A me non piace nessun umano - a parte il fatto che umano è aggettivo, a meno che chi scrive non abbia dimenticato essere, ma anche così non è che manderebbe in visibilio...PersOnLine ha scritto:[…]
Quando si alzò, pronta ad andarsene, la punii per quell'insubordinazione, infliggendole un dolore, al quale nessun umano sarebbe potuto sopravvivere.
«Umano» (s.m.)
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Eppure, caro Roberto, umano come sostantivo («L’insieme di tutti gli uomini; l’umanità [per lo più al plur.]», Battaglia) è attestato in italiano sin dal Duecento:
Ogni peccato invecchia negli umani… (Cecco d’Ascoli)
Ogni peccato invecchia negli umani… (Cecco d’Ascoli)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Potrebbe essere un hapax? Quante altre occorrenze esistono dal Duecento ai nostri giorni? Così, tanto per curiosità.Marco1971 ha scritto:Eppure, caro Roberto, umano come sostantivo («L’insieme di tutti gli uomini; l’umanità [per lo più al plur.]», Battaglia) è attestato in italiano sin dal Duecento:
Ogni peccato invecchia negli umani… (Cecco d’Ascoli)
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In effetti mi era sfuggito, nel Devoto-Oli, dove dice
e con riferimento all'esempio di Cecco, leggo nel Graditanche s.m. con valore neutro: Io, che al divino dall’umano, All’etterno dal tempo era venuto, Dante
Insomma - ma dovrei vedere gli esempi degli altri autori citati - mi sembra che l'uso di umano come sostantivo abbia del peculiare e secondo il contesto e lo stile complessivo, possa stridere. Nel caso di cui ci stiamo occupando - non mi sembra che basti dire si tratta di scrittura creativa per giustificare qualunque cosa - scrivendo ...a cui nessuno... il significato non cambia e si snellisce la frase.5. s.m., solo sing., ciò che è proprio dell'uomo: l'u. e il divino
E piú in là, sempre nel Devoto-Oli, si legge... e piú in là, nel Gradit, si legge... Il primo lo marca poetico (e solo plurale, il che è sbagliato) e il secondo letterario (spec. al pl.).
Possiamo quindi dire che si tratta di un uso che non fa parte dell'italiano comune ma che si può adoperare i contesti letterari, ricercati, ecc., sia al plurale, sia al singolare.
Possiamo quindi dire che si tratta di un uso che non fa parte dell'italiano comune ma che si può adoperare i contesti letterari, ricercati, ecc., sia al plurale, sia al singolare.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Il Devoto-Oli dice esplicitamente che umano sostantivo, nel senso di ‘essere umano’ si usa solo al plurale, lo Zingarelli dice specialmente al plurale. La citazione dantesca si riferisce a un significato leggermente differente ‘ciò che è proprio dell’uomo’, sempre secondo lo Zingarelli.Ugo Foscolo ha scritto:Celeste è questa / corrispondenza d'amorosi sensi, / celeste dote è negli umani.
Nella letteratura fantascientifica, umano per «essere umano» è comunissimo; ma mi sembra che ormai quest'uso sia molto diffuso anche al di fuori del genere.
E, inoltre, ricordiamo, con Luca Serianni (III.8), che «[…] qualunque parola che non sia un nome può assumere, senza modificare la sua forma, funzione nominale (si parla in questi casi di uso sostantivato).» (Si veda anche V.47)
Occorre anche forse sottolineare che le persone addette alla compilazione (o al rifacimento di edizioni precedenti) di dizionari non sono sempre, o non tutti, di una competenza esemplare.
Questo significa che i dizionari posteriori al 2000 (per scegliere una data significativa tonda) non andrebbero presi con la stessa serietà di quelli anteriori.
Occorre anche forse sottolineare che le persone addette alla compilazione (o al rifacimento di edizioni precedenti) di dizionari non sono sempre, o non tutti, di una competenza esemplare.
Questo significa che i dizionari posteriori al 2000 (per scegliere una data significativa tonda) non andrebbero presi con la stessa serietà di quelli anteriori.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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