mo'
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- Black Mamba
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mo'
Da dove deriva questa espressione romana?
Viene spesso usata con valore avverbiale per dire adesso, ora.
Ho trovato qualche indicazione [url=http://mp_pollett.tripod.com/dialett5.htm#6//url]qui[/url], ma nessun riferimento riguardo all'origine. La grafia con l'apostrofo potrebbe far pensare a una forma contratta di momento.
Viene spesso usata con valore avverbiale per dire adesso, ora.
Ho trovato qualche indicazione [url=http://mp_pollett.tripod.com/dialett5.htm#6//url]qui[/url], ma nessun riferimento riguardo all'origine. La grafia con l'apostrofo potrebbe far pensare a una forma contratta di momento.
Hoc unum scio, me nihil scire.
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Re: mo'
No, l’origine di mo/mo’ è ben piú antica, e la trova qui. La trafila logica in base alla quale in latino l’avverbio modo (in origine, ablativo di modus [= «modo», «misura»]) è venuto a significare anche ora è press’a poco la seguente: di misura > appena > ora.Black Mamba ha scritto:Da dove deriva questa espressione romana?
Viene spesso usata con valore avverbiale per dire adesso, ora.
Ho trovato qualche indicazione [url=http://mp_pollett.tripod.com/dialett5.htm#6//url]qui[/url], ma nessun riferimento riguardo all'origine. La grafia con l'apostrofo potrebbe far pensare a una forma contratta di momento.
- Black Mamba
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Qui è in uso l'«altro» mo', quello che viene da mostra. Ha anche il significato di «dammi, lascia fare a me».
Il mo' temporale è sconosciuto (ma v. infra), anche se da qualche parte ho letto che in passato era in uso a Firenze, il che spieghebbe il verso dantesco «più non si pareggia mo' e issa» (Inf. XXIII, 7) come un confronto tra Firenze e Lucca. Pietro di Dante dice invece: «ideo dicit hic quod mo', quod vulgare est Lombardorum», la qual cosa mi pare ancor più incredibile.
Di recente si è televisivamente diffuso il romanesco «è da mo' che...», locuzione che io evito accuratamente di usare.
Il mo' temporale è sconosciuto (ma v. infra), anche se da qualche parte ho letto che in passato era in uso a Firenze, il che spieghebbe il verso dantesco «più non si pareggia mo' e issa» (Inf. XXIII, 7) come un confronto tra Firenze e Lucca. Pietro di Dante dice invece: «ideo dicit hic quod mo', quod vulgare est Lombardorum», la qual cosa mi pare ancor più incredibile.
Di recente si è televisivamente diffuso il romanesco «è da mo' che...», locuzione che io evito accuratamente di usare.

- u merlu rucà
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Mi sono chiesto da dove venga il prestigio di adesso, che oggi tende a prevalere su ora (a parte la roccaforte toscana). Il nostro avverbio di tempo è indicato come genericamente settentrionale. Pure Dante lo usava, sia pur in maniera sporadica e minoritaria rispetto a ora. Da quale dialetto settentrionale proviene? Sicuramente da un dialetto che all'epoca aveva un certo prestigio. Io azzarderei il milanese. Adess compare nei componimenti di Bonvesin De La Riva. Probabilmente dal milanese si è diffuso nel resto dell'Italia settentrionale, senza conquistare la Liguria, che ha il tipo ORA (o meglio (H)Ā ŌRĀ/AD ŌRĀ), in alternanza con il tipo simile al ligure in Piemonte e nelle zone che hanno MODO.
Penso il bolognese: alcune parole dantesche sono state interpretate come forme bolognesi «toscanizzate»; inoltre aveva una grande stima di quel dialetto (v. De vulgari eloquentia).u merlu rucà ha scritto: Pure Dante lo usava, sia pur in maniera sporadica e minoritaria rispetto a ora. Da quale dialetto settentrionale proviene? Sicuramente da un dialetto che all'epoca aveva un certo prestigio.
- u merlu rucà
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Sull'AIS adès/adèš è abbastanza compatto su tutta l'Emilia (solo nel Piacentino è riportato õda). Non saprei dire se ai tempi di Dante fosse in uso o no.u merlu rucà ha scritto:Oggi mi sembra che il bolognese usi adess.
Riguardando meglio, ci sono altri due punti dell'area toscana con adesso invece di ora: l'Isola d'Elba e Porto Santo Stefano (anche per Roma è riportato, stranamente, adesso invece di mo', come sarebbe logico aspettarsi).
- SinoItaliano
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Certo. Adesso è la versione formale di mo'.Carnby ha scritto: (anche per Roma è riportato, stranamente, adesso invece di mo', come sarebbe logico aspettarsi).

Questo di sette è il piú gradito giorno, pien di speme e di gioia: diman tristezza e noia recheran l'ore, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno.
- u merlu rucà
- Moderatore «Dialetti»
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