Pronuncia di «console» e «sposa»
Moderatore: Cruscanti
Pronuncia di «console» e «sposa»
Buongiorno a tutti,
questo è il mio primo filone ed intervento in questo Fòro;
riguardo la pronuncia di termini italiani derivati dal latino, mi sono sorti dei dubbi:
se cerco su un dizionario, ad esempio lo Zingarelli, la parola "CONSOLE" (intesa come magistrato/carica-diplomatico), esso mi segnala che la pronuncia in italiano standard prevede la prima "O" pronunciata in modo aperto --> CÒNSOLE (con l'accento grave).
Il dizionario mi segnala inoltre che deriva dal latino "cōnsule(m)" con la "o" che ha l'accento lungo come quantità vocalica.
Però, una "O" con accento lungo latino ha il proprio esito in italiano in una "O" con pronuncia chiusa, non aperta: mi aspetterei quindi che la pronuncia in "italiano standard", dovendo essere quella più vicina al latino, dovrebbe essere "CÓNSOLE", con la prima "O" pronunciata chiusa.
E questo l'ho notato anche per altri termini, come "SPOSA", in italiano standard pronunciato "SPÒSA" con la O aperta, ma derivando dal latino "spōnsa(m)", anche qui, avendo una o con accento lungo, l'esito corretto italiano dovrebbe essere "SPÓSA", con la O chiusa.
Che ne pensate?
Ci sono degli elementi che mi sfuggono o che non sto considerando ?
questo è il mio primo filone ed intervento in questo Fòro;
riguardo la pronuncia di termini italiani derivati dal latino, mi sono sorti dei dubbi:
se cerco su un dizionario, ad esempio lo Zingarelli, la parola "CONSOLE" (intesa come magistrato/carica-diplomatico), esso mi segnala che la pronuncia in italiano standard prevede la prima "O" pronunciata in modo aperto --> CÒNSOLE (con l'accento grave).
Il dizionario mi segnala inoltre che deriva dal latino "cōnsule(m)" con la "o" che ha l'accento lungo come quantità vocalica.
Però, una "O" con accento lungo latino ha il proprio esito in italiano in una "O" con pronuncia chiusa, non aperta: mi aspetterei quindi che la pronuncia in "italiano standard", dovendo essere quella più vicina al latino, dovrebbe essere "CÓNSOLE", con la prima "O" pronunciata chiusa.
E questo l'ho notato anche per altri termini, come "SPOSA", in italiano standard pronunciato "SPÒSA" con la O aperta, ma derivando dal latino "spōnsa(m)", anche qui, avendo una o con accento lungo, l'esito corretto italiano dovrebbe essere "SPÓSA", con la O chiusa.
Che ne pensate?
Ci sono degli elementi che mi sfuggono o che non sto considerando ?
- Millermann
- Interventi: 1720
- Iscritto in data: ven, 26 giu 2015 19:21
- Località: Riviera dei Cedri
Benvenuto! 
L'elemento in piú da considerare, da quel poco che so, è chiedersi se la parola in questione sia una voce "di tradizione ininterrotta" oppure una voce "dotta".
Nel primo caso, effettivamente, la o lunga latina avrebbe dovuto dare o chiusa in italiano; è perciò probabile che si tratti di voci dotte (per quanto sembri strano). Demando agli esperti eventuali approfondimenti.
P.S. Un piccolo suggerimento: la forma corretta, in italiano, è «riguardo a».

L'elemento in piú da considerare, da quel poco che so, è chiedersi se la parola in questione sia una voce "di tradizione ininterrotta" oppure una voce "dotta".
Nel primo caso, effettivamente, la o lunga latina avrebbe dovuto dare o chiusa in italiano; è perciò probabile che si tratti di voci dotte (per quanto sembri strano). Demando agli esperti eventuali approfondimenti.

P.S. Un piccolo suggerimento: la forma corretta, in italiano, è «riguardo a».
In Italia, dotta, Foro fatto dai latini
- Animo Grato
- Interventi: 1384
- Iscritto in data: ven, 01 feb 2013 15:11
Benvenuto!
Non mi intendo affatto di questi problemi, però la lunga frequentazione di Cruscate dovrebbe avermi trasmesso qualcosa. A questo proposito, su console posso dire che il Suo ragionamento sarebbe esatto se la parola fosse giunta in italiano per tradizione ininterrotta, ma così non è (un indizio è la conservazione del nesso -ns-). Pertanto al cultismo non si può applicare la regola da Lei citata.
Su sposo, invece, non saprei...
P.S. Pubblico lo stesso l'intervento, anche se ho visto che Millerman mi ha preceduto di poco scrivendo cose simili.

Non mi intendo affatto di questi problemi, però la lunga frequentazione di Cruscate dovrebbe avermi trasmesso qualcosa. A questo proposito, su console posso dire che il Suo ragionamento sarebbe esatto se la parola fosse giunta in italiano per tradizione ininterrotta, ma così non è (un indizio è la conservazione del nesso -ns-). Pertanto al cultismo non si può applicare la regola da Lei citata.
Su sposo, invece, non saprei...

P.S. Pubblico lo stesso l'intervento, anche se ho visto che Millerman mi ha preceduto di poco scrivendo cose simili.
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
Il caso di CŌNSULE(M) è semplice: si tratta senza dubbio di parola dotta, di tradizione interrotta, tant’è che anche in latino classico si pronunciava ['kõ:sʊl] e si abbreviava in COSS. Per quanto riguarda SPŌNSA, Battisti e Alessio dicono che a causa della /ɔ/ e della /z/ la voce sposa si è originata in area settentrionale.
- u merlu rucà
- Moderatore «Dialetti»
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- Iscritto in data: mar, 26 apr 2005 8:41
-
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- Iscritto in data: ven, 19 ott 2012 20:40
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In quale parte del Nord?Carnby ha scritto:Per quanto riguarda SPŌNSA, Battisti e Alessio dicono che a causa della /ɔ/ e della /z/ la voce sposa si è originata in area settentrionale.
Così a memoria avrei detto che in Romagna usano l'aperta, ma Giacobazzi mi ha fatto venire il dubbio perché usa la chiusa:
https://www.youtube.com/watch?v=JlOPu3eCJZs
Non lo specificano, in ogni caso si tratterebbe di un dialetto settentrionale arcaico, dato che è passato al toscano molto tempo fa. Nella voce citano il bolognese, ma non lo dicono esplicitamente.valerio_vanni ha scritto: In quale parte del Nord?
- Ferdinand Bardamu
- Moderatore
- Interventi: 5195
- Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
- Località: Legnago (Verona)
Riguardo alla pronuncia di sposa, vorrei sottoporre alla vostra attenzione il modo in cui Mario Brega — che parla rigorosamente in romanesco — dice sposi (verbo sposare): non solo segue l’etimologia per l’apertura della vocale accentata, ma mantiene anche la /s/. Al contrario, Verdone, nel rispondergli, si conforma alla pronuncia italiana normale.
Grazie a tutti per le risposte!
Potrebbe avere qualche fondamento l'ipotesi secondo la quale per alcune parole la pronuncia settentrionale (o perlomeno di alcune zone dell'Italia settentrionale) conservi l'effettivo grado di apertura (chiusura) delle vocali del latino parlato durante il periodo di occupazione Romana e conseguente assorbimento nella Romània ?
Grado di apertura/chiusura che magari non si è mantenuto nella pronuncia del cosiddetto "italiano standard" ?
Mi riferisco a parole come Spósa, Cómo etc...
Dovrei recuperare il testo consultato ma mi par di ricordare che in Latino le parole che presentano il gruppo "ns" prevedevano generalmente una pronuncia allungata e quindi chiusa delle vocali "e" ed "o" immediatamente precedenti (come avviene generalmente nella pronuncia settentrionale): ad esempio il termine latino "mensis" ha avuto il proprio esito nell'italiano "mese", con una pronuncia chiusa della prima "e".
E magari i latini stessi scrivevano "mensis" ma pronunciavano in una maniera molto simile all'italiano: senza pronunciare la "n" (come nell'esempio di "Consul"), pronunciando debolmente la "s" finale di parola e allungando la "e" precedente al gruppo "ns"
Potrebbe avere qualche fondamento l'ipotesi secondo la quale per alcune parole la pronuncia settentrionale (o perlomeno di alcune zone dell'Italia settentrionale) conservi l'effettivo grado di apertura (chiusura) delle vocali del latino parlato durante il periodo di occupazione Romana e conseguente assorbimento nella Romània ?
Grado di apertura/chiusura che magari non si è mantenuto nella pronuncia del cosiddetto "italiano standard" ?
Mi riferisco a parole come Spósa, Cómo etc...
Dovrei recuperare il testo consultato ma mi par di ricordare che in Latino le parole che presentano il gruppo "ns" prevedevano generalmente una pronuncia allungata e quindi chiusa delle vocali "e" ed "o" immediatamente precedenti (come avviene generalmente nella pronuncia settentrionale): ad esempio il termine latino "mensis" ha avuto il proprio esito nell'italiano "mese", con una pronuncia chiusa della prima "e".
E magari i latini stessi scrivevano "mensis" ma pronunciavano in una maniera molto simile all'italiano: senza pronunciare la "n" (come nell'esempio di "Consul"), pronunciando debolmente la "s" finale di parola e allungando la "e" precedente al gruppo "ns"
- Millermann
- Interventi: 1720
- Iscritto in data: ven, 26 giu 2015 19:21
- Località: Riviera dei Cedri
Potrebbe forse interessarle, sempre che non lo conosca già, quest'articolo (o lezione) della Wikiversità sulla pronuncia del latino. 

In Italia, dotta, Foro fatto dai latini
- Infarinato
- Amministratore
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- Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 10:40
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Per carità: una confusione micidiale sull’asse diacronico. Molto meglio gli originali canepariani: pronuncia del latino classico; lingue morte: latino arcaico, classico e imperiale (e molto altro).Millermann ha scritto:Potrebbe forse interessarle, sempre che non lo conosca già, quest'articolo (o lezione) della Wikiversità sulla pronuncia del latino.
Voci di derivazione non diretta
Solo un'osservazione relativa alla pronuncia - con o chiusa - dell'italiano di Liguria - estrema -. Non tanto nel merito, quanto - soprattutto - nel metodo. Evidentemente, non tutte le informazioni possono essere poste sullo stesso piano. Intendo dire che un conto è il dato fonetico fornito da un italiano "centrale" - particolarmente da un toscano - in merito alla pronuncia di una voce, ad es., di tradizione diretta per quanto riguarda la storia della parola stessa, un altro il dato - pur egualmente (e inevitabilmente) fonetico - relativo, ad es., alla Liguria.
Perchè?
Perché - in casi come questo - la fonetica relativa all'italiano - o, meglio, agli "italiani" di Liguria ché sono molti - non ci dice assolutamente nulla della storia di quella stessa voce in Liguria. Semplicemente perché la voce - in quanto tale - in Liguria non esisteva essendo stata discontinuata nei dialetti liguri.
Si tratta di dati fonetici molto interessanti, ma che ci parlano di altro. Della fondamentale - e storicamente recente - acquisizione concreta della lingua nazionale in sostituzione dei dialetti direttamente derivati dal "latino". Ma, appunto, di altro. Non della storia di una parola ché non ci poteva essere la storia laddove non c'era la parola stessa . . .
P.S.: non approfondisco l'argomento perché non sono nel filone adeguato.
Comunque, sposa,-o non continuò nei dialetti liguri, così come - nel dialetto genuino - non risulta tuttora presente il verbo "sposare, sposarsi". Nell'universo dialettale ligure, nubili e celibi si "maritavano".
Nel dial. genovese, “regolarm.” privo di -r- e di -d-<-t-, ad es., sposare, sposarsi = majâ(se)/ma'ja:(se)/, anche se erano presenti gli “italianismi” spuzâ,-ou /spu'za:,'-ɔu/ - plur., al masch., spuzuei /spu'zwei/ -. Anche nel senso antico di promessa,-o sposa,-o. Ma equivalenti - strutturalmente - a “sposata,-o”, non “sposa,-o”.
Praticamente non esistono studi di un minimo di dignità sull'acquisizione e la formazione degli “italiani” locali nella regione.
Chiudo dicendo che molti dati vengono ritenuti diatopici quando, ad es., sono semplicemente diacronici o diastratici. A Genova, infatti, i vecchi dialettofoni, parlando italiano, pronunciavano soltanto o aperte - non esistendo nel sistema dialettale l'o chiusa - e spòsa - tuttora diffusa - era l'unica pronuncia. L'acquisizione dell'o chiusa nell'italiano di Genova è storicamente recente e dovuta all'influenza dei media e assunse valore di prestigio in opposizione alla “monoliticità” non soggetta a variabilità della pronuncia dei vecchi abitanti. Fu, quindi, diacronica e - come tutti gli aspetti collegati al prestigio individuale e di classe - diastratica. Ma la sua realizzazione concreta risulta ancora - in gran parte - idiosincratica e, spesso, “capricciosa”. Applicata, per altro, in un contesto linguistico generale difficilmente considerabile come neutro.
Perchè?
Perché - in casi come questo - la fonetica relativa all'italiano - o, meglio, agli "italiani" di Liguria ché sono molti - non ci dice assolutamente nulla della storia di quella stessa voce in Liguria. Semplicemente perché la voce - in quanto tale - in Liguria non esisteva essendo stata discontinuata nei dialetti liguri.
Si tratta di dati fonetici molto interessanti, ma che ci parlano di altro. Della fondamentale - e storicamente recente - acquisizione concreta della lingua nazionale in sostituzione dei dialetti direttamente derivati dal "latino". Ma, appunto, di altro. Non della storia di una parola ché non ci poteva essere la storia laddove non c'era la parola stessa . . .
P.S.: non approfondisco l'argomento perché non sono nel filone adeguato.
Comunque, sposa,-o non continuò nei dialetti liguri, così come - nel dialetto genuino - non risulta tuttora presente il verbo "sposare, sposarsi". Nell'universo dialettale ligure, nubili e celibi si "maritavano".
Nel dial. genovese, “regolarm.” privo di -r- e di -d-<-t-, ad es., sposare, sposarsi = majâ(se)/ma'ja:(se)/, anche se erano presenti gli “italianismi” spuzâ,-ou /spu'za:,'-ɔu/ - plur., al masch., spuzuei /spu'zwei/ -. Anche nel senso antico di promessa,-o sposa,-o. Ma equivalenti - strutturalmente - a “sposata,-o”, non “sposa,-o”.
Praticamente non esistono studi di un minimo di dignità sull'acquisizione e la formazione degli “italiani” locali nella regione.
Chiudo dicendo che molti dati vengono ritenuti diatopici quando, ad es., sono semplicemente diacronici o diastratici. A Genova, infatti, i vecchi dialettofoni, parlando italiano, pronunciavano soltanto o aperte - non esistendo nel sistema dialettale l'o chiusa - e spòsa - tuttora diffusa - era l'unica pronuncia. L'acquisizione dell'o chiusa nell'italiano di Genova è storicamente recente e dovuta all'influenza dei media e assunse valore di prestigio in opposizione alla “monoliticità” non soggetta a variabilità della pronuncia dei vecchi abitanti. Fu, quindi, diacronica e - come tutti gli aspetti collegati al prestigio individuale e di classe - diastratica. Ma la sua realizzazione concreta risulta ancora - in gran parte - idiosincratica e, spesso, “capricciosa”. Applicata, per altro, in un contesto linguistico generale difficilmente considerabile come neutro.
- Animo Grato
- Interventi: 1384
- Iscritto in data: ven, 01 feb 2013 15:11
Re: Voci di derivazione non diretta
I manezzi pe majâ na figgia.Ligure ha scritto:Nell'universo dialettale ligure, nubili e celibi si "maritavano".
Nel dial. genovese, “regolarm.” privo di -r- e di -d-<-t-, ad es., sposare, sposarsi = majâ(se)/ma'ja:(se)/
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
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«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
Re: Voci di derivazione non diretta
Ringrazio Animo Grato per l'approppriato guizzo sociolinguistico.Animo Grato ha scritto:I manezzi pe majâ na figgia.Ligure ha scritto:Nell'universo dialettale ligure, nubili e celibi si "maritavano".
Nel dial. genovese, “regolarm.” privo di -r- e di -d-<-t-, ad es., sposare, sposarsi = majâ(se)/ma'ja:(se)/
Non avevo messo adeguatamente in evidenza - relativamente al matrimonio in quel tipo di società - il valore "causativo", come riferivano le grammatiche del tempo, del verbo stesso.

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