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Re: default
Il termine giuridico (prim’ancora che economico) corretto in italiano è [stato di] insolvenza (ormai disusato: [stato di] decozione): inadempienza (anche inadempimento) è, stricto sensu, un iperonimo [su tutto questo si veda, ad es., lo stesso Treccani].Ferdinand Bardamu ha scritto:Inadempienza (citato sopra da Carnby, vedi anche il Treccani in linea, s.v.), per esempio, mi sembra soddisfaccia da un lato il bisogno di un significato chiaramente identificabile, dall’altro quello della trasparenza morfo-semantica.
Ma, siccome ciò generalmente prelude al fallimento, nel linguaggio comune [lege: non specialistico] s’è sempre detto bancarotta.
Ultima modifica di Infarinato in data gio, 09 feb 2012 11:43, modificato 1 volta in totale.
- GianDeiBrughi
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Re: default
Ma guardi, senza tanti strali e polemiche, le dico francamente che anche io fino a qualche tempo fa avrei accettato e compreso un ragionamento come il suo. Poi mi resi conto che queste parole straniere privano la lingua non tanto della sua bellezza, ma soprattutto della sua efficienza come strumento di comunicazione. Parlo di efficienza di comunicazione poiché, come come è apparso evidente in questa discussione, è chiaro che diverse delle parole impiegate a capriccio dai paragiornalistodi italiani spesso nella lingua da cui provengono hanno accezioni abbastanza divergenti.Terminologia etc ha scritto:A proposito di default, spero di poter esprimere un punto di vista diverso senza attirare eccessivi strali.
Così si assimilano questi vocaboli in contesti particolari e si associano ad essi i significati che lì avevano assunto. Poi la moda cambia e il vocabolo, con cui si era presa familiarità, rispunta fuori, stavolta con un significato ancora diverso. E poi non ci si capisce più nulla. O almeno sarò io che sono un po' ottuso, ma a me succede proprio questo.

Preciso che non sono né un estremista né un purista, anzi mi sento più vicino all'uomo della strada che al letterato. Né sono contro l'uso dei prestiti stranieri quando la comunicazione la aiutano. Come nel caso di "katana" per "spada giapponese" o "vodka" per "acquavite russa", o l'uso in rete di "e-mail" o "home" se in certi contesti è giustificato da motivi di spazio o di resa grafica.
Invece "default" per me è uno di quei vocaboli che non facilita la comprensione, ma la ostacola, dal momento che in italiano ci sono non una, non due, ma almeno tre o quattro parole per rendere le varie sfumature e comunicare efficientemente quel che si vuol dire.

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Consentitemi di rispondere sottolineando che mi ero limitata a descrivere (non a difendere) una situazione.
Innanzitutto, forse è utile fare una distinzione tra parole (lessico comune), elementi che fanno parte del vocabolario condiviso dalla maggior parte dei parlanti, e termini (lessico specifico), elementi che fanno parte della terminologia di un settore specializzato.
In questo senso, in inglese set è una parola, come è una parola notch. In italiano, invece, per ora default è ancora un termine di un linguaggio specialistico. Cito la definizione elaborata dalla redazione di Lingua italiana del Portale Treccani:
default – Nel linguaggio finanziario, condizione di insolvenza di una banca o di un paese nei confronti di obbligazioni o debiti; per estensione, fallimento: dichiarare default.
È questo che intendo per valore monosemico: in italiano default viene riconosciuto come termine che descrive una condizione particolare che riguarda in modo specifico una banca o un paese, un concetto quindi più “ristretto” degli eventuali iperonimi inadempienza o insolvenza (o degli altri concetti che in inglese sono denominati da default). Il mio punto di vista è in questo diverso da quello di GianDeiBrughi:
Ferdinand Bardamu dice
Mi scuso per questa mia prolissità, ma mi preme sottolineare che nei linguaggi specialistici funzionano meccanismi diversi da quelli del lessico comune. In terminologia, l’acquisizione di un elemento con caratteristiche estranee al sistema lessicale, ad esempio, raramente presenta difficoltà e il prestito può risultare una soluzione più efficace e più “economica” rispetto a locuzioni italiane più lunghe e meno precise. Le scelte terminologiche di un settore specializzato andrebbero criticate analizzandole all’interno del relativo sistema sistema concettuale, non soffermandosi su un termine isolato che sta entrando nel linguaggio comune con un processo di determinologizzazione.
Concludo dicendo che sono completamente d’accordo con Marco1971 che la polisemia non ha mai rappresentato alcun problema nel lessico comune. Le difficoltà di comunicazione possono insorgere se si privilegiano parole anche formalmente più corrette ma non condivise dalla maggior parte dei parlanti, oppure se si usano termini in maniera impropria.
Un’ultima nota, European Credit Outlook 2012 è un nome proprio, quindi non andrebbe tradotto (“la conferenza European Credit Outlook 2012”).
Grazie a chi ha avuto la pazienza di leggermi fin qui.
Innanzitutto, forse è utile fare una distinzione tra parole (lessico comune), elementi che fanno parte del vocabolario condiviso dalla maggior parte dei parlanti, e termini (lessico specifico), elementi che fanno parte della terminologia di un settore specializzato.
In questo senso, in inglese set è una parola, come è una parola notch. In italiano, invece, per ora default è ancora un termine di un linguaggio specialistico. Cito la definizione elaborata dalla redazione di Lingua italiana del Portale Treccani:
default – Nel linguaggio finanziario, condizione di insolvenza di una banca o di un paese nei confronti di obbligazioni o debiti; per estensione, fallimento: dichiarare default.
È questo che intendo per valore monosemico: in italiano default viene riconosciuto come termine che descrive una condizione particolare che riguarda in modo specifico una banca o un paese, un concetto quindi più “ristretto” degli eventuali iperonimi inadempienza o insolvenza (o degli altri concetti che in inglese sono denominati da default). Il mio punto di vista è in questo diverso da quello di GianDeiBrughi:
Da un punto di vista terminologico, il problema delle alternative italiane a default è proprio che sono troppe. A differenza del linguaggio comune, nei linguaggi specialistici ogni concetto andrebbe identificato in modo univoco da un unico termine, cercando di evitare eventuali sinonimi (perlomeno in teoria!), come condizione per garantire una corretta comprensione.Invece "default" per me è uno di quei vocaboli che non facilita la comprensione, ma la ostacola, dal momento che in italiano ci sono non una, non due, ma almeno tre o quattro parole per rendere le varie sfumature e comunicare efficientemente quel che si vuol dire.
Ferdinand Bardamu dice
È un’obiezione che condivido per le parole del lessico comune (perché dire blizzard se si può parlare di tormenta o tempesta di neve?) ma qui stiamo discutendo di un termine. Non credo sia una questione di conoscere l’inglese: se non si ha familiarità con un linguaggio specialistico anche i termini morfologicamente e semanticamente trasparenti possono richiedere una ricerca (non tutti, ad esempio, potrebbero riconoscere il significato di sovraordinato e iperonimo).Lo svantaggio, invece, è la totale opacità morfologica e semantica. Tant’è che chi si tiene minimamente informato – ma non sa l’inglese e non è addentro al mondo dell’economia – deve ricorrere a una ricerca.
Mi scuso per questa mia prolissità, ma mi preme sottolineare che nei linguaggi specialistici funzionano meccanismi diversi da quelli del lessico comune. In terminologia, l’acquisizione di un elemento con caratteristiche estranee al sistema lessicale, ad esempio, raramente presenta difficoltà e il prestito può risultare una soluzione più efficace e più “economica” rispetto a locuzioni italiane più lunghe e meno precise. Le scelte terminologiche di un settore specializzato andrebbero criticate analizzandole all’interno del relativo sistema sistema concettuale, non soffermandosi su un termine isolato che sta entrando nel linguaggio comune con un processo di determinologizzazione.
Concludo dicendo che sono completamente d’accordo con Marco1971 che la polisemia non ha mai rappresentato alcun problema nel lessico comune. Le difficoltà di comunicazione possono insorgere se si privilegiano parole anche formalmente più corrette ma non condivise dalla maggior parte dei parlanti, oppure se si usano termini in maniera impropria.
Un’ultima nota, European Credit Outlook 2012 è un nome proprio, quindi non andrebbe tradotto (“la conferenza European Credit Outlook 2012”).
Grazie a chi ha avuto la pazienza di leggermi fin qui.
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