Mi unisco al coro di ringraziamenti per il bell’intervento di
amicus. Ringrazio anche la sua depressione domenicale che ha esasperato il suo pessimismo facendogli dire cose che, probabilmente, non sarebbe disposto a confermare a mente lucida. Comunque il suo sfogo mi fornisce un utile contraddittorio per esprimere il mio parere.
Tanto per cominciare è sempre utile tenere a mente le
statistiche riportate in questa passata
discussione sul sito della Crusca.
amicus_eius ha scritto: Dopo la crisi del latinorum, è venuta l'èra delle mode straniere figlie delle dominazioni. In Italia, dalla fine del rinascimento in poi, il centro è sempre stato altrove. L'italiano e i suoi dialetti sono sentiti come lingua di provincia, la letteratura, poi il giornalismo, poi la pubblicità, che è figlia della moda, esotizzano.
Dobbiamo ricordare che la stragrande maggioranza della popolazione, di quella che Metternich definiva “un’espressione geografica”, fino ad un centinaio di anni fa, parlava solo dialetto.
Che il
latinorum non è mai stata lingua di popolo, anzi, il suo uso è servito, per lunghi secoli, a marcare la separazione tra i
governanti e il
gregge.
Che in quest’ultimo secolo, in particolare dal secondo dopoguerra, abbiamo assistito alla vera nascita di una lingua nazionale, l’italiano, parlato ormai dalla quasi totalità della popolazione.
Che il merito di questa diffusione della lingua va, oltre all’obbligo scolare, ai mezzi di comunicazione: giornale, radio e televisione.
Che altre lingue europee, hanno subito nel passato, a differenza dell’italiano, delle vere rivoluzioni. Basti pensare ai nostri cugini, ai ‘perfidi’ e ai tedeschi.
amicus_eius ha scritto:...quello che si sente parlare è un italiano più che sciatto: una lingua informe e non priva di sgrammaticature, espressione di una sciatteria esistenziale e culturale profonda e incancrenita. Per certi aspetti, la sgrammaticatura o la variante lessicale sono segno di vitalità: indicano che la lingua evolve. Ma nel frattempo quest'evoluzione lascia scorie maleolenti.
Questi fenomeni sono il portato naturale del fatto che l’italiano è diventato la vera lingua di una nazione. Finché l’italiano restava circoscritto in una cerchia di letterati e di persone di cultura medio-alta, esso era più conservatore, ma di una conservazione, questa sì, che puzzava di morte. La sua diffusione lo ha imbastardito, ma, come tutti i bastardi, lo ha reso più forte.
Queste osservazioni non sono in contrasto con la coscienza che è indispensabile cercare di aumentare il livello culturale di governanti e governati, con tutti quegli interventi che si muovono in questa direzione.
amicus_eius ha scritto:Quindi, paradossalmente, non esiste nulla di più puristico, di integralmente nostro, di intimamente connesso con il nostro Volkgeist (eccolo là, un altro!), dell'uso sistematico del forestierismo. Il forestierismo risponde infatti a due esigenze comunicative ineludibili e ineliminabili, proprie delle élite nazional-provinciali: la necessità, verso l'esterno, di distinguersi come ambiente esclusivo (ed escludente) e il connesso bisogno, verso l'interno, di un gergo esoterizzante che le faccia sentire ciò che in realtà, nel profondo, non sono, cioè partecipi e competenti delle decisioni chiave a livello di politica ed economia globali...
Questo discorso dà troppe responsabilità ai governanti (intesi sempre in senso lato). Esso cerca di accreditare l’immagine delle pecorelle e dei governanti illuminati o cattivi. Prospettiva in cui indulge facilmente l’italiano medio e in cui sguazziamo, noi meridionali.
Continuo a pensare che il problema non sono i forestierismi inutili. Questi sono solo la spia di un malessere profondo della società italiana. Continuo a pensare, riproponendo un’immagine di un mio precedente intervento, che per curare il male non serva staccare le pustole (proporre i traducenti) ma prendere gli antibiotici (elevare il livello culturale generale e linguistico in particolare).
amicus_eius ha scritto:Ne consegue, o voi che vi accapigliate su un tema omai abusato, che i veri esotizzanti, quelli che non hanno capito lo spirito e la struttura profonda della lingua nazionale, siamo noi...
Su questo, sono d’accordo.
