G. M. ha scritto: dom, 21 ago 2022 11:43
Sembra essere qualcosa di rarissimo; al momento quello è l'unico testo con la locuzione in Google Libri (le
altre attestazioni fornite da Google sono tutte errori di lettura per
dottrine della Chiesa), e
dottrice avrebbe praticamente carattere neologico: non è un po' superfluo, usandoci già il "banale"
dottoressa che appartiene alla lingua?
È vero, tuttavia occorre considerare bene tutte le informazioni che abbiamo. I
Dottori della Chiesa di sesso femminile sono quattro su di un totale di trentasette. Tutt’e quattro sono state proclamate tali nell’ultimo mezzo secolo o giú di lí: Teresa d’Avila e Caterina da Siena nel 1970 da Paolo VI; Teresa di Lisieux (
Lessovio 
) nel 1997 da Giovanni Paolo II; Ildegarda di Bingen (
Bingio 
) nel 2012 da Benedetto XVI. Dunque, sono la netta minoranza e sono di recentissima proclamazione.
Di là dal contesto storico, entrando nel merito linguistico, gli elementi -
a (
superiora,
priora) e -
essa (
badessa) in àmbito ecclesiastico sono adoperati per creare il femminile di nomi di carica. Sono comuni cariche con funzioni amministrative; qui parliamo invece di un alto titolo onorifico. Per questa ragione, io troverei acconcio l’uso del rarissimo latinismo
dottrice, presente anche nel
corpus letterario latino.
A tale riguardo, una piccola divagazione, ma, credo, non cosí distante dal tema: tra le attestazioni, tutte tarde, di
doctrix in latino si trova, oltre a quella nella
Vulgata geronimiana (Sap. 8, 4 «Doctrix enim est disciplinae Dei et electrix operum illius», «Essa infatti è iniziata alla scienza di Dio e sceglie le opere sue» [CEI]), quella del grammatico Servio, che visse tra il IV e il V secolo d.C. e fu autore di un commento alle opere di Virgilio:
Servio in Commento all’Eneide di Virgilio, XII, 159 ha scritto:AUCTOR EGO AUDENDI [Cita Virgilio, Eneide, XII, v. 159; sono parole di Giunone] Nomina in tor exeuntia feminina ex se faciunt, quae trix terminantur, si tamen a verbo veniant, ut ab eo quod est lego et lector et lectrix facit, doceo doctor et doctrix. Si autem a verbo non venerint, communia sunt: nam similiter et masculina et feminina in tor exeunt, ut hic et haec senator, hic et haec balneator: licet Petronius usurpaverit balneatricem dicens. Tale est et hic et haec auctor, sed tunc cum ab auctoritate descendit, ut hoc loco: cum autem venit ab eo quod est augeo, et auctor et auctrix facit, ut si dicas auctor divitiarum vel auctrix patrimonii.
[I sostantivi che escono in -tor, se derivano da un verbo, formano il femminile regolarmente con il suffisso -trix, come ad esempio da lego si fa lector e lectrix, da doceo, doctor e doctrix. Se invece non derivano da un verbo, sono ambigeneri: escono al femminile e al maschile sempre in -tor, come hic [questo] e haec [questa] senator, hic e haec balneator; Petronio però si è discostato dalla norma e ha scritto balneatricem. Cosí si dice hic e haec auctor, quando la parola derivi da auctoritas, come in questo passo; quando invece deriva dal verbo augeo, si ha sia auctor sia auctrix, come ad esempio auctor divitiarum o auctrix patrimonii]
Le restrizioni di cui parla Servio non sono valide in italiano: diciamo comunemente
senatrice e
autrice sebbene nessuno dei due abbia un rapporto di derivazione con un verbo. Mi pare però di poter dire che
dottrice sonerebbe meno strano derivasse da un verbo:
salvatrice, per esempio, non solleverebbe obbiezioni, essendo chiaramente legata al verbo
salvare.
In quanto a
dottora, bisogna prendere atto che le attestazioni non sono poche. A mio avviso, però, le forme in -
a e -
essa non sono consone alla solennità del titolo.