Veramente neanch’io…Carnby [url=viewtopic.php?p=29887#p29887]qui[/url] ha scritto:Per inciso, la /ʃ/ iniziale, nella pronuncia italiana migliore, è sempre rafforzata (anche se Canepari non ci crede)…

Ovviamente nella pronuncia neutra [e genericamente centromeridionale] —lo ricordo per chi non lo sapesse— [anche] /ʃ/ iniziale è di «grado forte», ossia lungo [ʃʃ] (IPA ufficiale [ʃː]), se preceduto da una parola terminante in vocale (/ʃʃ/ in un’ottica bifonematica); e infatti è ortoepicamente notato con /*ʃ-/ nella totalità dei dizionari che usano il sistema trascrizione dell’AFI (+š- nel DOP).
Ora, mi aspetto anche che [ʃ] iniziale pospausale (risp. posconsonantico) da /ʃ/ sia foneticamente piú lungo di [ʃ] tassofono posvocalico [genericamente centromeridionale] di /ʧ/, essendo, secondo la classificazione del Castellani, il primo di grado medio (risp. medio-forte) e il secondo di grado di tenue.
Proprio alla nota n. 27 di p. 59 dell’articolo citato dal Larson (Fonotipi e fonemi dell’italiano, «Studi di filol. it.» XIV, 1956, 435–53, ora in Saggi di linguistica e filologia italiana e romanza [1946–1976], Roma 1980, «Salerno Editrice», vol. I, pp. 49–69 [cito da questa edizione]), Arrigo Castellani dice che gli «sembra opportuno connotare la š [cioè /ʃ/] di grado medio con šš, per evitare confusioni con š di grado tenue, che in taluni dialetti (per esempio nella Toscana orientale) si può trovare anche all’inizio di frase»… ma è una questione di mera comodità notazionale, il grado pospausale di /ʃ/ rimanendo quello medio.
Ora, però, di là da queste ovvie considerazioni, Lei, Carnby, è a conoscenza di qualche studio recente che invece dimostri che la lunghezza di /ʃ/ iniziale è in realtà comparabile con quella di un /ʃʃ/? La ringrazio.
