«sc» scempia
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«sc» scempia
Il fonema minoritario /ʃ/ che si riscontra in vari dialetti toscani (Carsciana oggi Crasciana, rinverscio, soverscio) soprattutto a Lucca e Arezzo, ma anche in umbro (Marsciano) e in qualche località pistoiese, come si può trascrivere? sç? Caso differente sono i cognomi di origine albanese come Borsci e Gramsci o cultismi come conscio, che però, secondo la pronuncia normativa dovrebbero pronunciarsi con /ʃ/ scempia; per noi toscani «normali» questo è innaturale e quindi lo sostituiamo con /Cʃ-ʃ/ eterosillabico.
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Re: «sc» scempia
Il suo dubbio riguarda dunque la grafia? Mi ricordo che, in uno dei miei primi interventi in quesa piazza (e si vede
), mi ero avvalso per comodità della s con pipa, come nelle lingue slave.
Oggi, piú baldanzosamente, opterei anch'io per la cediglia, ma «attaccata» alla esse.
La mia proposta sarebbe quella d'introdurre in italiano due grafemi con cediglia:
"ç", a rappresentate l'affricata postalveolare sorda /tʃ/ (come già avviene in albanese, azero, friulano, curdo, tataro, turco e turkmeno);
"ş", che rappresenti invece la fricativa postalveolare sorda /ʃ/ (come in azero, curdo, tartaro, turco, turkmeno).
In questo modo sarebbe possibile risolvere diverse difficoltà di trascrizione (ad esempio dai dialetti) senza stravolgere eccessivamente le regole dell'italiano. O forse sí, dato che una parola come Marsciano potrebbe scriversi... Marşano!
Che ne pensa?

Oggi, piú baldanzosamente, opterei anch'io per la cediglia, ma «attaccata» alla esse.

La mia proposta sarebbe quella d'introdurre in italiano due grafemi con cediglia:
"ç", a rappresentate l'affricata postalveolare sorda /tʃ/ (come già avviene in albanese, azero, friulano, curdo, tataro, turco e turkmeno);
"ş", che rappresenti invece la fricativa postalveolare sorda /ʃ/ (come in azero, curdo, tartaro, turco, turkmeno).
In questo modo sarebbe possibile risolvere diverse difficoltà di trascrizione (ad esempio dai dialetti) senza stravolgere eccessivamente le regole dell'italiano. O forse sí, dato che una parola come Marsciano potrebbe scriversi... Marşano!

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Re: «sc» scempia
Questa soluzione non mi è nuova, ma ha lo svantaggio di apparire troppo «turca»; del resto anche lo sç che avevo proposto io ha lo svantaggio di scontrarsi con la tradizione ortografica italiana che ab antiquo usava ç per /ts/ (non mi avventuro nel trascrivere in modo più preciso, perché ho paura di scrivere stupidaggini): terça per terza.
- Millermann
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Re: «sc» scempia
Anche la sua proposta non mi è nuova, nel senso che anch'io l'avevo presa in considerazione, lasciandola da parte perché apparentemente piú complicata di quella... alla turca. Le espongo le mie perplessità: in effetti, introdurre un unico grafema con cediglia è piú semplice (la ç la conosciamo dai tempi delle macchine da scrivere!), ma poi il problema è come usarlo.
Se la ç rappresenta l'affricata postalveolare sorda /tʃ/ (magari davanti a qualsiasi vocale o consonante, e perfino in coda di parola), in teoria basterebbe farla precedere da una s (a imitazione del digramma sc) per ottenere automaticamente la fricativa postalveolare sorda /ʃ/. Ma quanto sarebbe lecito agire cosí? Non occorrerebbe introdurre una regola esplicita secondo la quale il suono /ʃ/ si scrive col nuovo digramma sç?
Allora, anziché introdurre un grafema singolo (ç) e uno doppio (sç), tanto varrebbe introdurre direttamente un secondo grafema singolo come ş, con una definizione univoca, e che all'occorrenza si potrebbe anche raddoppiare, come qualsiasi altra consonante.
Trovo poi che, pur se imita una grafia nota, quella col grafema sç non sarebbe di cosí immediata comprensione. Mi spiego meglio: un toponimo come Marsciano si dovrebbe scrivere «Marsçiano» o «Marsçano»?
Nel primo caso (con la i) il nuovo grafema non permetterebbe comunque di scrivere, ad esempio, l'esclamazione «marsç!», a meno d'introdurre altre regole ed eccezioni. Nel secondo (senza la i), mi verrebbe quasi spontaneo leggere /mar'tsano/ (come i pomodori)!
Mi scuso se sono stato prolisso, ma il fatto è che avevo in mente da tempo queste idee, e aver trovato qualcuno che si ponesse lo stesso problema mi ha dato modo di esprimere i miei dubbi sull'argomento, e di poter sentire le opinioni d'un esperto.
P.S.: Escludendo i diacritici, e volendo introdurre un digramma, non dimentichiamo che noi disponiamo d'una lettera "milleusi" come l'acca; nulla ci vieterebbe (a imitazione di altre lingue) di associarla ad altre lettere per esprimere fonemi (scempi) facilmente indovinabili: lei come leggerebbe, spontaneamente, "sh", "lh", "nh", "zh"?
Se la ç rappresenta l'affricata postalveolare sorda /tʃ/ (magari davanti a qualsiasi vocale o consonante, e perfino in coda di parola), in teoria basterebbe farla precedere da una s (a imitazione del digramma sc) per ottenere automaticamente la fricativa postalveolare sorda /ʃ/. Ma quanto sarebbe lecito agire cosí? Non occorrerebbe introdurre una regola esplicita secondo la quale il suono /ʃ/ si scrive col nuovo digramma sç?
Allora, anziché introdurre un grafema singolo (ç) e uno doppio (sç), tanto varrebbe introdurre direttamente un secondo grafema singolo come ş, con una definizione univoca, e che all'occorrenza si potrebbe anche raddoppiare, come qualsiasi altra consonante.
Trovo poi che, pur se imita una grafia nota, quella col grafema sç non sarebbe di cosí immediata comprensione. Mi spiego meglio: un toponimo come Marsciano si dovrebbe scrivere «Marsçiano» o «Marsçano»?
Nel primo caso (con la i) il nuovo grafema non permetterebbe comunque di scrivere, ad esempio, l'esclamazione «marsç!», a meno d'introdurre altre regole ed eccezioni. Nel secondo (senza la i), mi verrebbe quasi spontaneo leggere /mar'tsano/ (come i pomodori)!
Mi scuso se sono stato prolisso, ma il fatto è che avevo in mente da tempo queste idee, e aver trovato qualcuno che si ponesse lo stesso problema mi ha dato modo di esprimere i miei dubbi sull'argomento, e di poter sentire le opinioni d'un esperto.

P.S.: Escludendo i diacritici, e volendo introdurre un digramma, non dimentichiamo che noi disponiamo d'una lettera "milleusi" come l'acca; nulla ci vieterebbe (a imitazione di altre lingue) di associarla ad altre lettere per esprimere fonemi (scempi) facilmente indovinabili: lei come leggerebbe, spontaneamente, "sh", "lh", "nh", "zh"?

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Re: «sc» scempia
Confesso di non aver ben inteso il suo intervento, caro Carnby, e, se l’ho inteso, allora non lo condivido punto.Carnby ha scritto: dom, 23 lug 2023 10:40 Il fonema minoritario /ʃ/ che si riscontra in vari dialetti toscani (Carsciana oggi Crasciana, rinverscio, soverscio) soprattutto a Lucca e Arezzo, ma anche in umbro (Marsciano) e in qualche località pistoiese, come si può trascrivere? sç?
Innanzitutto, [ʃ] non è un «fonema minoritario [?]», né dell’italiano né del fiorentino/toscano odierno. Anche in una visione difonematica (meglio che «bifonematica») della fonologia Italiana (che, per intenderci, distingue un fonema doppio come /tt/ dal corrispondente scempio /t/ e che non ha mai trovato il favore della maggioranza dei linguisti), [ʃ] appartiene al fonema doppio /ʃʃ/, che si realizza come [ʃ(ː)ʃ] intervocalicamente e come [ʃ] altrove. Com’è noto, in fiorentino/toscano moderno, quest’ultimo è anche la realizzazione intervocalica di /ʧ/.
Fonema vero e proprio era invece in italiano antico (cioè, nel fiorentino dugentesco), dove non si era ancora verificata la spirantizzazione di /ʧ/ in posizione intervocalica, che è attestata solo a partire dalla seconda metà del Trecento, per cui Dante non fa mai rimare baci /‑ʃ‑/ con taci /‑ʧ‑/, né cuce /‑ʃ‑/ con luce /‑ʧ‑/. Coppia unidivergente /ʃ ~ ʧ/ sarebbe teoricamente bacino («piccolo bacio») ~ bacino («recipiente per l’acqua»), sennonché la prima parola «non solo non è attestata ma non era nemmeno possibile, visto che il suffisso ‑ino non viene adoperato da solo in it. ant. per formare diminutivi da nomi inanimati» (Larson, Fonologia).
Qui proprio non la seguo: una sequenza del tipo /Cʃ-ʃ/Carnby ha scritto: dom, 23 lug 2023 10:40 Caso differente sono i cognomi di origine albanese come Borsci e Gramsci o cultismi come conscio, che però, secondo la pronuncia normativa dovrebbero pronunciarsi con /ʃ/ scempia; per noi toscani «normali» questo è innaturale e quindi lo sostituiamo con /Cʃ-ʃ/ eterosillabico.


In ragione di tutto ciò, il problema non è come rappresentare graficamente [ʃ], sibbene [ʃ(ː)ʃ], per il quale recupererei l’[assai piú logica ancorché non sistematicamente applicata] ortografia medievale ssc, che ha l’ulteriore vantaggio di facilitare l’andare a capo (sia graficamente sia in termini di preparazione degli organi fonatori). Quindi, scena, conscio, ma lasscio e —volendo— la sscena. (E analogamente recupererei anche lgli e ngn.

Quanto allo [ʃ] del toscano moderno, non avendo esso statuto fonematico, non v’è ragione di rappresentarlo diversamente da c, ma una grafia sc può essere senz’altro utile per rappresentare il fono in un contesto italiano, ed è —direi— indispensabile per rappresentare il corrispondente fonema dell’italiano antico.
Re: «sc» scempia
Millermann ha scritto: dom, 23 lug 2023 12:25 La mia proposta sarebbe quella d'introdurre in italiano due grafemi con cediglia [...]
Sono entrambe soluzioni più logiche del nostro sistema attuale, ma hanno una pecca importante: colpiscono la chiarezza delle relazioni etimologiche delle parole italiane col latino e le lingue sorelle, che in molti casi sarebbero meno visibili.Millermann ha scritto: dom, 23 lug 2023 15:46 P.S.: Escludendo i diacritici, e volendo introdurre un digramma, non dimentichiamo che noi disponiamo d'una lettera "milleusi" come l'acca; nulla ci vieterebbe (a imitazione di altre lingue) di associarla ad altre lettere per esprimere fonemi (scempi) facilmente indovinabili: lei come leggerebbe, spontaneamente, "sh", "lh", "nh", "zh"?![]()
Re: «sc» scempia
Non del «toscano», di quei dialetti che ho segnalato.Infarinato ha scritto: dom, 23 lug 2023 16:08 Innanzitutto, [ʃ] non è un «fonema minoritario [?]», né dell’italiano né del fiorentino/toscano odierno.
...tranne l’«eccentrico» Temistocle Franceschi (segnalato anche dal Muljačić).Infarinato ha scritto: dom, 23 lug 2023 16:08 Anche in una visione difonematica (meglio che «bifonematica») della fonologia Italiana (che, per intenderci, distingue un fonema doppio come /tt/ dal corrispondente scempio /t/ e che non ha mai trovato il favore della maggioranza dei linguisti), [ʃ] appartiene al fonema doppio /ʃʃ/, che si realizza come [ʃ(ː)ʃ] intervocalicamente e come [ʃ] altrove.
Qui siamo d’accordo.Infarinato ha scritto: dom, 23 lug 2023 16:08 Fonema vero e proprio era invece in italiano antico (cioè, nel fiorentino dugentesco), dove non si era ancora verificata la spirantizzazione di /ʧ/ in posizione intervocalica, che è attestata solo a partire dalla seconda metà del Trecento, per cui Dante non fa mai rimare baci /‑ʃ‑/ con taci /‑ʧ‑/, né cuce /‑ʃ‑/ con luce /‑ʧ‑/. Coppia unidivergente /ʃ ~ ʧ/ sarebbe teoricamente bacino («piccolo bacio») ~ bacino («recipiente per l’acqua»), sennonché la prima parola «non solo non è attestata ma non era nemmeno possibile, visto che il suffisso ‑ino non viene adoperato da solo in it. ant. per formare diminutivi da nomi inanimati» (Larson, Fonologia).
Qui non siamo più d’accodo: a mio avviso conscio e consta sono fonotatticamente analoghi e la prima sillaba è «complicata», cioè finisce in consonante doppia (/kɔns-/ e /kɔnʃ-/). Inoltre io sento realizzato come «intenso» il fonema /ʃ-/ iniziale (e non solo quello), per quale forse userei una trascrizione [ʃˈʃɛːna], in analogia con [sˈtaːɾe], à la Canepari. E analogamente in Spagna mi pare come in scena (/ins-/ ~ /inʃ-/).Infarinato ha scritto: dom, 23 lug 2023 16:08 Qui proprio non la seguo: una sequenza del tipo /Cʃ-ʃ/ direi che impossibile nel toscano di ogni tempo e luogo, ma può darsi che non abbia inteso il significato della sua trascrizione… Borsci è regolarmente [‑ŗːʃ‑], mentre Gramsci tende a essere un assimilato [‑ņːʃ‑] piuttosto che il normativo/teorico [‑mːʃ‑], e a ritmo allegro in un registro trascurato si può arrivare semmai a [‑ʃːʃ‑] in entrambi i casi.
Si può fare. Quindi cosscia e bacio?Infarinato ha scritto: dom, 23 lug 2023 16:08 In ragione di tutto ciò, il problema non è come rappresentare graficamente [ʃ], sibbene [ʃ(ː)ʃ], per il quale recupererei l’[assai piú logica ancorché non sistematicamente applicata] ortografia medievale ssc, che ha l’ulteriore vantaggio di facilitare l’andare a capo (sia graficamente sia in termini di preparazione degli organi fonatori). Quindi, scena, conscio, ma lasscio e —volendo— la sscena. (E analogamente recupererei anche lgli e ngn. )
Nei dialetti in questione sì, ma dipende dalle analisi fonologiche.Infarinato ha scritto: dom, 23 lug 2023 16:08 Quanto allo [ʃ] del toscano moderno, non avendo esso statuto fonematico [...]
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Re: «sc» scempia
D’accordo, ma allora non avevo tutt’i torti io a non intendere ciò che voleva dire.Carnby ha scritto: mer, 26 lug 2023 7:50Nei dialetti in questione sì, ma dipende dalle analisi fonologiche.Infarinato ha scritto: dom, 23 lug 2023 16:08 Quanto allo [ʃ] del toscano moderno, non avendo esso statuto fonematico [...]

In ogni caso, quale grafia si dovrà usare è presto detto: per le analisi fonologiche si ricorrerà all’AFI (a meno che non si viva ancora nell’Ottocento

Se vogliamo sognare, sí.

Codesta è una posizione alquanto arditaCarnby ha scritto: mer, 26 lug 2023 7:50 [A] mio avviso conscio e consta sono fonotatticamente analoghi e la prima sillaba è «complicata», cioè finisce in consonante doppia (/kɔns-/ e /kɔnʃ-/).

Questo, invece, è normale. Castellani arriva a distinguere addirittura quattro gradi consonantici: anche la prima [t] di tata è piú intensa della seconda.Carnby ha scritto: mer, 26 lug 2023 7:50 [I]o sento realizzato come «intenso» il fonema /ʃ-/ iniziale (e non solo quello), per quale forse userei una trascrizione [ʃˈʃɛːna], in analogia con [sˈtaːɾe], à la Canepari.

Tornando a bomba, non sarebbe comunque possibile distinguere —per le varietà che contemplino tale opposizione— tra /ʃ/ e /ʃʃ/ in un contesto diverso da quello intervocalico, ché in ogni altra posizione sarebbero comunque similmente rafforzate.
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