La «s» in «Farnese» e «Farnesina»
Moderatore: Cruscanti
La «s» in «Farnese» e «Farnesina»
Per quale motivo "Farnese" si pronuncia con la s sorda ma "Farnesina" con la sonora? Mi sembra che nei diminutivi non muti la pronuncia della s, per cui si ha ingle/s/ino, tronche/s/ina, ecc.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
Anche a me viene spontaneo pronunciare Farne/s/e e Farne/z/ina: sospetto che il cognome Farnese non sia così conosciuto quanto la sede del Ministero degli Esteri. La sede ministerale viene così pronunciata col «prestigioso» suono /z/, mentre il cognome si becca un normale /-ese/ come tanti altri.
Per tronchese e alterati io ho nativamente /z/.
Per tronchese e alterati io ho nativamente /z/.
La Farnesina non è solo il nome con cui è metonimicamente conosciuto il Ministero degli Affari Esteri. C'è anche Villa Farnesina, che pare sia nota con questo nome sin dal 1580.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
Prova del 9: dice arne/z/e? allora sì.GFR ha scritto:A me viene Farne/z/e. Mi auguro che non sia un idiotismo nordico.

Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Re: La «s» in «Farnese» e «Farnesina»
Bonfante e Torti parlano di «una maggiór tendenza a sonorizzare in posizione protònica» (Il problema della corretta pronuncia nel doppiaggio cinematogràfico italiano, «SLI» XX [1994], 119–22, p. 121). E infatti abbiamo anche Lucchesia /-z-/ appetto a lucchese /-s-/ (che pure presenta da sempre la variante toscano-occidentale con /z/) e borghesia /-z-/ appetto a borghese /-s-/ (anche se in questo caso la sonorizzazione si deve forse soprattutto al fatto che «la parola, diffúsasi nel sècolo scorso in collegamento con le teoríe marxiste, à il suo modello nel franc. bourgeoisie» [loc. cit.]).Zabob ha scritto:Per quale motivo "Farnese" si pronuncia con la s sorda ma "Farnesina" con la sonora? Mi sembra che nei diminutivi non muti la pronuncia della s, per cui si ha ingle/s/ino, tronche/s/ina, ecc.
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Mi stupirebbe il contrario, ovvero sentire al Nord delle /s/ intervocaliche anziché delle /z/.GFR ha scritto:A me viene Farne/z/e. Mi auguro che non sia un idiotismo nordico.
Intendo quelle interne alla parola, non quelle dei composti "qualsiasi" "riserva" "risuolare" etc.
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E con riserva è già stato fin troppo generoso nel dare per scontato che sia percepita la sua origine di parola composta - a meno che non si intenda una domestica licenziata e poi nuovamente assunta!valerio_vanni ha scritto:Intendo quelle interne alla parola, non quelle dei composti "qualsiasi" "riserva" "risuolare" etc.

«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
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Sì, gentile Infarinato, il passo è già stato più ampiamente citato qui (indica questo quel [loc. cit.]?).
Forse Farnesina non è poi assimilabile ai diminutivi: credo che significhi "dei Farnese".
Quella della s protonica tuttavia mi sembra, per come è formulata, più un'eccezione o una tendenza (che si può ritrovare, per l'appunto, in borghesía, Lucchesía[*] e Farnesína) che una regola. La regola vorrebbe che i suffissi (piemontesina, inglesismo, mesetto ecc.) non alterino la pronuncia sorda della s, pur spostandola da posizione post- a pretonica (in realtà sul DOP ho trovato anche Genovesato /-z-/).
[*]In questi due casi non può pesare l'analogia con cortesía?
Forse Farnesina non è poi assimilabile ai diminutivi: credo che significhi "dei Farnese".
Quella della s protonica tuttavia mi sembra, per come è formulata, più un'eccezione o una tendenza (che si può ritrovare, per l'appunto, in borghesía, Lucchesía[*] e Farnesína) che una regola. La regola vorrebbe che i suffissi (piemontesina, inglesismo, mesetto ecc.) non alterino la pronuncia sorda della s, pur spostandola da posizione post- a pretonica (in realtà sul DOP ho trovato anche Genovesato /-z-/).
[*]In questi due casi non può pesare l'analogia con cortesía?
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Animo Grato ha scritto:E con riserva è già stato fin troppo generoso nel dare per scontato che sia percepita la sua origine di parola composta - a meno che non si intenda una domestica licenziata e poi nuovamente assunta!valerio_vanni ha scritto:Intendo quelle interne alla parola, non quelle dei composti "qualsiasi" "riserva" "risuolare" etc.

Infatti non ho detto che quelle parole, al Nord, hanno sicuramente /s/. Proprio perché oscilla la percezione di parola composta.
Le ho escluse proprio per quest'incertezza e ho ristretto il campo alle intervocaliche interne, in cui mi aspetto decisamente di trovare /z/.
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No, intendo quel che normalmente s’intende con loco citato: non avevo appena dato un riferimento preciso?

Sí, direi che si tratta di una tendenza, che è tanto piú forte quanto piú labile è il legame —a livello semantico, ovviamente, non morfologico— fra base e derivato.Zabob ha scritto:Quella della s protonica tuttavia mi sembra, per come è formulata, più un'eccezione o una tendenza (che si può ritrovare, per l'appunto, in borghesía, Lucchesía[*] e Farnesína) che una regola. La regola vorrebbe che i suffissi (piemontesina, inglesismo, mesetto ecc.) non alterino la pronuncia sorda della s, pur spostandola da posizione post- a pretonica (in realtà sul DOP ho trovato anche Genovesato /-z-/).
[*]In questi due casi non può pesare l'analogia con cortesía?
Sarei comunque sempre molto cauto nel parlare di «analogia», che solitamente riguarda «casi singoli, motivati generalmente dalla vicinanza fonetica o addirittura dall’omofonia delle voci coinvolte» e consiste nell’«influsso di una serie numericamente nutrita, la cui massa critica attrae a sé nuovi membri imponendo ad essi, singolarmente presi, la ridefinizione di una qualche loro proprietà», sempre che non si abbia l’«innesco, da parte di tale massa, di una ridefinizione strutturale dell’intero processo in cui la serie in questione è coinvolta, in quanto ne costituisce il contesto d’applicazione», nel qual caso si parla invece di «rianalisi» (Michele Loporcaro, L’origine del raddoppiamento fonosintattico: saggio di fonologia diacronica romanza, Basilea e Tubinga: «Francke Verlag», 1997, pp. 131–2).
Chiedo venia, non conoscevo l'abbreviazione; ho sempre rinvenuto ibidem (o ibid. o ib.) in questi casi.Infarinato ha scritto:No, intendo quel che normalmente s’intende con loco citato: non avevo appena dato un riferimento preciso? ;)
In pratica: ubi maior minor cessat!Infarinato ha scritto:Sarei comunque sempre molto cauto nel parlare di «analogia», che solitamente riguarda «casi singoli, motivati generalmente dalla vicinanza fonetica o addirittura dall’omofonia delle voci coinvolte» e consiste nell’«influsso di una serie numericamente nutrita, la cui massa critica attrae a sé nuovi membri imponendo ad essi, singolarmente presi, la ridefinizione di una qualche loro proprietà».
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[FT] «Loco citato» ~ «ibidem»
A voler esser proprio pignoli, loco citato e ibidem non sono esattamente la stessa cosa.Zabob ha scritto:Chiedo venia, non conoscevo l'abbreviazione; ho sempre rinvenuto ibidem (o ibid. o ib.) in questi casi.Infarinato ha scritto:[I]ntendo quel che normalmente s’intende con loco citato: non avevo appena dato un riferimento preciso? ;)

Vero. Una stortura grammaticale o un intercalare regionali li correggo. La pronuncia‚ secondo me‚ invece è troppo legata alle origini per intervenire‚ anche se lo volessi.valerio_vanni ha scritto:Mi stupirebbe il contrario, ovvero sentire al Nord delle /s/ intervocaliche anziché delle /z/.GFR ha scritto:A me viene Farne/z/e. Mi auguro che non sia un idiotismo nordico.
Intendo quelle interne alla parola, non quelle dei composti "qualsiasi" "riserva" "risuolare" etc.
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