Ma infatti in alcune zone della Toscana dove (do’) e sopra non raddoppiano.Carnby ha scritto:Però da me la pronuncia «tradizionale» di do' (dove) e sopra è senza RF.
Ancora sul raddoppiamento fonosintattico
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Cioè, 'ndo non provoca raddoppiamento ('ndo sei) mentre do dà luogo a cogeminazione (in do ttu ssei)? Com'è possibile? Son monosillabi tutti e due, per giunta quasi identici!Carnby ha scritto:Ma la mi' mamma dice «'ndo sei?» senza raddoppiamento
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Probabilmente perché nella madre di Carnby si conserva meglio la coscienza della composizione d’indo(ve) ← in + do(ve), con do(ve) non raddoppiante in quella zona della Toscana.Ivan92 ha scritto:Cioè, 'ndo non provoca raddoppiamento ('ndo sei) mentre do dà luogo a cogeminazione (in do ttu ssei)? Com'è possibile? Son monosillabi tutti e due, per giunta quasi identici!
…Ma non è possibile applicare [troppo rigidamente] ai vernacoli locali (ancorché toscani) le regole del raddoppiamento fonosintattico italiano, a meno che il vernacolo in questione non sia il fiorentino piú genuino.

A proposito del secondo tipo di raddoppiamento "incongruo" (che ho riportato qui con colore diverso): fra gli esempi sonori allegati al MaPI c'è questa fiaba: suppergiù al minuto 3:57 mi pare che il lettore dica «Vieni qqua, aspetta!»[*][/size].Infarinato ha scritto:Qui, invece, non siamo punto d’accordo. Codesti sono raddoppiamenti tipici d’un italiano che potremmo definire genericamente centromeridionale (Toscana esclusa), segnatamente della pronuncia «regionale» romana (il primo, che è estraneo all’italiano toscano anche lessicalmente, è una «pregeminazione» espressiva ormai lessicalizzata; il secondo una pregeminazione etimologicamente giustificata [all’interno del diasistema centromeridionale non toscano]; il terzo, invece, è un esempio di «autogeminazione» centromeridionale del [ʤ] intervocalico, che colpisce anche il [b], laddove il toscano avrebbe un [ʒ] scempio).Zabob ha scritto:Altri esempi che mi vengono in mente sono «pezzo di mm***a», «vieni (subito) qqui», «ti (o te lo) ggiuro»: non trovate che rafforzare una consonante contribuisca, secondo i casi, a rafforzare la veemenza dell'insulto, l'imperiosità dell'ordine o l'assertività del giuramento?
Più che una concessione a una pronuncia regionale centro-meridionale, questo mi sembra un tipico esempio di "raddoppiamento enfatico".
[*]Peraltro a essere sbottonata è la giacca, non la camicia!
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
Tra qualche mese sosterrò l'esame di linguistica generale. La professoressa ha caricato alcune dispense sul suo profilo, che contengono esercizi riguardanti la corretta applicazione delle regole della fonotassi italiana. Vi sono diversi esempi di quella che dovrebbe essere la giusta trascrizione. Ora, sicuramente segue il neutro moderno canepariano —casa è /'kaza/, cosí è /ko'zi/—, e ciò non mi scompone piú di tanto. Poi però leggo /pjevve'lɔtʃe/ per piè veloce, /oɲɲidʒ'dʒorno/ per ogni giorno. Insomma, come faccio a farle capire che in piè ci vuole la vocale aperta e che ogni non cogemina se non nell'espressione Ognissanti senza correre il rischio di prendere un votaccio?
A prescindere da questo, veniamo al dunque: a mo' di elefante viene trascitto /am'mɔddjele'fante/. È corretta? O dovrebbe essere /am'mɔddiele'fante/? Ricordo che da qualche parte si disse che /dj-/ non è molto comune in italiano.

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…E veloce ha la o chiusa [anche nel neutro moderno].Ivan92 ha scritto:[L]eggo /pjevve'lɔtʃe/ per piè veloce, /oɲɲidʒ'dʒorno/ per ogni giorno. Insomma, come faccio a farle capire che in piè ci vuole la vocale aperta e che ogni non cogemina se non nell'espressione Ognissanti senza correre il rischio di prendere un votaccio?

Sí, ha ragione Lei. La variante con [j] è possibile solo a ritmo [molto] allegro.Ivan92 ha scritto:…a mo' di elefante viene trascitto /am'mɔddjele'fante/. È corretta? O dovrebbe essere /am'mɔddiele'fante/? Ricordo che da qualche parte si disse che /dj-/ non è molto comune in italiano.
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Tramite il DiPI?Ivan92 ha scritto:Ora, sicuramente segue il neutro moderno canepariano —casa è /'kaza/, cosí è /ko'zi/—, e ciò non mi scompone piú di tanto. Poi però leggo /pjevve'lɔtʃe/ per piè veloce, /oɲɲidʒ'dʒorno/ per ogni giorno. Insomma, come faccio a farle capire che in piè ci vuole la vocale aperta e che ogni non cogemina se non nell'espressione Ognissanti senza correre il rischio di prendere un votaccio?

Lì risulta evidente che le due varianti proposte sono marchigiane e non neutro moderno.
È corretta, in neutro moderno. Con /am'mɔddiele'fante/ si va a formare un dittongo /die/ in cui /e/ diventa asillabica. Non è tanto carino nei confronti del sostantivo, è meglio che perda sillabicità la /i/ di "di".Ivan92 ha scritto:A prescindere da questo, veniamo al dunque: a mo' di elefante viene trascitto /am'mɔddjele'fante/. È corretta? O dovrebbe essere /am'mɔddiele'fante/? Ricordo che da qualche parte si disse che /dj-/ non è molto comune in italiano.
Volendo tenere sia una "i" che una "e" intere, si va a fare uno iato /am'mɔddi,ele'fante/, ma penso che sia utile solo se, per qualche motivo, si sta cercando di marcare i confini di parola.
In alternativa c'è la variante tradizionale, che al contrario toglie completamente la "i": /am'mɔddele'fante/.
Be', ma se veramente fossero varianti marchigiane, avremmo [ancorché non obbligatoriamente] /pjɛvve'lɔʃe/ e /oɲɲiʒorno/. Poi, ovvio, dipende dalle zone. Io le pronuncio cosí, nel mio vernacolo. Non so di dove sia la mia professoressa, ma, a sentirla parlare, non sembra provenga dal sambenedettese. E solo lí si potrebbe ascoltare /oɲɲidʒ'dʒorno/ e [forse] /pjevve'lɔtʃe/.valerio_vanni ha scritto:Lì risulta evidente che le due varianti proposte sono marchigiane e non neutro moderno.
Quindi dò ragione a Lei o a Infarinato?valerio_vanni ha scritto:È corretta, in neutro moderno. Con /am'mɔddiele'fante/ si va a formare un dittongo /die/ in cui /e/ diventa asillabica. Non è tanto carino nei confronti del sostantivo, è meglio che perda sillabicità la /i/ di "di".
Volendo tenere sia una "i" che una "e" intere, si va a fare uno iato /am'mɔddi,ele'fante/, ma penso che sia utile solo se, per qualche motivo, si sta cercando di marcare i confini di parola.

Sempre una valida scappatoia.valerio_vanni ha scritto:In alternativa c'è la variante tradizionale, che al contrario toglie completamente la "i": /am'mɔddele'fante/.

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A me, ovviamente.Ivan92 ha scritto:Quindi dò ragione a Lei o a Infarinato?valerio_vanni ha scritto:È corretta, in neutro moderno. Con /am'mɔddiele'fante/ si va a formare un dittongo /die/ in cui /e/ diventa asillabica. Non è tanto carino nei confronti del sostantivo, è meglio che perda sillabicità la /i/ di "di".
Volendo tenere sia una "i" che una "e" intere, si va a fare uno iato /am'mɔddi,ele'fante/, ma penso che sia utile solo se, per qualche motivo, si sta cercando di marcare i confini di parola.

Siamo comunque in un caso analogo a dielèttrico o diencefàlico (tutte con [i], non [j], perlomeno a ritmo lento/normale).
Per comodità, rimando anche al mio intervento su [di] ~ [dj].
La ringrazio come sempre, caro Infarinato.
Un altro quesito: oltre alla trascrizione fonetica, v'è anche la divisione in sillabe di alcune parole. Rischio è ['ris] [kjo], mentre risma è ['ri] [zma]. Chiedo: come mai la s di rischio fa parte della prima sillaba, mentre quella di risma fa parte della seconda? Il fatto che una sia sorda e l'altra sia sonora, significa qualcosa?

Eh?Ivan92 ha scritto:Rischio è ['ris] [kjo], mentre risma è ['ri] [zma]. Chiedo: come mai la s di rischio fa parte della prima sillaba, mentre quella di risma fa parte della seconda?

Sí, ne ero cosciente. All'esame vi saranno solamente esercizi sulla divisione in sillabe da un punto di vista fonetico. Però, appunto, non capisco perché la professoressa abbia fatto tale distinzione... La faccina sbigottita che strabuzza gli occhi è la reazione a questa diversa e incomprensibile sillabazione?
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