
Sillabazione dell’èsse complicata «sC» /sC, zC/
Moderatore: Cruscanti
Sillabazione dell’èsse complicata «sC» /sC, zC/
Svelato [parte del] l'arcano: sillabazioni come ['ri:] [zma] o [ma] [es] ['ta] avrebbero la loro ragion d'essere perché bisogna tener conto della scala di sonorità intrinseca. L'andamento prosodico, con i relativi picchi vocalici e avvallamenti consonantici, può essere tracciato disponendo i foni su una specie di pentagramma, come fossero note musicali. Partendo dal presupposto che la sillaba inizia in corrispondenza del minimo d'intensità, culmina in corrispondenza del picco e termina in corrispondenza del segmento precedente al minimo d'intensità successivo, si stabiliranno i confini della sillaba. Ora, io ho provato a fare questo giochino, ed effettivamente, per quel che riguarda risma, l'esito è ['ri:] [zma], [z] essendo meno intenso di [m]. Ma con maestà, le cose non funzionano: l'esito è proprio [maes] ['ta]! 

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Ecco, ma allora lo vede che i suoi «amici», che Lei si ostina a citare in queste sacre stanze, vogliono fare i precisini senza averne le necessarie competenze!Ivan92 ha scritto:Svelato [parte del] l'arcano: sillabazioni come ['ri:] [zma] o [ma] [es] ['ta] avrebbero la loro ragion d'essere perché bisogna tener conto della scala di sonorità intrinseca. […] Ma con maestà, le cose non funzionano: l'esito è proprio [maes] ['ta]!

Diamo la scala di sillabicità secondo chi, di fonetica, sicuramente se ne intende (ovvero Luciano Canepàri):

Dopodiché con lui notiamo che…
Luciano Canepàri, nel suo [i]Avviamento alla fonetica[/i], §§9.3–4, ha scritto:Ogni fonosillaba è costituita da foni che si raggruppano fra di loro, secondo la scala di sillabicità […] in modo che i più percepibili (: i NUCLEI sillabici) siano al centro; mentre i meno percepibili (: i MARGINI sillabici) sono ai confini.
[…]
{In tutte le lingue, ci sono, però, dei casi –piú o meno frequenti– in cui tale ordine non è rispettato in pieno: sta [sˈta], sberla [zˈbɛrː-la], mia [ˈmiˑa];… Quando /sC, zC/ sono precedute da /V/, hanno la sillabazione naturale, già indicata nella trascrizione: questa (ˈkwes:-ta), una sberla [ˌu-naz-'bɛrː-la]; a meno che, come in inglese, non prevalga la struttura sillabica lessicale: a splash [ə-ˈsplæʃ], six eyes [ˈsɩks ˈaˑɘz̥].}
{Dal punto di vista fonetico, comunque, ognuna delle parti non divise dal trattino (o da spazio) è una sillaba. Infatti, anche se [s, z, ʃ] sono piú percepibili di [p, b, t], e (æ, a, ɔ) lo sono più di (i, ɩ, u), &c, non si hanno fono-sillabe distinte quando gli elementi in questione rientrano in uno dei quattro gruppi in cui è stata suddivisa la scala (: vocalico, sonantico, consonantico, a-sonantico).}

Ma tutto ciò si riallaccia al discorso dell'estrasillabicità dell'esse impura nell'italiano di base fiorentina?Luciano Canepàri ha scritto:Quando /sC, zC/ sono precedute da /V/, hanno la sillabazione naturale, già indicata nella trascrizione: questa (ˈkwes:-ta), una sberla [ˌu-naz-'bɛrː-la].
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È chiaramente una conseguenza, com’è del resto testimoniato dalla denominazione stessa di quella èsse (estrasillabica).Ivan92 ha scritto:Mi chiedevo semplicemente se l'estrasillabicità dell'esse impura fosse causa o conseguenza delle sillabificazioni di cui sopra.

Grazie come sempre, caro Infarinato. Mi chiedevo se fosse causa o conseguenza perché non sono ancora riuscito a dipanare la matassa: nel paragrafo che Lei ha gentilmente riportato, Canepàri ci dice che quando /sC, zC/ sono precedute da /V/, hanno la sillabazione naturale*. Ora, il Nostro trascrive [sˈta] e [zˈbɛrː-la], e non ['sta] e ['zbɛrː-la], come se già si presupponesse l'esistenza dell'esse impura estrasillabica. Eppure, nessuna vocale precede le due fricative. Per questo credevo che fosse più causa che conseguenza.Infarinato ha scritto:È chiaramente una conseguenza, com’è del resto testimoniato dalla denominazione stessa di quella èsse (estrasillabica). ;)
In generale, comunque, possiamo dire che risma si sillabifica ['riz] [ma] perché siamo di fronte alla sequenza [VzC]?
*A proposito, che cosa s'intende per sillabazione naturale?
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Quella naturalmente adottata dai bambini [italofoni] prima che gli venga insegnata la «grafo-sillabazione» a scuola, e da tutti noi quando sillabiamo qualcosa istintivamente senza pensare a come «andare a capo».Ivan92 ha scritto:[C]he cosa s'intende per sillabazione naturale?

Sul resto le ha già risposto Carnby, ma val forse la pena riportare per intero il passo del Canepàri…
Si procuri immediatamente questi libri, e lasci perdere gli altri!Luciano Canepàri, [i]MªPI[/i], p. 141, ha scritto:Come s’è già detto, la divisione in grafo-sillabe (della scrittura) tradizionale è in palese contrasto con la divisione in fono-sillabe della vera lingua, quella orale, nel caso di -sC-:
fe-sta, ri-sma, Fau-sto, ver-de, len-to, qual-che, mat-to, piaz-za, Ei-nau-di
/ˈfɛs-ta, ˈriz-ma, ˈfaus-to, ˈver-de, ˈlɛn-to, ˈkwal-ke, ˈmat-to, ˈpjaʦˈ-ʦa, ei-ˈnau-di/
Per parole come festa e risma, non ci sono dubbi sulla divisione sillabica, nonostante i vari grammatici e i teorici della lingua, per i quali la realtà fonetica non ha il minimo interesse (oppure gli è irraggiungibile concretamente, per motivi diversi tra cui, senz’altro, anche l’impreparazione fonetica); risulta, però, strano che anche molti fonetisti strumentali non si preoccupino troppo di questa realtà, dato che sembrano accettare senza discutere il (falso) dato che [VsCV, VzCV] siano *[V-sCV, V-zCV].
Un caso oggettivamente piú complesso, l’incontriamo per parole come stare, sdegno: se pronunciate isolatamente, abbiamo [sˈtaː-re, zˈdeɲː-ɲo], che sono (considerate) bisillabiche solo perché non sono proprio [s̩ˈtaː-re, z̩ˈdeɲː-ɲo] (trisillabiche a causa di [s̩z̩] appunto, consonanti sillabiche), ma una via di mezzo, per la prominenza e lo sforzo articolatorio richiesto. In realtà, per parole come queste, in contesto pospausale, una trascrizione piú accurata potrebbe essere [sˈstaː-re, zˈzdeɲː-ɲo], per mostrare il fatto che /s z/ [s z], in questi casi, sono assegnati, per metà, alla sillaba seguente, [staː, zdeɲː], mentre l’altra metà, essendo troppo debole per fare sillaba a sé, s’aggrega ugualmente a quella che segue. Però, appena questi «semi-contoidi» [s z] si vengono a trovare, nella frase, dopo un vocoide, automaticamente e «naturalmente» si dividono [Vs-CV, Vz-CV]: di stare, lo sdegno [dis-ˈtaː-re, loz-ˈdeɲː-ɲo].
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