Perché «da» non cogemina fuor di Toscana?
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Perché «da» non cogemina fuor di Toscana?
Fermo restando che rintracciare le cause storiche di certi fenomeni linguistici è spesso esercizio difficile e talvolta quasi vano, vorrei capire perché la preposizione da non cogemina al di fuori di Firenze e di buona parte della Toscana.
Il Rohlfs [Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Einaudi, Torino, 1969, § 833] scrive:
Solo in Toscana da produce raddoppiamento della consonante seguente: da Ffirenze. Il romano da Firenze fa supporre che qui da abbia sostituito in un secondo tempo l’indigeno de.
L’etimo, del resto, dovrebbe importare la cogeminazione anche in altre regioni centromeridionali:
L’origine di questa preposizione è stata lungamente dibattuta. Dopo le piú recenti ricerche però non si può piú dubitare del suo provenire da DE-AB. [ibid.]
Secondo voi possiamo estendere l’ipotesi che vale per il romanesco a tutte le altre regioni in cui sarebbe lecito aspettarsi la cogeminazione? E perché essa è sopravvissuta solo in Toscana?
Il Rohlfs [Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Einaudi, Torino, 1969, § 833] scrive:
Solo in Toscana da produce raddoppiamento della consonante seguente: da Ffirenze. Il romano da Firenze fa supporre che qui da abbia sostituito in un secondo tempo l’indigeno de.
L’etimo, del resto, dovrebbe importare la cogeminazione anche in altre regioni centromeridionali:
L’origine di questa preposizione è stata lungamente dibattuta. Dopo le piú recenti ricerche però non si può piú dubitare del suo provenire da DE-AB. [ibid.]
Secondo voi possiamo estendere l’ipotesi che vale per il romanesco a tutte le altre regioni in cui sarebbe lecito aspettarsi la cogeminazione? E perché essa è sopravvissuta solo in Toscana?
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Re: Perché «da» non cogemina fuor di Toscana?
Direi di sí: d’altro canto, come ci conferma anche il LEI (s.v. «ab»), in epoca antica da è praticamente diffuso solo in Toscana e in alcune regioni settentrionali (dove ovviamente non ci aspettiamo alcuna forma di geminazione).Ferdinand Bardamu ha scritto:Secondo voi possiamo estendere l’ipotesi che vale per il romanesco a tutte le altre regioni in cui sarebbe lecito aspettarsi la cogeminazione?
Nelle poche altre aree centromeridionali in cui eventualmente sopravvive[va] un continuatore di DE-AB, il suo potere raddoppiante è probabilmente ben presto regredito a contatto con le aree circostanti, che conoscevano solo continuatori di DE.
- Ferdinand Bardamu
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Recentemente, anche a Firenze, direi.Carnby ha scritto:Sembra che Lucca sia l'unico posto della Toscana dove adesso prevalga su ora

- Ferdinand Bardamu
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Forse no: la comunicazione di Matteo Renzi nella campagna delle primarie del piddí fu curata da Giorgio Gori, originario di Bergamo. 

A Firenze, nella lingua popolare, nessuno dice adesso. Si dice solo ora. Ovviamente, se si parla di «gente moderna», è tutta un'altra cosa... (naturalmente /'kɔza/).Ferdinand Bardamu ha scritto:la comunicazione di Matteo Renzi nella campagna delle primarie del piddí fu curata da Giorgio Gori, originario di Bergamo.
No, a Lucca si dice adèsso e non mi sembra proprio che prevalga su ora. E, nel parlare corrente, si pronuncia "òra" e non "ora".
E non ci sono solo i ccani, ma anche:
la ccioccolata e s'è fatto ccapelli ( contro il s'è fatto 'apelli di Pisa).
Da piccolo, nel mio paese, i compagni mi prendevano in giro perché mia madre, essendo livornese, mi aveva insegnato a chiamare mio padre, babbo.
Ero l'unico, perché tutti lo chiamavano pappà; papà era ritenuto uno snobismo e quindi ancora più risibile di babbo.
Le parole che terminano con la "n" sono i verbi, ma è un uso che mi sembra sia rimasto solo alle persone più anziane:
Ma 'un ci venghin via con noi? - ma un ci van via? - leveli di lì che tanto 'un ne mangin più - lascia sta' tanto 'un ne voglin sape'.
Cordiali saluti a tutti.
E non ci sono solo i ccani, ma anche:
la ccioccolata e s'è fatto ccapelli ( contro il s'è fatto 'apelli di Pisa).
Da piccolo, nel mio paese, i compagni mi prendevano in giro perché mia madre, essendo livornese, mi aveva insegnato a chiamare mio padre, babbo.
Ero l'unico, perché tutti lo chiamavano pappà; papà era ritenuto uno snobismo e quindi ancora più risibile di babbo.
Le parole che terminano con la "n" sono i verbi, ma è un uso che mi sembra sia rimasto solo alle persone più anziane:
Ma 'un ci venghin via con noi? - ma un ci van via? - leveli di lì che tanto 'un ne mangin più - lascia sta' tanto 'un ne voglin sape'.
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...un pellegrino dagli occhi grifagni
il qual sorride a non so che Gentucca.
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Certo: l’articolo determinativo plurale i raddoppia sempre in lucchese, anche quando ridotto a ’ [�∅].Fabio48 ha scritto:E non ci sono solo i ccani, ma anche:
la ccioccolata e s'è fatto ccapelli ( contro il s'è fatto 'apelli di Pisa).

La ccioccolata, invece, mi risulta piú strano…

Pappà era [sporadicamente] diffuso anche a Pisa.Fabio48 ha scritto:Da piccolo, nel mio paese, i compagni mi prendevano in giro perché mia madre, essendo livornese, mi aveva insegnato a chiamare mio padre, babbo.
Ero l'unico, perché tutti lo chiamavano pappà.
Io ho sentito dalla viva voce di un lucchese, tempo fa, sia adesso che pappà. Dalla frettolosa consultazione dell'AIS e dal ricordo del dantesco issa mi ero convinto che «prevalesse» su ora.Fabio48 ha scritto:No, a Lucca si dice adèsso e non mi sembra proprio che prevalga su ora. E, nel parlare corrente, si pronuncia "òra" e non "ora".
Riguardando meglio, mi rendo conto che non avevo ragione:

(Da R. A. HALL Jr., Language XIX [1943], p. 131; cit. in C. TAGLIAVINI, Le origini delle lingue neolatine, p. 407).

Il punto dell'AIS con adesso esiste, ma non è Lucca, bensì Campori, frazione di Castiglione di Garfagnana (stranamente l'AIS elettronico riporta come provincia Massa-Carrara).
In lucchese tradizionale (del contado, per es. Porcari) ci sono non poche occorrenze di aggettivi che finiscono in -n come benin e simili, anche in fine di frase. Alcuni esempî si possono trovare nel libro di Gino Custer De Nobili Le poesie di Geppe.Fabio48 ha scritto:Le parole che terminano con la "n" sono i verbi, ma è un uso che mi sembra sia rimasto solo alle persone più anziane:
Ma 'un ci venghin via con noi? - ma un ci van via? - leveli di lì che tanto 'un ne mangin più - lascia sta' tanto 'un ne voglin sape'.
Mi vengono solo in mente altre parole come: "L'han ditto i ccarabigneri" o "Nevi'a, saran contenti i ccarrozzieri". Stranamente si dice "le ciliegie" ma gli alberi sono "i cciliegi".
Ma si pronunciano normalmente : la casa la cena, la ciabatta, la ciortellora (lucertola), la ciospona (confusionaria e sprecisa)ecc.
E' vero, adesso è piuttosto usato in Alta Garfagnana, ma anche in Lunigiana e parte della provincia di La spezia.
Sia a Capannori che a Porcari in effetti ci sono alcune parole, perlopiù col suffisso -ino, che i più vecchi fanno terminare con la "n": taulin (tavolino), ragassin, campin, magaszin ed altre ancora. Bisogna dire però, che sono due località piuttosto "famose" per il dialetto abbastanza esasperato che ha pochi riscontri nel resto della provincia.
Le Poesie di geppe , da ragazzi, erano il nostro pane
(Quando i lucchesi seppin che ir nemi'o
gliera digià vecin a Pontetetto
si missen tutti in un gran subbissìo), ma proprio perché quel modo di parlare era, per noi, veramente esagerato.
Grazie per la sua attenzione e buon uicchènde.
Ma si pronunciano normalmente : la casa la cena, la ciabatta, la ciortellora (lucertola), la ciospona (confusionaria e sprecisa)ecc.
E' vero, adesso è piuttosto usato in Alta Garfagnana, ma anche in Lunigiana e parte della provincia di La spezia.
Sia a Capannori che a Porcari in effetti ci sono alcune parole, perlopiù col suffisso -ino, che i più vecchi fanno terminare con la "n": taulin (tavolino), ragassin, campin, magaszin ed altre ancora. Bisogna dire però, che sono due località piuttosto "famose" per il dialetto abbastanza esasperato che ha pochi riscontri nel resto della provincia.
Le Poesie di geppe , da ragazzi, erano il nostro pane
(Quando i lucchesi seppin che ir nemi'o
gliera digià vecin a Pontetetto
si missen tutti in un gran subbissìo), ma proprio perché quel modo di parlare era, per noi, veramente esagerato.
Grazie per la sua attenzione e buon uicchènde.
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