«In iscena»
Moderatore: Cruscanti
«In iscena»
Un mio amico possiede diverse locandine di spettacoli teatrali. Sono dei veri e propri reperti storici, cimeli introvabili: il bisnonno le ha custodite gelosamente e ha voluto che venissero tramandate di generazione in generazione. L'altro giorno me n'è capitata una sotto mano: «Una silfide al celeste impero. Opera messa in iscena da Vattelapesca». Quest'i prostetica fa pensare che a quell'epoca —non so a quale anno risalga la locandina in questione— la sequenza -nsc-, con sc equivalente a /ʃ/, fosse inaccettabile. Oggi invece la percezione delle cose è cambiata e s'accetta tutto indistintamente. Da piccolo non sopportavo parole come inconscio, che riuscivo a pronunciare a malapena proprio a causa di questo nesso. Ora, se è vero che una parola come inconscio è, al giorno d'oggi, italiana a tutti gli effetti, sarei curioso di sapere quale sarebbe stato un suo possibile adattamento alla fonotassi italiana.
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Re: «In iscena»
Sí, il nesso /nʃ/ è [tuttora] estraneo alla fonotassi piú genuina dell’italiano.
L’adattamento completo di (in)conscio sarebbe ovviamente *(in)coscio, come del resto testimonia il piú antico / meno tecnico coscienza.
L’adattamento completo di (in)conscio sarebbe ovviamente *(in)coscio, come del resto testimonia il piú antico / meno tecnico coscienza.

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