Ho da poco finito di leggere il libro (nella traduzione italiana, di Tullio Dobner) e anche stavolta mi chiedo: perché non si è tradotto?
(Seguono rivelazioni su elementi della trama, quindi se qualcuno è intenzionato a leggere il libro e vuole conservarsi la sorpresa, non prosegua; non ho visto gli adattamenti cinematografici quindi non so se siano fedeli o no al libro).
Il romanzo, che si svolge in parallelo in due momenti temporali distinti, narra dello scontro d’un gruppo di ragazzini (e, a distanza di quasi trent’anni, di loro stessi da adulti, riuniti) contro un’entità malefica, una sorta d’incarnazione cosmica del male, che infesta la loro città natale e ne ha fatto il proprio terreno di caccia e quasi un’estensione del proprio essere. Per la gran parte del romanzo, quest’entità viene chiamato semplicemente It: il pronome inglese di terza persona che si usa per cose, animali o bambini di sesso non specificato, scritto con la maiuscola come una maiuscola reverenziale (vd. sotto). Nella resa italiana It non è solo nel titolo ma in tutto il testo, trattato come nome proprio della creatura.
La resa più vicina alla lettera che ci viene in mente è Esso. Tuttavia, se conosciamo un po’ la sintassi inglese, sappiamo che l’uso dei pronomi in inglese spesso non coincide col nostro: frasi con It che in inglese suonano perfettamente naturali non sonerebbero naturali se rese in italiano alla lettera con Esso. Invento:
- …and then she saw It.
- …e poi vide Esso.
- Può aver senso se smettiamo di considerare quest’Esso propriamente un pronome e lo consideriamo un nome proprio. Allora dire «…e poi vide Esso» diventa naturale come «…e poi vide Cagliostro». Questo è ciò che è fatto grammaticalmente dalla non-traduzione odierna, «…e poi vide It». Se lasciando It in italiano lo rendiamo a tutti gli effetti un nome proprio non pronominale, allora [¿]non è più sensato renderlo comunque con Esso, che si distanzia ugualmente dall’originale dal punto di vista delle strutture grammaticali, ma almeno è trasparente e mantiene il significato dell’originale, mentre It in italiano non significa nulla?
- Si potrebbe pensare di usarlo come pronome ma estendere la maiuscola a tutte le forme e agli aggettivi possessivi: «…e poi Lo vide» («guardarLo», «il Suo aspetto», e simili). In inglese è così; es. «It was turning, presenting Its stinger». In qualche caso si potrebbe rendere necessario rigirare la frase, dove la maiuscola a inizio di frase sarebbe mimetizzata: ma ciò non sarebbe nulla di troppo strano. È una possibilità che fa un cert’effetto; forse fa troppo effetto. L’inglese è una lingua più prodiga di maiuscole che l’italiano, quindi da noi colpiscono di più. Una maiuscola del genere sembra esprimere una grande reverenza, che però nel contesto appare un po’ bizzarra. Allo stesso tempo, è forse comunque la scelta più fedele…
Si può pensare di schivare totalmente il pasticcio con una resa meno letterale, come potrebbe essere la Cosa (cui avevo pensato indipendentemente, prima di vedere il portoghese A Coisa).
In varie lingue il titolo è stato lasciato in inglese, ma in altre è stato tradotto: francese Ça, tedesco Es, olandese Het, russo Оно Ono, greco Το Αυτό To Aftó…
Un’altra difficoltà è data dal fatto che, avanti nel romanzo, si scopre che It è femmina. Nella traduzione di Dobner, It è trattato sempre come maschile, a parte in qualche scena dopo la rivelazione (non mi è chiarissimo perché, dopo, non in modo uniforme). Il maschile, almeno prima, è sensato:
- in italiano è più neutro semanticamente;
- l’essere cambia aspetto, è un’entità illusoria oltre che concreta, inganna i sensi e la mente, e prende di preferenza la forma d’un pagliaccio, maschio (chiamato Pennywise, vd. sotto); e per gran parte della vicenda questa è sentita come la sua identità più vera e costante, dietro le altre apparizioni in forme diverse, che hanno un carattere più occasionale; e anche in queste altre occasioni la forma presa è solitamente maschile o comunque non mostra vistosi caratteri femminili.
Si potrebbe pensare di prevenire il problema e usare il femminile fin dall’inizio. La rivelazione, tuttavia, è vissuta con stupore dai personaggi: un cambiamento di genere grammaticale in italiano (da Esso a Essa o simili) non sembrerebbe fuori luogo nel flusso della lettura in italiano. A sua volta, però, un cambiamento di genere comporta un cambiamento di nome, e questo costringerebbe a fare delle scelte per la resa del titolo.
Insomma, ci sono difficoltà specifiche, ma non mi paiono insormontabili, né maggiori delle normali difficoltà che affronta qualunque traduttore nel volgere i concetti da una lingua a un’altra. La scelta di non tradurre mi pare una resa poco motivata, il solita itanglicismo pigro, se non quasi un “tradimento” del significato espresso dall’autore in un elemento così centrale, e mi lascia insoddisfatto.
Non avendo visto per ora gli adattamenti cinematografici, non so se lì siano state fatte scelte differenti.
Meno importante, ma comunque spiacevole, il nome Pennywise dell’identità-pagliaccio: anche qui, perché non tradurlo? Significa ‘parsimonioso’. In francese è stato reso con Grippe-Sou, calco molto vicino. Se Parsimonioso non suona adatto come nome d’un pagliaccio, non ci vuole molto a cercare un sinonimo, o a farne una variazione arbitraria (chessò, Parsimonio; mi suona bene), o a coniare qualche termine di significato simile (Salvaspiccioli, Pesaspiccioli…)…