Raddoppiamento dopo i pronomi «me» e «te»
Moderatore: Cruscanti
Raddoppiamento dopo i pronomi «me» e «te»
Sulla Grammatica del Serianni (I.65a) ho letto che si ha raddoppiamento dopo i monosillabi forti, fra cui vengono elencati te (forma tonica) e me.
Visto che non capivo cosa s'intendesse per "forma tonica" del pronome te, sono passato al DiPI, dove trovo:
te
(pron. inattivante) te° • ~ lo dico teloˈdiko
◇ (pron. attivante) te* • a ~ sembra attesˈsembra
me
(pron. inattivante) me° • ~ ne vado meneˈvado
◆ (↑mé, ↓mè, pron. attivante) ˈme* • a ~ piace ammepˈpjaʧe
Perché una forma provoca raddoppiamento e l'altra no? E soprattutto: i pronomi "attivanti" sono le forme oblique e quelli "inattivanti" le forme clitiche, ho capito bene?
P.S.: nell'elenco dei monosillabi non accentati Serianni non include blu (tant'è vero che in I.68 nota la forma univerbata blucerchiato in mancanza di «un modello preesistente»).
Visto che non capivo cosa s'intendesse per "forma tonica" del pronome te, sono passato al DiPI, dove trovo:
te
(pron. inattivante) te° • ~ lo dico teloˈdiko
◇ (pron. attivante) te* • a ~ sembra attesˈsembra
me
(pron. inattivante) me° • ~ ne vado meneˈvado
◆ (↑mé, ↓mè, pron. attivante) ˈme* • a ~ piace ammepˈpjaʧe
Perché una forma provoca raddoppiamento e l'altra no? E soprattutto: i pronomi "attivanti" sono le forme oblique e quelli "inattivanti" le forme clitiche, ho capito bene?
P.S.: nell'elenco dei monosillabi non accentati Serianni non include blu (tant'è vero che in I.68 nota la forma univerbata blucerchiato in mancanza di «un modello preesistente»).
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
Re: Raddoppiamento dopo i pronomi «me» e «te»
Perché blu è un francesismo adattato (fino a poco tempo fa si scriveva bleu) e piuttosto recente; in ogni caso in Toscana, se ci fosse una squadra sportiva con i colori della Sampdoria, si direbbe bluccerchiato, perlomeno nel parlato spontaneo.Zabob ha scritto:nell'elenco dei monosillabi non accentati Serianni non include blu (tant'è vero che in I.68 nota la forma univerbata blucerchiato in mancanza di «un modello preesistente»).
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Re: Raddoppiamento dopo i pronomi «me» e «te»
Sí.Zabob ha scritto:Perché una forma provoca raddoppiamento e l'altra no? E soprattutto: i pronomi "attivanti" sono le forme oblique e quelli "inattivanti" le forme clitiche, ho capito bene?

Sostanzialmente, a parte quelli che rientrano fra le forme che presentano «raddoppiamento fonosintattico irregolare» (*) diacronicamente determinato dall’assimilazione di una consonante finale latina (classe 1c), sono raddoppianti (**) tutt’i monosillabi «fonologicamente accentati» (classe 1b), cioè «dotati di un accento nella rappresentazione fonologica» (Loporcaro, op. cit., p. 7), ovvero «potenzialmente accentati»… anche se non necessariamente sempre accentati all’interno di frase.
Ad esempio, sto non è accentato nella frase sto male, ma è «potenzialmente accentato», perché è accentato in altri contesti, e.g., in ci sto. Analogamente per il me obliquo, mentre il me clitico (allomorfo combinatorio di mi) non può mai essere accentato (se non metalinguisticamente).
E [qui], per quanto sopra ricordato, sbaglia.Zabob ha scritto:P.S.: nell'elenco dei monosillabi non accentati Serianni non include blu…

__________________________
(*) «Irregolare» in sincronia, ovviamente, in quanto non determinabile a partire da condizioni fonologiche sincroniche, ma giustificatissimo (anzi, il solo giustificato) in diacronia.
(**) In italiano, cioè in toscano «[fonologicamente] canonico» (parzialmente esclusa Lucca, quindi, ed escluso Arezzo) e nei «dialetti toscanizzati» (romanesco etc.), gli altri dialetti centromeridionali di norma presentando esclusivamente il tipo irregolare.
Quel mo è considerato regionale. In Toscana si usa solo «(a) mo' (di...)» /'mɔ*/ e «mo'» (apocope di mostra, usato anche come richiamo per qualcosa, oggi un po' desueto) /'mo*/.Zabob ha scritto:Ci sarebbe anche mo ("mo vengo" /mɔvˈvɛngo/).
E aggiungo pure pro, forma troncata di "prode" (arcaismo che si rinviene anche come prò e pro'), da cui deriva il sost. pro (="vantaggio").
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Quanta approssimazione (eufemismo) c'è sul raddoppiamento fonosintattico, tanto più grave se si riscontra in chi pretende d'insegnarne le regole!
Ho qui davanti tre manualetti di dizione e comunicazione:
1) A.M. Romagnoli, La parola che conquista: raddoppiamento non pervenuto (ma ben 8+27 pagine di "desinenze" per le e e le o!);
2) N. Ramorino, Corso di dizione: danno luogo a raddoppiamento i polisillabi trochi, i monosillabi [tutti? ma gli esempi son fatti solo con quelli "forti", N.d.Z.], tutte le parole monosillabe derivate da troncamento, le «bisillabe piane: come, dove, ove, ogni, qualche, sopra... quando s'appoggino con il senso e con l'accento alla parola che segue»[*], le «esclamazioni ah, oh, eh, o»;
3) A. Lori, Speaker - La comunicazione verbale: danno luogo a raddoppiamento i monosillabi [idem c.s.], le parole tronche e le esclamazioni.
[*] concetto quello dell'«appoggio alla parola seguente«, limitatamente a come e dove, esposto anche nel DOP
Ho qui davanti tre manualetti di dizione e comunicazione:
1) A.M. Romagnoli, La parola che conquista: raddoppiamento non pervenuto (ma ben 8+27 pagine di "desinenze" per le e e le o!);
2) N. Ramorino, Corso di dizione: danno luogo a raddoppiamento i polisillabi trochi, i monosillabi [tutti? ma gli esempi son fatti solo con quelli "forti", N.d.Z.], tutte le parole monosillabe derivate da troncamento, le «bisillabe piane: come, dove, ove, ogni, qualche, sopra... quando s'appoggino con il senso e con l'accento alla parola che segue»[*], le «esclamazioni ah, oh, eh, o»;
3) A. Lori, Speaker - La comunicazione verbale: danno luogo a raddoppiamento i monosillabi [idem c.s.], le parole tronche e le esclamazioni.
[*] concetto quello dell'«appoggio alla parola seguente«, limitatamente a come e dove, esposto anche nel DOP
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
Sull'Enciclopedia dell'Italiano Treccani in linea (voce Raddoppiamento sintattico) leggo: «da non rafforza a Roma, mentre lo fa dove, che invece non induce raddoppiamento a Firenze.» 
Il [come] sei bravo! komeˈsɛi ˈbravo, -sˈs- del DiPI è un refuso o è corretto non raddoppiare quando come è usato come sin. di quanto?

Il [come] sei bravo! komeˈsɛi ˈbravo, -sˈs- del DiPI è un refuso o è corretto non raddoppiare quando come è usato come sin. di quanto?
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È un refuso: ci vorrebbe un punto, non la virgola.Zabob ha scritto:Il [come] sei bravo! komeˈsɛi ˈbravo, -sˈs- del DiPI è un refuso o è corretto non raddoppiare quando come è usato come sin. di quanto?
Sí, fin qui nessun problema. Mi riferivo alla distinzione fatta da Lei e approvata da Infarinato: se le forme oblique son quelle attivanti e le forme clitiche son quelle inattivanti, significa semplicemente che le prime son toniche e le seconde son atone, giusto? Qui, per esempio, leggo che le forme oblique, oltre che toniche, son anche atone. Che abbiano usato obliqui al posto di clitici?
Devo aver usato impropriamente il termine "obliquo": i casi obliqui sono quelli non diretti, ossia diversi da nominativo, accusativo e vocativo.
Quindi «vedo te» e «ti vedo» sono entrambe forme dirette, la prima tonica e la seconda atona e clitica; «dico a te» e «ti dico» sono entrambe forma oblique (dativo), la prima tonica, la seconda atona e clitica (v. qui).
Quindi «vedo te» e «ti vedo» sono entrambe forme dirette, la prima tonica e la seconda atona e clitica; «dico a te» e «ti dico» sono entrambe forma oblique (dativo), la prima tonica, la seconda atona e clitica (v. qui).
Ultima modifica di Zabob in data sab, 20 dic 2014 1:20, modificato 1 volta in totale.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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