Infarinato ha scritto:«...troppo spesso si trova scritto nelle varie grammatiche: ‹...in una sola emissione di fiato›, il che fa –giustamente– pensare che i grammatici non abbiano tutte le rotelline a posto, se non s’accorgono che si possono dire intere frasi con una sola emissione di fiato!» (Luciano Canepàri sulla «definizione grammaticale di dittongo» in: MªPI. Manuale di Pronuncia Italiana, «Zanichelli», Bologna 1999², p. 495).
Ecco quanto insegnato nei corsi di canto e, in parte, di recitazione
La sillabazione, per noi che scriviamo testi di canzoni, è importante perché ad ogni sillaba corrisponde una nota.
Quando in una parola si incontrano due vocali, dobbiamo capire se l’incontro dà origine ad una o due sillabe. Nel primo caso, si parla di dittongo, nel secondo di iato.
Il dittongo si ha quando l’incontro di due vocali viene pronunciato con una sola emissione di voce e forma quindi una sola sillaba. Nella lingua italiana, il dittongo è costituito sempre dall’incontro di una delle due vocali i oppure u con una qualsiasi altra vocale (la i o la u non devono essere accentate); o dall’incontro di i ed u tra di loro (in questo caso anche se una delle due è accentata).
Si parla di iato, invece, quando le due vocali che si incontrano, vanno pronunciate separatamente. Si verifica ciò:
a) quando nessuna delle due vocali è una i oppure una u;
b) quando pur essendoci la i o la u, si tratta di una vocale accentata;
c) quando la parola è la derivazione di un’altra che aveva l’accento sulla i o sulla u;
d) nei composti col prefisso ri-;
e) in alcune parole in cui la i è preceduta da r o da un gruppo di consonanti.
Conoscendo queste regole è possibile analizzare le parole citate sopra e capire con facilità se ci troviamo davanti ad un dittongo o ad uno iato.
1) giuràre – in questo caso, si incontrano i ed u in posizione atona, cioè senza accento. Si tratta quindi di un dittongo, i ed u formano una sola sillaba e la parola GIURARE è costituita da tre sillabe in tutto (quindi tre note): GIU-RA-RE.
2) fiùme – anche qui abbiamo l’incontro di i ed u. In questo caso la u è accentata ma sappiamo che quando i ed u si incontrano tra loro formano sempre una sola sillaba. Sillabazione corretta: FIU-ME.
3) fiàto – un altro dittongo. La i incontra la a e su quest’ultima cade l’accento. Sillabazione corretta: FIA-TO
4) paùra – questa parola è usata dai linguisti italiani come classico esempio di iato. Infatti, qui la u incontra una vocale diversa dalla i, ma l’accento cade sulla stessa u. Sillabazione corretta: PA-U-RA. Notare come A ed U vanno a far parte di sillabe diverse. Quindi PAURA occuperà sul pentagramma tre note e non due…
Valerio_Vanni ha scritto:Tra l'altro non c'è uno status speciale di maggior uniformità per questo caso: due vocali scritte in Italiano non vengono realizzate come una vocale di durata doppia, anzi generalmente si inserisce una qualche differenza tra le due.
Senza necessariamente rompere il legato, ovviamente.
Rilegga la citazione d'Aldo Gabrielli,
Si dice o non si dice, Milano, Mondadori, 1976, pp. 62-63.
Veramente, l'italiano preferisce evitare l'incontro di due vocali simili, soprattutto se atone.
Trenitalia,
Alitalia e
Frecciargento sono esempi molto recenti e non tratti dalla letteratura!!!
Infarinato ha scritto:si possono dire intere frasi con una sola emissione di fiato
fiorentino90 ha scritto:un lettore professionista deve saper leggere almeno 60 vocaboli di fila senza fare pause e senza prendere fiato!!!
No, attenzione! Presa di fiato e emissione di fiato non sono la stessa cosa. Luciano Canepàri dice che si possono dire intere frasi con una sola emissione di fiato?!
Valerio_Vanni ha scritto:Non sono d'accordo sulle due emissioni di fiato: si può passare da una vocale a un'altra senza interruzione del flusso aereo e quindi sonoro (in questo consiste il legato).
Quindi, quanto detto da LuCa è valido solo in frasi in cui sono assenti le consonanti?
Valerio_Vanni ha scritto:La stessa parola ha una seconda "e" dovuta a un cambio di nota (nonché un cambiamento di apertura dovuto probabilmente alla "fine dell'accento", ma l'incontro tra la /o/ e la /ɛ/ è chiaramente legato.
Non si tratta di convincere me, ma eventualmente di mettere in discussione quanto insegnato nelle scuole di canto. Le rispondo con l'
estratto già citato sopra.
paùra – questa parola è usata dai linguisti italiani come classico esempio di iato. Infatti, qui la u incontra una vocale diversa dalla i, ma l’accento cade sulla stessa u. Sillabazione corretta: PA-U-RA. Notare come A ed U vanno a far parte di sillabe diverse. Quindi PAURA occuperà sul pentagramma tre note e non due…
Valerio_Vanni ha scritto:Boato, poeta, Caino, paese... tutti con una chiara differenza accentuale (la seconda lettera è più forte) ma non necessariamente staccati.
Insomma, se "iato" vuol dire due emissioni di voce e due emissioni di voce implicano due sillabe e due sillabe implicano due note, il legato
non può verificarsi.
valerio_vanni ha scritto:Quello che volevo dire è che secondo me è più spontanea l'assimilazione, è più "economica" come sequenza e che quindi senza un'azione volontaria si vada in quella direzione e non verso /np/ /nv/ etc.
fiorentino90 ha scritto:Esatto ed è in questa direzione che va l'italiano neutro nazionale!
Valerio_Vanni ha scritto:Per questo (qualche messaggio fa) dicevo che la cosa non è dettata da scarsa attenzione ma da un'azione volontaria.
Scarsa attenzione versa la lingua! Perché non leggere la "i" di "cielo" allora? Semplice. Perché quest'ultimo è un meridionalismo, mentre la mancata assimilazione è tipica degli italiani regionali del Nord.
valerio_vanni ha scritto:La situazione dei sintetizzatori è ancor più grave: per quanto ho potuto vedere ignorano cose più elementari. Ad esempio il raddoppiamento (non l'RF, il semplice raddoppiamento interno), e la cosa è abbastanza curiosa: dovrebbe essere elementare per una macchina calcolare "ci sono due consonanti uguali in fila, quindi raddoppio la durata".
La situazione cambia da sintetizzatore a sintetizzatore. In alcuni casi, la persona che si serve di questi programmi dovrebbe, per esempio, segnare l'accento là dove il sintetizzatore è indotto a sbagliare. I treni non fermano a
Melíto di Porto Salvo, bensì a
Mèlito!
Melíto si trova in Campania xD Inoltre, alcuni programmi di sintesi realizzano la zeta come sorda se ne scrivi due
Anche in rete ho letto interventi in cui s'indicava la s sorda con due esse
Come se la differenza tra sorda e sonora fosse una differenza quantitativa e non qualitativa
La cosa interessante è che
Pisa Centrale è letta con la esse sorda dalla voce femminile che si sente a Pisa, invece è pronunciata con la sonora dalla voce maschile presente in quasi tutte le stazioni italiane
Ritornando alla dizione attoriale, gl'insegnanti di dizione
ignorano la regola che vuole la s sorda nel prefisso
trans- e credono di discostarsi dall'italiano nazionale solo quando optano per la pronuncia sonora negli altri casi. Uno dei tanti esempi è il sito
http://www.parlarebene.it/sez.html secondo cui la esse è aspra o sorda quando è preceduta da altre consonanti, ma non nel prefisso
trans- Esempi: arso, polso, comprensione, corso, ascensore, censore, pulsore, arsura, tonsura, censo, incenso
Eccezioni ("s" dolce o sonora):
nei vocaboli con prefisso "trans-" (Es.: transalpino, transatlantico, transigere, transitare, translucido, transoceanico).
Per finire, gradirei avere i dati numerici che giustificano affermazioni del genere, tratte sempre dal sito
http://www.parlarebene.it/sez.html ma presenti in gran parte dei siti dedicati all'apprendimento della dizione...
Nota Bene: alcuni dizionari fonetici stabiliscono che il suono della "s" debba essere aspro anche in molti altri casi come casa, cosa, così, mese, naso, peso, cinese, piemontese, goloso, bisognoso e altri. In realtà questo tipo di pronuncia è caduta quasi del tutto in disuso, fatta eccezione per qualche parlata dell'Italia centrale e meridionale.
"Alcuni" dizionari? "Qualche" parlata? E se consideriamo poi tutti i giornalisti della RAI che usano sempre la s sorda in posizione intervocalica?!