«Alchermes»
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Probabilmente mia nonna non sapeva la regola ma andava a orecchio... ma queste sono tutte mie illazioni. Di fatto usava alchermes con totale naturalezza, mentre la svizzera diveniva amburga (nonostante dicesse bicèr anche isolato, mi sovviene) così come molti altri termini stranieri.
Insomma, probabilmente, sulla scia dell'Artusi il termine è stato assimilato precocemente nella lingua, da parlanti che ne ignoravano le regole.
Ora, la domanda che mi sorge spontanea è: sino a che punto espiantare vocaboli non adattati ma che ormai sono stati assimilati? Ciquanta, cento anni? O più?
Insomma, probabilmente, sulla scia dell'Artusi il termine è stato assimilato precocemente nella lingua, da parlanti che ne ignoravano le regole.
Ora, la domanda che mi sorge spontanea è: sino a che punto espiantare vocaboli non adattati ma che ormai sono stati assimilati? Ciquanta, cento anni? O più?
Mi ha preceduto di qualche ora.domna charola ha scritto:Ora, la domanda che mi sorge spontanea è: sino a che punto espiantare vocaboli non adattati ma che ormai sono stati assimilati? Ciquanta, cento anni? O più?

In famiglia l'ho sempre sentito chiamare il Chèrmes. Viene meglio in dialetto : El Chèrmes, suona proprio esotico, come la provenienza del liquore stesso o della cocciniglia, da cui si otteneva quel bel colore rosso cremisi. Crèmisi? Chèrmisi! 

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Vediamo le cose non come sono, ma come siamo.
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- Ferdinand Bardamu
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Avrei giurato che anche da lei venisse adattato in cherme. Per farle un esempio, da me nomi esotici come Eros vengono regolarmente storpiati facendo cadere la consonante finale: Ero.Sixie ha scritto:In famiglia l'ho sempre sentito chiamare il Chèrmes.
Re: «Alchermes»
Secondo me sí.Ivan92 ha scritto:Sí, probabilmente non mi suona bene per codesto motivo.valerio_vanni ha scritto:Si va a formare una struttura abbastanza rara, però: la terzultima sillaba accentata e la penultima chiusa.
A ogni modo, assodata la bontà di alchermusse, credete che archemus(e) sia un'alternativa inutile?
Se si volesse evitare il rilievo espresso da valerio_vanni, allora si potrebbe semplicemente togliere la s, facendo alcherme.
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In «Purismo e neopurismo», in La lingua italiana nel Novecento, Firenze, Le Lettere, 1990 (ristampa 2003), pp. 97-107, Bruno Migliorini ha scritto:
Nota 2: questa citazione è riportata in un paio di interventi risalenti al 2006. Basta cercare 'vermut' nella casella Cerca in alto, accanto a Gruppi utenti. È sempre consigliabile fare preliminarmente una ricerca nel sito per vedere se un argomento è stato trattato - si scoprirà che negli anni precedenti si è sviscerata, avvalendosi di una quantità copiosa di citazioni di Bruno Migliorini e Arrigo Castellani, una miriade di argomenti concernenti l'indebolimento della capacità di adattamento dell'italiano.
Nota 1: queste considerazioni risalgono al 1938.È debolissima, insomma, nella lingua d'oggi la capacità d'assimilazione fonetica; troppo fortemente ha lavorato a sminuirla la predominanza della lingua scritta sulla lingua parlata. Le forme normali per il nostro occhio sono Voltaire e Cavour: chi scrive Voltèr o Cavurre arcaizza o toscaneggia; ugualmente vermut s'è imparato, attraverso la scrittura, a pronunziare con la t finale, e vermutte suona paesano o strapaesano.
[...]
Ma per chifel / chifelle, rum / rumme, gas / gasse, vermut / vermutte, ecc., la lingua è ancor oggi davanti a un dilemma non risolto; essa, pur sentendo il disagio che le recano voci non conformi al ritmo generale della lingua (meglio tollerabili riescono le voci fonosimboliche come crac, picnic, zigzag), non sa decidersi ad accettare le forme toscane, che le sembrano limitate da un punto di vista territoriale, e popolari o addirittura plebee da un punto di vista sociale.
Nota 2: questa citazione è riportata in un paio di interventi risalenti al 2006. Basta cercare 'vermut' nella casella Cerca in alto, accanto a Gruppi utenti. È sempre consigliabile fare preliminarmente una ricerca nel sito per vedere se un argomento è stato trattato - si scoprirà che negli anni precedenti si è sviscerata, avvalendosi di una quantità copiosa di citazioni di Bruno Migliorini e Arrigo Castellani, una miriade di argomenti concernenti l'indebolimento della capacità di adattamento dell'italiano.
È già meglio di vermouth, come viene scritto ancora su alcune etichette (così come rhum, ma questo è più raro). In ogni caso da me si dice vèrmutte e rumme (e mettiamoci pure il cògnacche).domna charola ha scritto:... e per il vermut?

- Millermann
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Tornando in tema:

Ci ha fatto rimarcare l'esistenza di chèrmisi, che ha la stessa origine di crèmisi e di alchèrmes!
Nulla vieterebbe allora, quanto meno, d'affiancare al nome tradizionale del liquore la variante «alchèrmisi», che rispetterebbe meglio la fonotassi italiana pur non apparendo (troppo) dialettale o popolare, data la gran quantità di parole italiane sdrucciole uscenti in -isi. Che ne pensate?
Cara Sixie, lei è geniale!Sixie ha scritto:Crèmisi? Chèrmisi!

Ci ha fatto rimarcare l'esistenza di chèrmisi, che ha la stessa origine di crèmisi e di alchèrmes!
Nulla vieterebbe allora, quanto meno, d'affiancare al nome tradizionale del liquore la variante «alchèrmisi», che rispetterebbe meglio la fonotassi italiana pur non apparendo (troppo) dialettale o popolare, data la gran quantità di parole italiane sdrucciole uscenti in -isi. Che ne pensate?

In Italia, dotta, Foro fatto dai latini
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Non si farebbe prima a prendere in prestito il siciliano archèmisi, suggerito da Sempervirens?
- Millermann
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Può essere vero, però, se ci riflette, tutte queste varianti (dialettali) che iniziano per arche- non rispettano l'etimologia del termine, che è «al-qirmiz», dove «al» rappresenta l'articolo. Insinuano, anzi, una falsa derivazione dal greco archos!Ferdinand Bardamu ha scritto:Non si farebbe prima a prendere in prestito il siciliano archemisi ... ?

La mia proposta «alchèrmisi», invece (sempre "accademica", sia ben chiaro


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- Ferdinand Bardamu
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Ci rifletto, ci rifletto, ma il criterio etimologico è tutt’altro che fondamentale: non vedo che problema ci sia se qualcuno, digiuno di questioni etimologiche, scambia quell’arche- per l’omofono e omografo prefisso greco.
Può essere necessario rispettare la morfologia originale per qualche cultismo il cui uso presuppone, o meglio esige, un’inconcussa acribia filologica e una precisa intenzione da parte del parlante; ma dubito che una parola cosí ordinaria possa rientrare tra i cultismi che necessitano di un sacro rispetto della loro forma, alla stregua di un grecismo o di un latinismo. Eppoi codesto criterio ci potrebbe portare, per assurdo, a rivedere l’adattamento di certi arabismi come elisir (al-iksīr) o amalgama (al-jamā‛a).
Può essere necessario rispettare la morfologia originale per qualche cultismo il cui uso presuppone, o meglio esige, un’inconcussa acribia filologica e una precisa intenzione da parte del parlante; ma dubito che una parola cosí ordinaria possa rientrare tra i cultismi che necessitano di un sacro rispetto della loro forma, alla stregua di un grecismo o di un latinismo. Eppoi codesto criterio ci potrebbe portare, per assurdo, a rivedere l’adattamento di certi arabismi come elisir (al-iksīr) o amalgama (al-jamā‛a).
Ferdinand ha ragione. L'adattamento di molti arabismi alla nostra lingua non ha obbedito a principi etimologici. Si potrebbero citare diverse parole. Per cui, dati i vari archemisse, archemisi e archemuse, potremmo coniare qualcosa di simile o prendere in prestito il termine toscano, non so. Detto questo, il suggerimento di Sixie e la proposta di Millermann non mi dispiacciono punto. 

Da noi si dice cognàcche. Qual è l'accentazione corretta?Carnby ha scritto:cògnacche
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