E’ come in monarchia, oligarchia, gerarchia et c. .... La seconda parte del sostantivo è la stessa come in autarchia.
Ovviamente, sono tutte parole di origine greca.
Anche il sostantivo autarchia ci è pervenuto secondo la pronuncia del greco bizantino in cui il dittongo “ει” si pronunciava “i” , proprio come nel greco moderno.
Si può anche applicare al sostantivo “autarchia” - e agli altri - la regola esposta dal Migliorini e da lei riferita. Si ottiene lo stesso risultato.
Infatti, in “philosophia” - in latino - si ha un' “i” di quantità – durata – breve e l’accento – regoletta ginnasiale – si “sposta” sulla terzultima sillaba. In autarchia, invece, e in tutte le parole simili - anche “riferendole” al latino secondo la modalità del Migliorini – non cambierebbe nulla e l’accento permarrebbe sempre sulla penultima sillaba. Perché - in questo caso - la penultima sillaba va considerata di quantità lunga. Se si considera il dittongo – due vocali – è lunga. Ma è lunga anche se si considera la pronuncia bizantina - o moderna - . In questo caso si avrebbe un' “i” derivata da un dittongo e, quindi, lunga che, perciò, “reggerebbe” l’accento.
Diversamente da quanto accade - in latino - coll' “i” di “philosophia” che è di quantità breve e non “sopporta” l’accento. In greco, ovviamente, la regola non si applica e il greco ha - tuttora - l’accento di filosofia tranquillissimamente sulla penultima sillaba.
Ho cercato di fornire un chiarimento puramente descrittivo . . .
Senza addentrarmi in spiegazioni "causali" del fenomeno linguistico.
In realtà, l’accento nel latino e nel greco classico non sono la stessa cosa e, inoltre, andrebbe spiegato perché alcuni sostantivi greci hanno “ει” - dittongo, quindi di quantità lunga - e altri “ι” - di quantità breve - . . .
Il greco attuale - come l'italiano e le altre lingue neo-latine - ha perduto il valore distintivo della quantità vocalica. L'eredità italiana della diversità di quantità vocalica originaria consiste nella differenza di apertura/chiusura delle vocali.