Sulla dizione «attoriale»
Moderatore: Cruscanti
-
- Interventi: 1413
- Iscritto in data: ven, 19 ott 2012 20:40
- Località: Marradi (FI)
Re: PERPLESSITA'
Allegroform per [suum'pa:lo]?ippogrifo ha scritto:Ma esiste davvero chi pronuncia [swum'pa:lo] con "w" -"wu" -? Mai sentito.
-
- Interventi: 263
- Iscritto in data: lun, 09 apr 2012 1:22
Il DOP in rete non parla affatto di questa pronuncia.Amedeo De Dominicis nell’[i][url=http://www.treccani.it/enciclopedia/fonologia_%28Enciclopedia-dell%27Italiano%29/]Enciclopedia dell’Italiano[/url][/i] ha scritto:L’assenza di */ji/, */wu/, */ij/ e */uw/ può essere spiegata come un caso particolare di applicazione di un principio di organizzazione fonologica noto come OCP (Obligatory Contour Principle). Si tratta di un vincolo negativo che inibisce nei sistemi linguistici la creazione di adiacenze soggiacenti di fenomeni identici o fortemente affini (Leben 1973; Goldsmith 1976). Nel nostro caso, spiega come mai non appaiano dittonghi formati da due foni di timbro uguale.
Comunque, come già detto, ciò che non comprendo è perché l'elisione di li insegno, su un argomento e le esercitazioni non è la prima pronuncia (e grafia) riportata dal DiPI. Eppure, se non si è influenzati dalla grafia senz'elisione, e se si è, allo stesso tempo, esenti da abitudini foniche non-centrali, e non-neutre, si può facilmente vedere che la pronuncia normale effettiva non è, certamente, quella senz'elisione.
RE: OBLIGATORY CONTOUR PRINCIPLE
Ottimo intervento! A essere sincero ero convinto - per esperienza di ascolti e a titolo puramente personale - che una pronuncia come [wu] non potesse essere ritenuta corretta, ma non ero riuscito a riscontrare alcun riferimento esplicito al vincolo fonologico. Che, ovviamente, vale per l'italiano, ma non vale, ad es., per l'inglese e neppure - come scrive il Canepari - per il cinese mandarino. Non tutte le lingue accettano il vincolo.
A questo punto, però, se quanto scritto nella Treccani è vero e condivisibile, mi chiedo perché [wu] continui a stare in un dizionario in linea e nessuno abbia fatto osservazioni.
A questo punto, però, se quanto scritto nella Treccani è vero e condivisibile, mi chiedo perché [wu] continui a stare in un dizionario in linea e nessuno abbia fatto osservazioni.
- Infarinato
- Amministratore
- Interventi: 5603
- Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 10:40
- Info contatto:
UU / WU
Grazie per il gradito chiarimento.
Mi rimane solo il dubbio su quanto sia davvero opportuno che repertori in linea d'immediata consultazione da parte di qualsiasi tipo di pubblico - quindi, non necessariamente destinati a competenti cultori della lingua - elenchino anche queste forme senza connotarle di chiarimenti espliciti.
Molte persone non preparate - anche se dotate delle migliori intenzioni nei confronti della lingua, altrimenti andrebbero su altri siti - non padroneggiano la distinzione tra fonetica e fonologia e tendono - comunque - ad attribuire valore "normativo" a quanto leggono s'un vocabolario.

Mi rimane solo il dubbio su quanto sia davvero opportuno che repertori in linea d'immediata consultazione da parte di qualsiasi tipo di pubblico - quindi, non necessariamente destinati a competenti cultori della lingua - elenchino anche queste forme senza connotarle di chiarimenti espliciti.
Molte persone non preparate - anche se dotate delle migliori intenzioni nei confronti della lingua, altrimenti andrebbero su altri siti - non padroneggiano la distinzione tra fonetica e fonologia e tendono - comunque - ad attribuire valore "normativo" a quanto leggono s'un vocabolario.
- Animo Grato
- Interventi: 1384
- Iscritto in data: ven, 01 feb 2013 15:11
Re: RE: OBLIGATORY CONTOUR PRINCIPLE
O, forse, vale, ma è più alta la soglia sotto la quale due suoni "fortemente affini" vengono ancora percepiti come sufficientemente distinti. Potrebbe essere?ippogrifo ha scritto: [...] vincolo fonologico [c]he, ovviamente, vale per l'italiano, ma non vale, ad es., per l'inglese e neppure - come scrive il Canepari - per il cinese mandarino.
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
Re: RE: OBLIGATORY CONTOUR PRINCIPLE
Domanda difficile, che ci riporta ai tentativi di costruzione di una «grammatica universale» ancora lontani da una conclusione scientifica attendibile.Animo Grato ha scritto:O, forse, vale, ma è più alta la soglia sotto la quale due suoni "fortemente affini" vengono ancora percepiti come sufficientemente distinti. Potrebbe essere?
Re: RE: OBLIGATORY CONTOUR PRINCIPLE
Sto leggendo un libro sul tedesco - in tedesco, ma il problema non è la lingua - . Sarebbe lo stesso con qualsiasi altra lingua in qualsiasi altra lingua. Almeno, ritengo. L'origine di determinati dittonghi è "spiegata" tramite il principio di "Vokaldifferenzierung". Il "contrasto" rende più "saliente" la pronuncia, "attira" più agevolmente l'attenzione dell'interlocutore. Sarà pure così. Mezza pagina dopo per spiegare l'evoluzione dello stesso, ma anche di altri dittonghi s'invoca un principio che - per semplificare - tradurrei con assimilazione e si giustifica il fenomeno storicamente determinatosi mediante l'esigenza di economicità / ergonomicità dell'impegno articolatorio. Si corre davvero il rischio di fornire spiegazioni "ad hoc". Scientificamente inammissibili - Popper insegna - . E' chiaro che, avvalendoci - in ogni situazione - di un determinato principio o del suo opposto e, se non basta, del "continuum" che sottende i due poli dell'antitesi, tutti noi saremmo in grado di spiegare "tutto". Si prendono in considerazione poche variabili, ma si finisce, però, per proporre teorie "troppo" semplici che non riescono ad andare oltre un mero livello storico e descrittivo dei fenomeni linguistici, proponendo categorie classificatorie scarsamente dotate di potere davvero esplicativo.
Re: RE: OBLIGATORY CONTOUR PRINCIPLE
Mi ricorda di una cosa che mi venne detta all'università. A proposito del principio del «minimo sforzo» (che si trova anche in Malmberg) venne fatto un controesempio per cercare di dimostrare che ci fosse anche un principio di «distintività» che contrastava la tendenza all'assimilazione. L'esempio era il rumeno lapte < LACTE dove -pt- pare obbedire a una logica di «massimo sforzo articolatorio», ma questo non è dovuto necessariamente a un'esigenza di differenziazione fonematica e prova ne è il fatto che in rumeno -CT- passa sempre a -pt-.ippogrifo ha scritto:L'origine di determinati dittonghi è "spiegata" tramite il principio di "Vokaldifferenzierung". Il "contrasto" rende più "saliente" la pronuncia, "attira" più agevolmente l'attenzione dell'interlocutore. Sarà pure così. Mezza pagina dopo per spiegare l'evoluzione dello stesso, ma anche di altri dittonghi s'invoca un principio che - per semplificare - tradurrei con assimilazione e si giustifica il fenomeno storicamente determinatosi mediante l'esigenza di economicità / ergonomicità dell'impegno articolatorio. Si corre davvero il rischio di fornire spiegazioni "ad hoc".
Una cosa che credo di non aver ancora rivelato ai frequentatori di questo fòro è che da svariati anni (dal 1997, a essere precisi) frequento, seppur a fasi alterne, vari corsi di recitazione e gruppi teatrali amatoriali della città in cui vivo. È uno dei miei hobby.
Tuttavia, è da molto prima che mi interesso e documento su questioni fonologiche e fonetiche, almeno dalle scuole medie, da quando l'insegnante d'italiano, romana, ci disse che lei era l'unica nella classe (nel ponente ligure) ad avere una corretta pronuncia... ma mi sfuggiva il perché. Poi lessi nell'enciclopedia di casa che esistono 'e' aperte e chiuse e così via.
Secondo voi qual è la pronuncia che dovrebbe adottare un moderno attore di teatro, seppur dilettante? Conformarsi alla pronuncia tradizionale o accogliere le tendenze di quella moderna?
Ricordo la mia prima insegnante di recitazione che mi corresse un "ra/dzdz/o" pronunciato con la sonora (e che ero sicuro si pronunciasse così) dicendomi che si pronuncia "ra/tsts/o", poiché si dice anche "pa/tsts/o", "ma/tsts/o" ecc.
La stessa insegnante (che ripeteva spesso di aver lavorato con Ronconi), quando le chiesi se "casa", cosa" e "così" non si dovessero pronunciare con la 's' sorda, mi rispose convinta che era pron. errata.
Per quanto riguarda il raddoppiamento sintattico, né lei né quelli (e sono tanti) che ho incontrato in seguito ne hanno fatto il minimo cenno (e dubito che alcuni di essi lo conoscano, e questo – si badi – non vuol dire che non lo applicano). Che esista e in che cosa consista il raddoppiamento (fono)sintattico l'ho scoperto grazie alla Rete (forse proprio qui). Quanto a "bène" invece son tutti d'accordo: è forse la prima cosa che ti correggono, visto che qui (Liguria) dicono tutti spontaneamente "béne". Certo, c'è anche la correzione della "cantilena zeneize" – e ci mancherebbe...
Al di là dell'aneddoto, fino a che punto mi dovrei spingere io? e fino a che punto deve spingersi un attore professionista (dove quello "spingersi" implica anche un "allontanarsi dalla tendenza modernizzante")? Dirò "guàina" o "guaìna", "valùto" o "vàluto", "ca/z/a" o "ca/s/a", "dove/vv/ai" o "dove/v/ai", "pa/tsts/ienza" o "pa/ts/ienza" (giusto per toccare aspetti diversi della dizione, dall'accento tonico alla sonorizzazione al raddoppiamento all'autogeminazione quasi sempre negletti)? Ciò anche in rapporto agli altri, perché non so cosa è peggio, se sentire tre "sorelle" sul palco che parlano di una zia dicendo l'una "la/tsts/ia", l'altra "la/dz/ia" e la terza "la/dzdz/ia" oppure sentire da tutte e tre una dizione magari "impropria" ma almeno concorde (ammesso poi che il pubblico ci faccia caso, ma questo è un altro discorso...). A seconda della scuola (livello e collocazione geografica) e della "tendenza" dell'insegnante, poi, l'allievo che viene dal sud potrebbe essere indotto a dire "ca/z/a" così come, all'opposto, quello di Milano invitato a pronunciare "ca/s/a".
Tuttavia, è da molto prima che mi interesso e documento su questioni fonologiche e fonetiche, almeno dalle scuole medie, da quando l'insegnante d'italiano, romana, ci disse che lei era l'unica nella classe (nel ponente ligure) ad avere una corretta pronuncia... ma mi sfuggiva il perché. Poi lessi nell'enciclopedia di casa che esistono 'e' aperte e chiuse e così via.
Secondo voi qual è la pronuncia che dovrebbe adottare un moderno attore di teatro, seppur dilettante? Conformarsi alla pronuncia tradizionale o accogliere le tendenze di quella moderna?
Ricordo la mia prima insegnante di recitazione che mi corresse un "ra/dzdz/o" pronunciato con la sonora (e che ero sicuro si pronunciasse così) dicendomi che si pronuncia "ra/tsts/o", poiché si dice anche "pa/tsts/o", "ma/tsts/o" ecc.

Per quanto riguarda il raddoppiamento sintattico, né lei né quelli (e sono tanti) che ho incontrato in seguito ne hanno fatto il minimo cenno (e dubito che alcuni di essi lo conoscano, e questo – si badi – non vuol dire che non lo applicano). Che esista e in che cosa consista il raddoppiamento (fono)sintattico l'ho scoperto grazie alla Rete (forse proprio qui). Quanto a "bène" invece son tutti d'accordo: è forse la prima cosa che ti correggono, visto che qui (Liguria) dicono tutti spontaneamente "béne". Certo, c'è anche la correzione della "cantilena zeneize" – e ci mancherebbe...
Al di là dell'aneddoto, fino a che punto mi dovrei spingere io? e fino a che punto deve spingersi un attore professionista (dove quello "spingersi" implica anche un "allontanarsi dalla tendenza modernizzante")? Dirò "guàina" o "guaìna", "valùto" o "vàluto", "ca/z/a" o "ca/s/a", "dove/vv/ai" o "dove/v/ai", "pa/tsts/ienza" o "pa/ts/ienza" (giusto per toccare aspetti diversi della dizione, dall'accento tonico alla sonorizzazione al raddoppiamento all'autogeminazione quasi sempre negletti)? Ciò anche in rapporto agli altri, perché non so cosa è peggio, se sentire tre "sorelle" sul palco che parlano di una zia dicendo l'una "la/tsts/ia", l'altra "la/dz/ia" e la terza "la/dzdz/ia" oppure sentire da tutte e tre una dizione magari "impropria" ma almeno concorde (ammesso poi che il pubblico ci faccia caso, ma questo è un altro discorso...). A seconda della scuola (livello e collocazione geografica) e della "tendenza" dell'insegnante, poi, l'allievo che viene dal sud potrebbe essere indotto a dire "ca/z/a" così come, all'opposto, quello di Milano invitato a pronunciare "ca/s/a".
Ultima modifica di Zabob in data ven, 24 ott 2014 14:08, modificato 1 volta in totale.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
-
- Interventi: 1413
- Iscritto in data: ven, 19 ott 2012 20:40
- Località: Marradi (FI)
E' difficile trovare una risposta forte, mi sa che la cosa rientri nel gusto personale.Zabob ha scritto:Al di là dell'aneddoto, fino a che punto mi dovrei spingere io? e fino a che punto deve spingersi un attore professionista (dove quello "spingersi" implica anche un "allontanarsi dalla tendenza modernizzante")?
Se c'è un direttore teatrale starà a lui fare una scelta.
Il pubblico fa caso a cose diverse, a seconda della propria parlata.Zabob ha scritto:Ciò anche in rapporto agli altri, perché non so cosa è peggio, se sentire tre "sorelle" sul palco che parlano di una zia dicendo l'una "la/tsts/ia", l'altra "la/dz/ia" e la terza "la/dzdz/ia" oppure sentire da tutte e tre una dizione magari "impropria" ma almeno concorde (ammesso poi che il pubblico ci faccia caso, ma questo è un altro discorso...).
Non farà caso alle cose che condivide, e noterà fortemente quelle estranee.
L'insegnante romana citata avrà notato sicuramente le particolarità della vostra parlata ligure spontanea, ma chissà se lei riusciva a dire sabato e ragione con una sola /b/ e una sola /dZ/.
- Infarinato
- Amministratore
- Interventi: 5603
- Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 10:40
- Info contatto:
Per carità adotti la pronuncia tradizionale o quella [canepariamente] «moderna», ma non faccia «misti» delle due (tranne, eventualmente, per quei vocaboli per i quali la dizione riportata per seconda dal DOP coincida con la variante moderna) o inserendovi elementi estranei a entrambe.Zabob ha scritto:Secondo voi qual è la pronuncia che dovrebbe adottare un moderno attore di teatro, seppur dilettante? Conformarsi alla pronuncia tradizionale o accogliere le tendenze di quella moderna?
La pronuncia neutra dell’italiano non è un arbitrario esercizio di creatività individuale come ritengono anche molti [presunti] «professionisti della voce», ma discende (soprattutto nelle variante tradizionale) da precise ragioni di fonetica storica, e soggiace alla coerenza interna di tutto l’apparato linguistico (da vero [uomo] con /-vˈv-/ come davvero, a casa con /-kˈk-/ come accasare etc.).
Sì, gentile Infarinato, ma le regole non le faccio io. Sto riprendendo questo passatempo dopo due-tre anni e ho già sentito un nuovo insegnante dire (e naturalmente far dire) "pranzo" con la 'z' sorda e ho pensato che non sta bene che un allievo ultimo arrivato faccia il saccente correggendo l'insegnante (che a sua volta ne saprà di più di me su mille altri aspetti della recitazione).
Ritengo inevitabile fare «misti» (diciamo un compromesso) fra pronuncia tradizionale e pronuncia moderna per varie ragioni: è praticamente impossibile conoscere tutte le regole ed eccezioni dell'una e dell'altra, quindi qualche "errore" prima o poi scappa; gl'insegnanti possono provenire da varie scuole, dove non si sa che cosa abbiano appreso (DOP? DOP con parziale modernizzazione, per es. accogliendo la 's' intervocalica sonora?) e quindi trasmettere ciascuno nozioni diverse ai suoi discenti; docenti a parte, su un palco si va in tanti, sarebbe assurdo che io scelga un'impostazione "tradizionale" se poi un altro segue quella "moderna", un altro ancora gli schemi che ha trovato su Speaker...
Ritengo inevitabile fare «misti» (diciamo un compromesso) fra pronuncia tradizionale e pronuncia moderna per varie ragioni: è praticamente impossibile conoscere tutte le regole ed eccezioni dell'una e dell'altra, quindi qualche "errore" prima o poi scappa; gl'insegnanti possono provenire da varie scuole, dove non si sa che cosa abbiano appreso (DOP? DOP con parziale modernizzazione, per es. accogliendo la 's' intervocalica sonora?) e quindi trasmettere ciascuno nozioni diverse ai suoi discenti; docenti a parte, su un palco si va in tanti, sarebbe assurdo che io scelga un'impostazione "tradizionale" se poi un altro segue quella "moderna", un altro ancora gli schemi che ha trovato su Speaker...
Può farmi qualche esempio?Infarinato ha scritto:...non faccia «misti» delle due (tranne, eventualmente, per quei vocaboli per i quali la dizione riportata per seconda dal DOP coincida con la variante moderna)
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
- Infarinato
- Amministratore
- Interventi: 5603
- Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 10:40
- Info contatto:
Mi scusi, ma codesto non è un problema di dizione, sibbene di quieto vivere: Lei è ovviamente libero di fare le sue scelte. Nulla però vieterebbe a Lei personalmente d’adottare [tacitamente] la pronuncia tradizionale e, qualora fosse ripreso dall’insegnante, laconicamente rispondere: «Mi scusi, ma [qui] io m’attengo alla pronuncia tradizionale fiorentina della lingua italiana».Zabob ha scritto:[H]o già sentito un nuovo insegnante dire (e naturalmente far dire) "pranzo" con la 'z' sorda e ho pensato che non sta bene che un allievo ultimo arrivato faccia il saccente correggendo l'insegnante (che a sua volta ne saprà di più di me su mille altri aspetti della recitazione).

Con codesto atteggiamento non si va da nessuna parte (ed è sostanzialmente la ragione per cui in Italia abbiamo mille varianti di dizione attoriale): troppo comodo!Zabob ha scritto:[È] praticamente impossibile conoscere tutte le regole ed eccezioni dell'una e dell'altra, quindi qualche "errore" prima o poi scappa…


E Lei, coi discrasici obbrobri che si sentono a giro tra i «professionisti», si fa codesti scrupoli «filologici»? Stiamo parlando delle pronunce tradizionale e moderna, non —per dire— di quelle regionali lombarda e siciliana!Zabob ha scritto:[D]ocenti a parte, su un palco si va in tanti, sarebbe assurdo che io scelga un'impostazione "tradizionale" se poi un altro segue quella "moderna"…

Chi c’è in linea
Utenti presenti in questa sezione: Nessuno e 1 ospite