«Vodka»
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«Vodka»
Come pronunciate questa parola? Per i russi è /ˈvotkə/, per i polacchi /ˈvutka/.
Il DOP e il DiPI danno la pron. con la 'o' aperta: 'vɔdka (che mi sembra di gran lunga la più comune, ma non la più corretta, di qui il mio quesito); per il DiPI in particolare, mi sarei aspettato, accanto a ↑-tk-, anche la segnalazione di una pron. "affettata" ↑-o-.
Il DOP e il DiPI danno la pron. con la 'o' aperta: 'vɔdka (che mi sembra di gran lunga la più comune, ma non la più corretta, di qui il mio quesito); per il DiPI in particolare, mi sarei aspettato, accanto a ↑-tk-, anche la segnalazione di una pron. "affettata" ↑-o-.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
- Souchou-sama
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La pronuncia «aperta» è la norma in praticamente qualsiasi prestito, nonché in generale nelle parole avvertite come straniere, sconosciute e/o cólte.
Un esempio a caso: Hegel, in tedesco /ˈheːɡl̩/, in italiano perlopiú /ˈɛɡel/.
Per quanto mi riguarda, in effetti la pronuncia con /o/ mi suonerebbe tra l’affettato e il ridicolo, come se chi parla stesse beffardamente imitando un accento russo.

Per quanto mi riguarda, in effetti la pronuncia con /o/ mi suonerebbe tra l’affettato e il ridicolo, come se chi parla stesse beffardamente imitando un accento russo.

- Ferdinand Bardamu
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Interessante. Dunque non ci sono ragioni fonotattiche per questo, ma, semplicemente, ogni prestito — o quasi — viene trattato allo stesso modo?Souchou-sama ha scritto:La pronuncia «aperta» è la norma in praticamente qualsiasi prestito, nonché in generale nelle parole avvertite come straniere, sconosciute e/o cólte.Un esempio a caso: Hegel, in tedesco /ˈheːɡl̩/, in italiano perlopiú /ˈɛɡel/.
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Be’, sí, direi che /ɛ, ɔ/ sono (quasi) la regola, nei prestiti. La mia opinione personale è che le principali eccezioni siano quei casi in cui è percepita una forte analogia con un termine italiano che al contrario presenta /e, o/: per esempio, càpita di sentire */ˈfreddi/ anche per Freddie, */meˈmento/ anziché /meˈmɛnto/…
Ma non è necessario esagerare, come chi dicesse, caricaturalmente, "vuótka"! Basta dire la 'o' di "vólo". Del resto, per Beethoven il DiPi dà (giustamente) be'tɔven, -o-; ↑be'tofen.Souchou-sama ha scritto:Per quanto mi riguarda, in effetti la pronuncia con /o/ mi suonerebbe tra l’affettato e il ridicolo, come se chi parla stesse beffardamente imitando un accento russo.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Sempre a proposito di Beethoven: nel DiPI c'è anche ↓bee-. Qui mi sarei aspettato la freccia in su, non in giù, poiché rispecchia la pronuncia originale (questa).
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Ero convinto che i due punti dopo la vocale (o meglio i "due punti a triangolo", ossia il cronema) indicassero un allungamento pari al raddoppio della stessa, e che quindi fosse lo stesso che segnare due volte la vocale. Es. l'ingl. "beat" /'bi:t/ oppure /'biit/. Invece?
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Ma la pronuncia originaria del nome Beethoven è quella olandese:
Il nonno paterno, dal quale prendeva il nome, Ludwig van Beethoven[14] (Malines, 1712 – Bonn, 1773) discendeva da una famiglia fiamminga di contadini ed umili lavoratori, originaria del Brabante. La particella «van» non ha dunque origini nobiliari ed il cognome «Beethoven» deriva con ogni probabilità dalla regione olandese della Batavia (Betuwe) e situata nella Provincia di Gheldria. Buon musicista, si era trasferito a Bonn nel 1732, diventando Kapellmeister del Principe elettore di Colonia e sposando nel 1733 Maria Josepha Pall.
Il nonno paterno, dal quale prendeva il nome, Ludwig van Beethoven[14] (Malines, 1712 – Bonn, 1773) discendeva da una famiglia fiamminga di contadini ed umili lavoratori, originaria del Brabante. La particella «van» non ha dunque origini nobiliari ed il cognome «Beethoven» deriva con ogni probabilità dalla regione olandese della Batavia (Betuwe) e situata nella Provincia di Gheldria. Buon musicista, si era trasferito a Bonn nel 1732, diventando Kapellmeister del Principe elettore di Colonia e sposando nel 1733 Maria Josepha Pall.
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Invece la sequenza di due vocali rappresenta una… sequenza di due vocaliZabob ha scritto:Ero convinto che i due punti dopo la vocale (o meglio i "due punti a triangolo", ossia il cronema) indicassero un allungamento pari al raddoppio della stessa, e che quindi fosse lo stesso che segnare due volte la vocale. Es. l'ingl. "beat" /'bi:t/ oppure /'biit/. Invece?

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«Vocale incerta, vocale aperta» (© Bruno Migliorini).Ferdinand Bardamu ha scritto:Interessante. Dunque non ci sono ragioni fonotattiche per questo, ma, semplicemente, ogni prestito — o quasi — viene trattato allo stesso modo?Souchou-sama ha scritto:La pronuncia «aperta» è la norma in praticamente qualsiasi prestito, nonché in generale nelle parole avvertite come straniere, sconosciute e/o cólte. […]

- Ferdinand Bardamu
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Grazie, adesso credo di aver capito: la -ee- di "Beethoven" è più lunga della -e- di "betulla" ma più corta della -ee- di "veemente": una vocale allungata ma non doppia, come la prima 'e' di "bere" ['be:ɾe].
Mi sembra che lo stesso valga per le consonanti, se, come si legge nella Wikipedia in francese, «Phonologiquement, il convient de ne pas confondre les consonnes longues ([Cː]) avec les consonnes géminées ([CC]).»
Mi sembra che lo stesso valga per le consonanti, se, come si legge nella Wikipedia in francese, «Phonologiquement, il convient de ne pas confondre les consonnes longues ([Cː]) avec les consonnes géminées ([CC]).»
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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La durata/lunghezza relativa c’entra poco (…e lasciamo stare per un momento le considerazioni fonologiche, cioè fonematiche, limitandoci a quelle fonetiche).
Diciamo invece che in [Vː] non c’è «riarticolazione» (nemmeno parziale), che invece è presente in [VV] (anche quando si tratti della stessa V).
Diciamo invece che in [Vː] non c’è «riarticolazione» (nemmeno parziale), che invece è presente in [VV] (anche quando si tratti della stessa V).
Pier Marco Bertinetto in Enciclopedia dell’Italiano (2010) ha scritto:…le occasionali reiterazioni di vocale al confine tra due morfemi si realizzano, in pronuncia accurata, con una sorta di rapida riarticolazione – almeno in rapporto al profilo intonativo – piuttosto che come singola vocale lunga: cfr. cooperare, linee (con entrambe le vocali atone) o finii, lineetta, piissimo (con accento su una delle due vocali). Del resto, in pronuncia veloce, le due vocali si fondono in un’unica vocale breve, soprattutto quando entrambe sono atone.
Ultima modifica di Infarinato in data ven, 26 apr 2019 14:49, modificato 1 volta in totale.
Motivazione: Riformattata didascalia citazione
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