
Se fossimo capaci di maturare un minimo di orgoglio linguistico... possibile che lo spagnolo riesca a diventare un esempio per noi?
Moderatore: Cruscanti
Quanto servirebbe un simile «pronto soccorso» anche in Italia!Gabriel Valle ha scritto:Questo “pronto soccorso lingua” è alla portata di chiunque entri nel suo portale, ma si è rivelato particolarmente prezioso per i giornalisti del vasto mondo ispanico, che spesso vi si rivolgono, assillati da anglicismi elusivi. È cura dei consulenti produrne adattamenti o calchi nella lingua d’arrivo. Molte di queste forme ispanizzate esistono già, in un qualche punto della mappa ispanica, e vengono poi consigliate all’uso generale.
Allora non siamo solo noi quattro «parrucconi» a pensarla cosí…Gabriel Valle ha scritto:Gli osservatori esterni che, nel latte materno, si sono nutriti di una diversa lingua romanza, restano perplessi davanti all’anglicismo dilagante che esiste nella sorella italica.
Ogni volta che ci ho provato o mi han riso in faccia o mi dicono che non siamo più nel Ventennio: credimi, gli Italiani l'unica cosa che son capaci di accettare è l'ammaestramento (attualmente, per esempio, vengono ammaestrati dai media all'itanglese), quindi una bella politica sui media e pubblica amministrazione e nel giro di pochi anni rimparano a parlare italiano - magari non un buon italiano, ma sarebbe comunque una base da cui partire.Andrea Russo ha scritto:Si dovrebbe veramente sensibilizzare la popolazione a questi problemi…
Pienamente d'accordo, caro Ferdinand: un bel dizionario panitalico dei dubbi, comprendente elvetismi ed espressioni dell'italofonia in generale, è necessario e benvenuto! Uno dei primi passi per maturare una coscienza italofona in Italia e nel resto del mondo.Ferdinand Bardamu ha scritto:Quanto servirebbe un simile «pronto soccorso» anche in Italia!
Assolutamente no, ma bisogna che chi la pensa così si dia davvero da fare per lavorare in squadra e fare pressione su politica e mèdia; la condivisione generica di intenti non porta a nulla.Ferdinand Bardamu ha scritto:Allora non siamo solo noi quattro «parrucconi» a pensarla cosí…
Quello non possiamo farlo, ma se ognuno di noi si prendesse l'impegno di inviare una e-posta ad almeno cinque suoi conoscenti (se vuole anche pregandoli di fare altrettanto), si potrebbe contribuire alla diffusione.Andrea Russo ha scritto:Ah, non c'è modo di far girare il piú possibile quest'articolo? Io non ho un conto su Faccialibro, quindi non saprei. Ma basterebbe anche qualcosa di semplice, tipo metterlo in prima pagina nei maggiori quotidiani italiani per una settimana!
Concordo. Anche a me pare che la maggioranza degli italiani non siano pro o contro, ma apaticamente indifferenti: accettano passivamente senza giudicare o valutare. In questo caso, a fronte di una seria politica linguistica che lavori su politica e mèdia, non si farebbero troppi problemi a usare traducenti italiani (la maggioranza, almeno), ci vorrebbe tempo ma è questione di abitudine e percezione collettiva e soggettiva.PersOnLine ha scritto:quindi una bella politica sui media e pubblica amministrazione e nel giro di pochi anni rimparano a parlare italiano - magari non un buon italiano, ma sarebbe comunque una base da cui partire.
Concordo! Anche gli americani - parlo dei borghesi delle grandi città, comunque numerosi - usano un certo numero di parole straniere nel parlato (p.e. vino, bordello, fiasco, rouge, rendez-vous, e una crescente quantità di ispanismi), ma i canali ufficiali di informazione, i grandi dizionari e le istituzioni linguistiche (p.e.Linguistic Society of America) si guardano bene dall'usare forestierismi, al pari dei colleghi romanzi. Inoltre le questioni dell'ufficialità della lingua inglese e della sua coesistenza con lo spagnolo e altre lingue sono oggetto di aspri dibattiti (Language Policy e English Only Movement). Gli individui hanno, giustamente, piena libertà di parola: a istituzioni, mèdia e dizionari spetta il compito di dare il buon esempio linguistico.Marco 1971 ha scritto:Ma appunto quel che conta sono dizionari e istituzioni.
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