Origine di «-ie-» in «postierla»
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Origine di «-ie-» in «postierla»
La parola postierla deriva dal latino POSTĚRŬLA (‹porticina di servizio›). Lo sviluppo dell’Ě tonica in -ie- (/-jɛ-/) è possibile solo in sillaba libera: la sua presenza in questa parola all’interno di una sillaba chiusa implica che il suddetto sviluppo si sia verificato prima della sincope di Ŭ?
Ultima modifica di Ferdinand Bardamu in data gio, 11 giu 2015 0:31, modificato 1 volta in totale.
Re: Origine di «-ie-» in «postierla»
Così spiega il Rohlfs - §84 della Fonetica - e l'inferenza formulata pare accettabile. Molte utili informazioni ed esempi relativi alla Toscana e ad altre regioni nei §§ limitrofi.Ferdinand Bardamu ha scritto:La parola postierla deriva dal latino POSTĚRŬLA (‹porticina di servizio›). Lo sviluppo dell’Ě tonica in -ie- (/-jɛ-/) è possibile solo in sillaba libera: la sua presenza in questa parola all’interno di una sillaba chiusa implica che il suddetto sviluppo si è verificato prima della sincope di Ŭ?
P.S. : non so valutare l'affidabilità relativa ad altre regioni. Ma, ad es., l'aver attribuito - proprio nel §84 - "tietto" per tetto alla Liguria grida vendetta al cielo. In Liguria - ct- non ebbe l'assimilazione a -tt-, ma divenne -it- come in piemontese. Quindi, da "lacte(m)", "tectu(m)" et c. si ebbero laite>læte, teitu et c. . "Tietto" in Liguria non è mai esistito. Mi scuso sinceramente, ma per un ligure riesce davvero penoso leggere o citare il Rohlfs. S'imparano moltissime cose, ma - per quanto concerne gli esempi liguri - "quattro su tre" sono grossolanamente e inspiegabilmente errati. Anche quando le fonti sono corrette. Non si riesce proprio a comprenderne il motivo. Mi scuso nuovamente per essere andato fuori tema.
E, infatti, questa è la motivazione che ne offre il Rohlfs nel §106 della Fonetica richiamando l' "analoga" forma postierla - §84 - .Carnby ha scritto:Sarà un caso tipo tuorlo?
- Ferdinand Bardamu
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Grazie a Carnby per aver riportato l’esempio di tuorlo (mi stavo scervellando a ricordare un caso analogo) e a ippogrifo per la citazione del Rohlfs.
Se facessimo una comparazione tra altre lingue, e con un’altra parola, potremmo trovare un fenomeno molto simile: es. per il francese vieux, il provenzale vielh e lo spagnolo viejo dobbiamo supporre, in origine, un latino parlato *VĚCŬLU(M) (class. VĚTŬLUM); per l’italiano vecchio, il rumeno vechi, il catalano vell e il portoghese velho dobbiamo invece pensare che la sincope fosse già avvenuta (< *VĚCLU(M)). È plausibile questa ricostruzione?
Se facessimo una comparazione tra altre lingue, e con un’altra parola, potremmo trovare un fenomeno molto simile: es. per il francese vieux, il provenzale vielh e lo spagnolo viejo dobbiamo supporre, in origine, un latino parlato *VĚCŬLU(M) (class. VĚTŬLUM); per l’italiano vecchio, il rumeno vechi, il catalano vell e il portoghese velho dobbiamo invece pensare che la sincope fosse già avvenuta (< *VĚCLU(M)). È plausibile questa ricostruzione?
Re: Origine di «-ie-» in «postierla»
D'altronde, la forma fiorentina - e toscana - "ier l'altro" pare confermare - in fonosintassi - quanto afferma il Rohlfs. Relativamente a "uo", "fuor d'acqua" et c. . . . Direi che ci siamo.
SINCOPE
Relativamente alla sincope possiamo essere certi che essa risultava già presente nell’“Appendix Probi”, che cita gli “errori” dell’epoca e in cui già compare “veclus”, da “vetlus”. In Petronio - I sec. d.C. - si riscontra già “oclu” e Quintiliano riferisce che già l’imperatore Augusto riteneva “calidus” - anziché “caldus” - una mera pedanteria. "Domna" per "domina" è ampiamente attestato nelle iscrizioni a partire dal I sec d. C., anche se si ritrova già nel latino arcaico.Ferdinand Bardamu ha scritto:Se facessimo una comparazione tra altre lingue, e con un’altra parola, potremmo trovare un fenomeno molto simile: es. per il francese vieux, il provenzale vielh e lo spagnolo viejo dobbiamo supporre, in origine, un latino parlato *VĚCŬLU(M) (class. VĚTŬLUM); per l’italiano vecchio, il rumeno vechi, il catalano vell e il portoghese velho dobbiamo invece pensare che la sincope fosse già avvenuta (< *VĚCLU(M)). È plausibile questa ricostruzione?
Il Rohlfs, però - sempre nel §84 della Fonetica -, afferma che la pseudo-dittongazione non si verifica se segue palatale. In realtà, gli esempi che riferisce sono tutti accomunati anche dal fatto di esibire - pure in origine - una successione di due consonanti o consonante + approssimante (medju(m)) o geminazione di approssimanti (pejjus, scritto “peius”). Infatti, solo la pronuncia “pejjus” - per altro, confermata dagli studiosi - può “spiegare” il fiorentino – e italiano – peggio. "Sette", ad es., da sĕpte(m) non "dittonga" e non mi pare ci siano "palatali".
Quindi, occorre sempre tenere presente che la sincope risulta essere precedente alla formazione delle lingue neolatine e che le specifiche occorrenze in cui la pseudo-dittongazione romanza si è verificata sono diverse in dipendenza di sistemi linguistici che - nel tempo - si sono differenziati tra loro.
- Ferdinand Bardamu
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Grazie ancora. Effettivamente è piuttosto forzato fare paragoni interlinguistici: quella che noi, impropriamente, chiamiamo dittongazione sottostà a condizionamenti diversi da lingua a lingua. Come ha giustamente detto lei, nella formazione del latino volgare e nel successivo sviluppo di un protoromanzo ciascuna parte della Romània agí come un sistema a sé stante.
Tuttavia, possiamo essere abbastanza sicuri che tuorlo e postierla — parole che appartengono al sistema toscano — svilupparono quel loro «dittongo» prima che si verificasse la sincope, no? Oppure dobbiamo supporre che si tratti di eccezioni?ippogrifo ha scritto:Quindi, occorre sempre tenere presente che la sincope risulta essere precedente alla formazione delle lingue neolatine e che le specifiche occorrenze in cui la pseudo-dittongazione romanza si è verificata sono diverse in dipendenza di sistemi linguistici che - nel tempo - si sono differenziati tra loro.
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Re: SINCOPE
In molti casi la sincope non è avvenuta: ventimigliese furmìgura "formica" < FORMICULA; magurà "ammaccare" < MACULARE.ippogrifo ha scritto:Quindi, occorre sempre tenere presente che la sincope risulta essere precedente alla formazione delle lingue neolatine e che le specifiche occorrenze in cui la pseudo-dittongazione romanza si è verificata sono diverse in dipendenza di sistemi linguistici che - nel tempo - si sono differenziati tra loro.
Largu de farina e strentu de brenu.
SINCOPE E "DITTONGAZIONE" O VICE VERSA?
Di nulla.Ferdinand Bardamu ha scritto:Grazie ancora.

Certamente, le nostre conclusioni sono condivisibili da tutti e ciò che vale per un sistema non può assolutamente essere generalizzato ad altri, sia pure “affini”. Prova ne sia il fatto che il Rohlfs impiega pagine e pagine per poter descrivere e differenziare il fenomeno della pseudo-dittongazione romanza nei diversi sotto-sistemi italiani. E, ad es., ciò che vale per il Veneto non vale per un altro sottosistema e così via.Ferdinand Bardamu ha scritto:Effettivamente è piuttosto forzato fare paragoni interlinguistici: quella che noi, impropriamente, chiamiamo dittongazione sottostà a condizionamenti diversi da lingua a lingua. Come ha giustamente detto lei, nella formazione del latino volgare e nel successivo sviluppo di un protoromanzo ciascuna parte della Romània agí come un sistema a sé stante.
Meno convincente appare ciò che dice in merito alla “palatale”, ma questo dubbio - ovviamente - non intacca il principio generale esposto.
Che dirle? Raramente in linguistica ci si può avvalere della “prova provata”. Un po’ come in criminologia...Ferdinand Bardamu ha scritto:Tuttavia, possiamo essere abbastanza sicuri che tuorlo e postierla — parole che appartengono al sistema toscano — svilupparono quel loro «dittongo» prima che si verificasse la sincope, no? Oppure dobbiamo supporre che si tratti di eccezioni?


Avevo appena fatto alcuni interventi sull'illiceità della generalizzazioneu merlu rucà ha scritto:In molti casi la sincope non è avvenuta: ventimigliese furmìgura "formica" < FORMICULA; magurà "ammaccare" < MACULARE.

Ciò vale anche per ciò che scrivo io. Come per tutti

Evidentemente, mi riferivo alla sincope non in senso generale, ma all'esempio di "veclus" citato per discriminare se - in questo caso - il fenomeno della sincope avesse potuto "differenziare" i sistemi neolatini. Se, cioè, potesse essere posteriore al sistema linguistico ancora latino. In questo caso specifico la sincope risulta essere precedente alla formazione dei sistemi neolatini. I quali partono - tutti - da un tipo già sincopato e si differenziano ulteriormente tra loro anche in dipendenza di diversità della realizzazione del fenomeno della pseudo-dittongazione.
- Ferdinand Bardamu
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Re: SINCOPE E "DITTONGAZIONE" O VICE VERSA?
E, dunque, a puro rigor di logica, per mantenere la coerenza della regola (-iè- e -uò- sono esiti possibili solo in sillaba aperta), dobbiamo per forza supporre che la «dittongazione» abbia avuto luogo prima della sincope. Sennonché quest’ipotesi, se nel caso specifico ha qualche utilità, porrebbe dei problemi non indifferenti se si generalizzasse: dovremmo pensare, per esempio, che VĚCLU(M) si sia sincopato — con conseguente palatalizzazione di -TL- in -CL- — prima che la «dittongazione» di Ě fosse attiva. Insomma, lo stesso suffisso diminutivo/vezzeggiativo -ŬLU(M) avrebbe dovuto subire la sincope in tempi diversi, all’interno dello stesso sistema.ippogrifo ha scritto:Che dirle? Raramente in linguistica ci si può avvalere della “prova provata”. Un po’ come in criminologia...Infatti, scrissi d’inferenza, non prova. Penso che, se la prova esistesse, il Rohlfs ce l’avrebbe riferita. Quanto da me inserito nel mio intervento precedente relativamente a “ier l’altro” e a “fuor d’acqua” mostra che l’apocope successiva alla “dittongazione” non causa alcun effetto. Se si fosse in matematica occorrerebbe anche poter dimostrare l’effetto di un’eventuale sincope precedente e non successiva... Ma - normalmente - gli autori di linguistica non raggiungono questo livello di sottigliezza... Anche se - a puro rigor di logica - in assenza di un dato specifico non si potrebbe rigettare l’ipotesi contraria...
AGGIORNAMENTO
In questo articolo — piú datato del Rohlfs, ma comunque interessante — si sostiene che la presenza di forme non sincopate in italiano e in rumeno, a fronte della tendenza alla sincope di francese e spagnolo, non è un criterio valido per distinguere la latinità occidentale dalla latinità orientale, perché quelle forme intere sono il risultato dell’influenza e del controllo del latino cólto su quello parlato. La sincope, infatti, è sempre stata un fenomeno comune a tutta la Romània.
A parte questo, giova ricordare che per la parola in questione esistono anche delle varianti non dittongate: postèrla e pustèrla (quest’ultima con chiusura della ó protonica). Per vederci piú chiaro, bisognerebbe capire se queste ultime forme sono posteriori a quella dittongata: se hanno cioè subíto una successiva monottongazione.
Ultima modifica di Ferdinand Bardamu in data mer, 22 gen 2014 20:00, modificato 1 volta in totale.
Re: SINCOPE E "DITTONGAZIONE" O VICE VERSA?
Tutto quanto lei scrive è condivisibile. Certo, "veclu(m)" ha subito la sincope prima che potesse intervenire la "dittongazione" ed è del tutto "normale" che la sincope - dov'è intervenuta - non si sia verificata nel rispetto di categorie grammaticali. Né della sincronicità temporale. Quindi, è del tutto plausibile che uno stesso "suffisso" possa averla subita in alcuni vocaboli, ma non in altri. Il registro elevato tendeva a rigettarla, mentre ampie masse - a scolarizzazione sostanzialmente nulla - la producevano in vocaboli non ambigui di uso ultracomune a scopo di semplificare, velocizzare. La scolarizzazione di massa e la consapevolezza di "regole" sono recenti frutti della "modernità" e non possono valere per le "plebi" della latinità.Ferdinand Bardamu ha scritto:…[D]unque, a puro rigor di logica, per mantenere la coerenza della regola (-iè- e -uò- sono esiti possibili solo in sillaba aperta), dobbiamo per forza supporre che la «dittongazione» abbia avuto luogo prima della sincope. Sennonché quest’ipotesi, se nel caso specifico ha qualche utilità, pone dei problemi non indifferenti se si si generalizzasse: dovremmo pensare, per esempio, che VĚCLU(M) si sia sincopato — con conseguente palatalizzazione di -TL- in -CL- — prima che la «dittongazione» di Ě fosse attiva. Insomma, lo stesso suffisso diminutivo/vezzeggiativo -ŬLU(M) avrebbe dovuto subire la sincope in tempi diversi, all’interno dello stesso sistema.

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Re: SINCOPE E "DITTONGAZIONE" O VICE VERSA?
Non ho (purtroppo) il tempo di dilungarmi sulla questione in questo momento.
Mi limito a fornire qualche [ulteriore] spunto di riflessione:
Mi limito a fornire qualche [ulteriore] spunto di riflessione:
- la [r] è una consonante «particolare»: cfr. la nota n. 4 alle pp. 5–6 di quest’articolo;
- se è vero che in francese la «dittongazione romanza» (da non confondersi con quella «francese») avviene di preferenza in sillaba aperta, essa può però avvenire anche in sillaba chiusa (e.g., pièce < *PĔTTIA[M]… senza contare che su vieil, vieux < *vèclu < VĔTŬLU[M] potrebbe aver influito l’antico viez < VĔTU[M] > it. vièto); in ispagnolo, invece, questa restrizione non c’è proprio;
- si veda infine questo interessante recente articolo su dittongazione romanza e toscana (in francese).
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Un sentito grazie anche a te, Infarinato. Se è abbastanza certo che la sincope è un fenomeno antico e comune a tutta la Romània, dobbiamo supporre dunque che un condizionamento del contesto fonetico, in particolare la presenza di una sonorante come [r], abbia consentito alla Ě già in sillaba chiusa di sviluppare la ben nota dittongazione, sia in postierla sia in tuorlo.
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Re: SINCOPE E "DITTONGAZIONE" O VICE VERSA?
Preciso: la dittongazione [romanza] in francese (e provenzale) avviene non solo in sillaba libera, ma anche in sillaba chiusa quando la vocale tonica sia seguita da consonante palatale/palatalizzata (si veda, ad esempio, il Pierret, pp. 194–5), per cui, considerando anche il falso positivo dell’esempio spagnolo, direi che (almeno qui) tout se tient.Infarinato ha scritto:[S]e è vero che in francese la «dittongazione romanza» (da non confondersi con quella «francese») avviene di preferenza in sillaba aperta, essa può però avvenire anche in sillaba chiusa (e.g., pièce < *PĔTTIA[M]… senza contare che su vieil, vieux < *vèclu < VĔTŬLU[M] potrebbe aver influito l’antico viez <size> it. vièto); in ispagnolo, invece, questa restrizione non c’è proprio…

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