Taglio, tagliare
Moderatore: Cruscanti
Taglio, tagliare
Mi meraviglio un po’ (o mi sbaglio?) che nel nostro forum non sia comparsa un’osservazione su una novità lessicale ormai non nuovissima, ma che ci ossessiona da un paio d’anni a questa parte, e a cui la crisi economica sembra aver dato una fortissima spinta: voglio dire l’uso di taglio e del derivato tagliare, nel senso di ‘riduzione’, ‘diminuzione’, ‘abbassamento’ e simili. Lungamente abbiamo temuto il taglio delle pensioni, auspicato il taglio delle tasse, discusso sul taglio dei parlamentari, a spese di tutti i sinonimi piú adatti di cui l’italiano dispone. Stavolta nessuno metterà in dubbio che si tratti di un calco dall’inglese cut, sostantivo e verbo, né che quest’uso sia aberrante rispetto all’italiano tradizionale. In italiano si tagliano i rami di un albero, le fette di una torta, e in generale si divide una cosa in due o piú parti, e quasi sempre si tratta di cose materiali. Si può tranquillamente sfidare chiunque a trovare un uso simile a quelli citati sopra, in un testo letterario che non sia dimostrabilmente influenzato dal linguaggio giornalistico di decenni recenti. C’è poi il solito fenomeno: la fortuna di un’espressione, per lo piú calco da una lingua straniera (indovinare quale), impoverisce la nostra sinonimica e riduce la scelta lessicale. Es.: se prima potevamo essere, nel nostro agire, determinati, risoluti, decisi, oggi siamo sempre e solo determinati (indovinare perché).
- Ferdinand Bardamu
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Uhm, non sarei cosí certo che taglio, nel significato purtroppo a noi arcinoto, sia un calco dall’inglese. È l’estensione in àmbito economico e politico d’una metafora già presente in italiano con un significato analogo («Soppressione, eliminazione di una parte di un discorso o di uno scritto, di un’opera letteraria, teatrale, cinematografica o radiotelevisiva, musicale, attuata per abbreviarli, per ragioni artistiche o di opportunità o di altra natura», Treccani in linea s.v. «Taglio» 1m), dunque potrebbe benissimo essere una creazione italiana. (Certo, conoscendo l’anglofilía dei nostri giornalisti temo sia come dice lei.)
Quanto a determinato, io sarei meno pessimista. Mi pare che deciso e risoluto — pur essendo, quest’ultimo, di registro formale — godano di buona salute.
Quanto a determinato, io sarei meno pessimista. Mi pare che deciso e risoluto — pur essendo, quest’ultimo, di registro formale — godano di buona salute.

Ringrazio F. B. del suo acuto intervento che mi consente di mettere meglio a punto alcuni aspetti del mio. Gli esempi addotti dal Treccani in linea rispecchiano effettivamente usi italiani di taglio su cui non c’è nulla da dire. (E si potrebbe aggiungere la fortunata espressione colloquiale «dacci un taglio», nel senso di «falla corta».) Io ravviso però, e forse anche lui se porge un orecchio attento, una sottile ma avvertibile differenza fra i tagli nell’esecuzione di un’opera e i tagli alle voci di bilancio. Nel primo caso si separa la parte che si intende eseguire da quella che si tralascia, nel secondo si riduce, diminuisce, e basta. E resto convinto che la frequenza quasi esclusiva di taglio e tagliare nei nostri media sia effetto di una pedissequa imitazione dell’inglese. Quanto alla buona salute di deciso e risoluto nei confronti di determinato, questo è certamente vero per l’uso suo e mio, ma temo proprio di no per la lingua dei media che leggiamo e ascoltiamo ogni giorno. Credo che il piú rudimentale conteggio statistico darebbe risultati schiaccianti.
Se posso dire la mia, quel tagliare nel senso di "ridurre" non mi disturba più di tanto, quand'anche ne fosse dimostrato l'influsso della lingua che Manutio ci lascia indovinare.
Un termine altrettanto (ab)usato, pressoché con lo stesso valore, e che invece mi disturba alquanto, è abbattere. In italiano non è contemplato il verbo abbattere con il significato di "ridurre, diminuire, ecc." (vedi il Treccani in linea); lo stesso dizionario, tuttavia, alla voce "abbattimento" dà al punto 3. «Nel linguaggio econ. e fiscale, riduzione, detrazione; in partic., a. della base imponibile, o più comunem. a. alla base (calco del fr. abattement à la base)».
E io che pensavo fosse un calco del (raro) ingl. to abate...
Qualche esempio di uso non econ. e fiscale: abbattere i rumori, abbattere la temperatura...
Un termine altrettanto (ab)usato, pressoché con lo stesso valore, e che invece mi disturba alquanto, è abbattere. In italiano non è contemplato il verbo abbattere con il significato di "ridurre, diminuire, ecc." (vedi il Treccani in linea); lo stesso dizionario, tuttavia, alla voce "abbattimento" dà al punto 3. «Nel linguaggio econ. e fiscale, riduzione, detrazione; in partic., a. della base imponibile, o più comunem. a. alla base (calco del fr. abattement à la base)».
E io che pensavo fosse un calco del (raro) ingl. to abate...
Qualche esempio di uso non econ. e fiscale: abbattere i rumori, abbattere la temperatura...
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
- Souchou-sama
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- Ferdinand Bardamu
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Non so, io non ci vedo improprietà semantiche. Il Treccani parla opportunamente di «soppressione, eliminazione», non di «separazione». Del resto, se un regista taglia la scena di una pellicola, elimina definitivamente quella scena dall’opera, salvo un possibile ma raro ricupero successivo nel «montaggio del regista».Manutio ha scritto:Io ravviso però, e forse anche lui se porge un orecchio attento, una sottile ma avvertibile differenza fra i tagli nell’esecuzione di un’opera e i tagli alle voci di bilancio. Nel primo caso si separa la parte che si intende eseguire da quella che si tralascia, nel secondo si riduce, diminuisce, e basta.

Ho fatto qualche ricerca e, sul sito dell’Office québécois de la langue française, ho trovato questo:Manutio ha scritto:E resto convinto che la frequenza quasi esclusiva di taglio e tagliare nei nostri media sia effetto di una pedissequa imitazione dell’inglese.
Sous l’influence de l’anglais cut, on emploie très souvent le mot coupure dans les domaines administratif et financier […]. [Per influenza dell’inglese cut, molto spesso si usa la parola coupure in campo amministrativo e finanziario]
Quindi possiamo dire con una certa sicurezza che siamo di fronte a un calco semantico, peraltro accolto anche dalle lingue sorelle: in francese, si ha coupe1 budgetaire, in ispagnolo recorte de presupuesto, in portoghese corte de orçamento.
L’accoglimento di questo calco anche nelle altre lingue romanze segnala la facilità di una metafora ch’è d’immediata comprensione. Se non sapessimo quant’è potente l’influenza dell’inglese, potremmo benissimo credere a una coniazione spontanea.
Aggiungo che, personalmente, non sono contrario ai calchi semantici, purché siano adottati con giudizio. M’infastidiscono incomparabilmente di piú gli anglicismi non adattati.
Le dirò la verità: non cj ho mai fatto caso. Considerando però che l’appiattimento anglicizzante è ormai diffusissimo — come dimostra l’arretramento di notizie nei confronti di news, soprattutto in Rete ma non solo —, la cosa non mi stupisce.Manutio ha scritto:Quanto alla buona salute di deciso e risoluto nei confronti di determinato, questo è certamente vero per l’uso suo e mio, ma temo proprio di no per la lingua dei media che leggiamo e ascoltiamo ogni giorno. Credo che il piú rudimentale conteggio statistico darebbe risultati schiaccianti.
1 L’istituzione quebecchese dice, nella stessa pagina, che coupure, al contrario di coupe, è improprio in quest’accezione, ma, per la spiegazione, mi rimetto a chi sa il francese.
- Infarinato
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De Mauro
Certo, ma il De Mauro (editio minor del GRADIT) è pur sempre un «dizionario dell’uso»…Souchou-sama ha scritto:Mah, a me sembrate tutti un po’ troppo suscettibili!Il De Mauro, per esempio, dà «diminuire, limitare, spec. con riferimento a provvedimenti finanziari o amministrativi» come nono significato su 17 di tagliare, e «ridurre di molto» come secondo (!) significato su 10 di abbattere.

- Souchou-sama
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Sí, sapevo d’espormi piú facilmente a quest’obiezione, scegliendo il De Mauro.
Ma, se per esempio consultiamo il Devoto-Oli, la situazione non cambia granché: abbattere «ridurre in modo considerevole, diminuire notevolmente, abbassare di molto», secondo significato su 10; tagliare «contenere, limitare, diminuire, spec. riferito a uscite di carattere economico», sedicesimo significato su 24.

Re: Taglio, tagliare
Infatti il Battaglia, per quest’accezione, riporta solo due esempi giornalistici, il primo risalente al 1986, il secondo al 1988. Si tratta dunque d’un uso relativamente recente.Manutio ha scritto:Si può tranquillamente sfidare chiunque a trovare un uso simile a quelli citati sopra, in un testo letterario che non sia dimostrabilmente influenzato dal linguaggio giornalistico di decenni recenti.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
- Animo Grato
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Be', non è così automatico: possiamo dirlo del francese canadese (non ho capito se questo uso sia esteso anche al francese europeo), ma questo non coinvolge obbligatoriamente l'italiano. Magari da noi quella particolare accezione si è sviluppata autonomamente.Ferdinand Bardamu ha scritto:sul sito dell’Office québécois de la langue française, ho trovato questo:
Sous l’influence de l’anglais cut, on emploie très souvent le mot coupure dans les domaines administratif et financier […]. [Per influenza dell’inglese cut, molto spesso si usa la parola coupure in campo amministrativo e finanziario]
Quindi possiamo dire con una certa sicurezza che siamo di fronte a un calco semantico
- Souchou-sama
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- Ferdinand Bardamu
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Vero, infatti riservo una possibilità alla coniazione spontanea. Però, come ricorda Marco, si tratta d’un uso abbastanza recente e introdotto dal linguaggio dei giornali, cosa che fa sospettare l’influenza dell’inglese. In ogni caso, a differenza di obbrobri come realizzare per ‹rendersi conto›, taglio e tagliare sono calchi semantici che poco svelano della loro (possibile) origine.Animo Grato ha scritto:Be', non è così automatico: possiamo dirlo del francese canadese (non ho capito se questo uso sia esteso anche al francese europeo), ma questo non coinvolge obbligatoriamente l'italiano. Magari da noi quella particolare accezione si è sviluppata autonomamente.
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Vedo che con il caso taglio/cut ho gettato un sasso in piccionaia, e da neofito ne sono piacevolmente sorpreso. Per parte mia, ne traggo una conclusione: c’è chi riflette con acume e dottrina sulle potenzialità del lessico italiano, sui suoi ‘sviluppi indipendenti’ e ‘spontanee convergenze’ con altre lingue, ma temo che sottovaluti il carattere scimmiesco e pappagallesco di molti nostri giornalisti. In molti casi, basta accostare un quotidiano italiano a uno di lingua inglese per risolvere la questione.
- Ferdinand Bardamu
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Caro Manutio, le posso dire che, personalmente, non nego la possibilità d’un’influenza inglese nel caso di taglio/tagliare, anzi. Però sarebbe opportuno guardare la questione in prospettiva. Calchi morfologici che colmano una lacuna (es. grattacielo) o calchi semantici che potrebbero passare per parole italianissime (es., appunto, taglio) non fanno del male.
Le faccio un esempio, inventato sul momento, di stile giornalistico con alcuni calchi semantici: «Berlino fa retromarcia e ammorbidisce le sue posizioni: ora il governo tedesco riconosce che le misure di austerità sono dannose e punta ad attenuare l’effetto dei tagli di bilancio attraverso una politica fiscale piú permissiva, anziché attraverso il recupero della competitività» [è una supercazzola economica composta lí per lí: non me ne vogliate.
]. Un lettore italiano che non sappia l’inglese non ci vedrebbe nulla di anomalo e comprenderebbe quel che c’è scritto senza tante difficoltà (a meno che non faccia parte di quel settanta percento che non capisce un testo scritto, ma questo è un altro discorso).
Se, invece di coniare calchi semantici, avessimo adottato gli anglicismi scrii scrii, avremmo dovuto scrivere una cosa del genere: «Berlino fa retromarcia e ammorbidisce le sue posizioni: ora il governo tedesco riconosce che le austerity measure sono dannose e punta ad attenuare l’effetto dei budget cut attraverso una fiscal policy piú permissive, anziché attraverso il recupero della competitiveness». In taluni ambienti, si parla già cosí. E, giacché è difficile sottrarsi all’influenza del mondo anglofono, piuttosto che parlare come un paninaro, ben vengano i calchi!
Le faccio un esempio, inventato sul momento, di stile giornalistico con alcuni calchi semantici: «Berlino fa retromarcia e ammorbidisce le sue posizioni: ora il governo tedesco riconosce che le misure di austerità sono dannose e punta ad attenuare l’effetto dei tagli di bilancio attraverso una politica fiscale piú permissiva, anziché attraverso il recupero della competitività» [è una supercazzola economica composta lí per lí: non me ne vogliate.

Se, invece di coniare calchi semantici, avessimo adottato gli anglicismi scrii scrii, avremmo dovuto scrivere una cosa del genere: «Berlino fa retromarcia e ammorbidisce le sue posizioni: ora il governo tedesco riconosce che le austerity measure sono dannose e punta ad attenuare l’effetto dei budget cut attraverso una fiscal policy piú permissive, anziché attraverso il recupero della competitiveness». In taluni ambienti, si parla già cosí. E, giacché è difficile sottrarsi all’influenza del mondo anglofono, piuttosto che parlare come un paninaro, ben vengano i calchi!

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