Discussione sui traducenti di forestierismi
Moderatore: Cruscanti
- giulia tonelli
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Lei devia e riporta il discorso sulla maggiore passività dell'italiano rispetto allo spagnolo nei confronti dell'inglese. Lo sappiamo già. Io invece parlavo di studi diacronici di un'eventuale tendenza in tutte le lingue verso la riduzione della loro capacità assimilativa.fabbe ha scritto:Serve metodo (è chiaro) ma per verificare che lo spagnolo adopera oggi meno forestierismi dell'italiano un buon confronto con le pubblicazioni e con le politiche linguistiche è sufficiente, non trova?
Invece io non mi sorprendo. Ho osservato più volte che sono soprattutto o i non madrelingua che hanno studiato l'italiano o i madrelingua che vivono all'estero e attenti ai fatti di lingua, ad avere a cuore la difesa, diciamo così, dell'italiano; invece gli italiani che vivono in Italia, non conoscono le lingue straniere e non si interessano della lingua - quindi la maggioranza dei parlanti nativi - accolgono con indifferenza e addirittura con piacere i forestierismi, sia quelli di necessità sia quelli di lusso. Naturalmente ci sono le eccezioni: alcuni linguisti e amatori della lingua; ma ripeto, sono una ridottissima minoranza come ben sappiamo.fabbe ha scritto:La cosa che mi sorprende ogni volta è come una stranezza tutta italiana (che incuriosisce gli stranieri) venga spacciata in Italia come "normale" e "inevitabile". Non immaginate quanto sia frequente sentirsi domandare: "come mai in italiano non avete una parola per leader o privacy?". Lasciamo stare che mi deprimo.
Si, concordo.Freelancer ha scritto:Ho osservato più volte che sono soprattutto o i non madrelingua che hanno studiato l'italiano o i madrelingua che vivono all'estero e attenti ai fatti di lingua, ad avere a cuore la difesa, diciamo così, dell'italiano; invece gli italiani che vivono in Italia, non conoscono le lingue straniere e non si interessano della lingua - quindi la maggioranza dei parlanti nativi - accolgono con indifferenza e addirittura con piacere i forestierismi, sia quelli di necessità sia quelli di lusso.
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LA GIRAFFA E IL TOPO
Non entro nel merito: vedo però che adesso bastano le sue osservazioni, mentre nella faccenda della giraffa e il topo bisogna procedere con metodo scientifico.Freelancer ha scritto:...Ho osservato più volte che sono soprattutto o i non madrelingua che hanno studiato l'italiano o i madrelingua che vivono all'estero e attenti ai fatti di lingua, ad avere a cuore la difesa, diciamo così, dell'italiano; invece gli italiani che vivono in Italia, non conoscono le lingue straniere e non si interessano della lingua - quindi la maggioranza dei parlanti nativi - accolgono con indifferenza e addirittura con piacere i forestierismi, sia quelli di necessità sia quelli di lusso. Naturalmente ci sono le eccezioni: alcuni linguisti e amatori della lingua; ma ripeto, sono una ridottissima minoranza come ben sappiamo.
Uri Burton
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Re: LA GIRAFFA E IL TOPO
Bastano a che? Non sto contraddicendo nessuno. Se poi lei o qualcun altro non è d'accordo con la mia osservazione, allora sarò il primo a dire: passiamo alle ricerche e agli spogli e vediamo se è vero o no. Altrimenti ognuno si tenga le sue convinzioni, come accade quasi sempre del resto.Uri Burton ha scritto:Non entro nel merito: vedo però che adesso bastano le sue osservazioni, mentre nella faccenda della giraffa e il topo bisogna procedere con metodo scientifico.Freelancer ha scritto:...Ho osservato più volte che sono soprattutto o i non madrelingua che hanno studiato l'italiano o i madrelingua che vivono all'estero e attenti ai fatti di lingua, ad avere a cuore la difesa, diciamo così, dell'italiano; invece gli italiani che vivono in Italia, non conoscono le lingue straniere e non si interessano della lingua - quindi la maggioranza dei parlanti nativi - accolgono con indifferenza e addirittura con piacere i forestierismi, sia quelli di necessità sia quelli di lusso. Naturalmente ci sono le eccezioni: alcuni linguisti e amatori della lingua; ma ripeto, sono una ridottissima minoranza come ben sappiamo.

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Allora, innanzitutto faccio mie le parole di Marco sul «contesto»: questa è una piazza virtuale, non un convegno internazionale d’italianistica. Anche i miei interventi piú «scientifici» (citati persino in tesi di dottorato in linguistica [sic]) sono tali solo in quanto (1) trattano di cose per me elementari (2) sono un po’ piú approfonditi e piú curati nella parte bibliografica, ma sarebbe folle equipararli ad articoli scientifici. E questo credo valga per tutti, non solo per il sottoscritto: senz’offesa, eh?Freelancer ha scritto:Lei ha fatto uno studio diacronico del numero di anglicismi adattati dagli spagnoli nei secoli precedenti, confrontandolo su base percentuale con il numero di quelli che vengono adattati oggi, per stabilire un'eventuale linea di tendenza? Perché parlare in modo generale sulla base di osservazioni estemporanee, è facile; più difficile è fare uno studio basato su spogli approfonditi, come fa chi si occupa di linguistica in modo professionale e non da amatore. Senza offesa, d'accordo?
È ovvio quindi che qualsiasi affermazione da chiunque fatta in un contesto come questo debba essere presa cum grano salis.
Ma veniamo al merito. Qui credo che ci sia in piú un equivoco: io non intendevo confutare l’analisi del Klajn né introdurre un terzo fantomatico «[arci]fattore» (ricordiamoci, però, che senza confutare un’analisi [statistica di dati], si può sempre darne, motivandola, una diversa interpretazione). Quello che intendevo dire è che, ceteris paribus, cioè a parità di complessità strutturale e di livello culturale (i parametri del Klajn, per intenderci), diventa determinante (e sfido qualsiasi linguista a dimostrare il contrario) la «percezione della propria lingua/cultura» (la chiamo cosí per semplificare).
È ben possibile che lo spagnolo di oggi adatti meno di quello di ieri (anzi, è certamente cosí), ma, mentre sporte e filme in italiano suonano rustici e provinciali, diporto (per sport) antiquato se non incomprensibile, stàndaro «fa ridere» e pellicola (per film) affettato, deporte, estándar e película sono perfettamente normali in ispagnolo —e la prego di notare che questi sono solo alcuni esempi, ché non ho voglia né tempo di dimostrarle scientificamente quest’ovvietà (non perché non lo possa/sappia fare).

Un calco piuttosto strano. Ma si può estendere alla carta e parlare di carta rotativa o simili?Marco1971 ha scritto:Il GRADIT, sotto revolving credit, parla di credito rotativo...

P.s.:
Ma allora la cara giulia ci segue ancora, anche se non partecipa piú (per mancanza di tempo o rassegnazione)!giulia tonelli ha scritto:Signora mia, dove andremo a finire!

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Anzitutto accetto la sua velata (è un eufemismo) critica al mio modo di ribattere al suo intervento. Prometto di non invitare più nessuno a produrre articoli, libri, spogli, ricerche a sostegno della propria opinione, e lo dico in tutta serietà. E le credo certamente quando mi dice cosa fanno gli spagnoli con molti forestierismi, perché quando viaggio in aereo negli Stati Uniti, posso vedere dagli articoli delle riviste bilingue inglese e spagnolo che gli spagnoli traducono tutto ma proprio tutto tranne i nomi propri là dove invece un traduttore italiano lascerebbe tante cose in inglese. Mi riprometto però a New Orleans dove sarò a fine mese a un convegno internazionale di traduttori, di chiedere a qualche traduttore spagnolo e francese la sua opinione sullo stato attuale della sua lingua di fronte agli anglismi e la sua opinione sulle linee di tendenza, poi riferirò.Infarinato ha scritto:[…]
Ma veniamo al merito. Qui credo che ci sia in piú un equivoco: io non intendevo confutare l’analisi del Klajn né introdurre un terzo fantomatico «[arci]fattore» (ricordiamoci, però, che senza confutare un’analisi [statistica di dati], si può sempre darne, motivandola, una diversa interpretazione). Quello che intendevo dire è che, ceteris paribus, cioè a parità di complessità strutturale e di livello culturale (i parametri del Klajn, per intenderci), diventa determinante (e sfido qualsiasi linguista a dimostrare il contrario) la «percezione della propria lingua/cultura» (la chiamo cosí per semplificare).
È ben possibile che lo spagnolo di oggi adatti meno di quello di ieri (anzi, è certamente cosí), ma, mentre sporte e filme in italiano suonano rustici e provinciali, diporto (per sport) antiquato se non incomprensibile, stàndaro «fa ridere» e pellicola (per film) affettato, deporte, estándar e película sono perfettamente normali in ispagnolo —e la prego di notare che questi sono solo alcuni esempi, ché non ho voglia né tempo di dimostrarle scientificamente quest’ovvietà (non perché non lo possa/sappia fare).

Mi sermbra però che alla fine di quanto dice sopra, lei addirittura concordi nella sostanza col Klajn. Sembrerebbe quindi che, se una differenza c'è tra la situazione spagnola e quella italiana - per limitarci a queste due lingue - è nei tempi; ossia, se veramente esiste una tendenza comune a tutte le lingue a indebolirsi nella propria capacità di assimilazione, si potrebbe pensare che il fattore socio-culturale sia in questo periodo molto più forte per lo spagnolo, molto debole per l'italiano; e allora ci si chiede se esso possa mantenere la propria forza difensiva, per così dire, o sia ciò nonostante destinato a soccombere a fronte di altri fattori - tra i quali la conoscenza delle lingue straniere perché nessuno potrà dubitare che oggi la conoscenza delle lingue straniere sia più diffusa di 200 anni fa per quanto scarsa possa essere - che con il loro effetto cumulativo portino all'accettazione di forestierismi non adattati.
Che la conoscenza delle lingue sia oggi piú diffusa ma piú superficiale di dugent’anni fa è pacifico. Ed è proprio tale pressappochismo (litote!), secondo me, che porta all’accettazione, da parte dei meno attrezzati, dei forestierismi crudi.
Destinato a soccombere...
Certo, se non si cerca di reagire e ci si pone sul piano dell’osservatore imparziale e impassibile... Individuare le tendenze è una cosa; lasciarle in balia di sé stesse, per me, è irresponsabile.
Destinato a soccombere...

Riflettete anche su questo: le somme cariche della Repubblica, in contesti internazionali ufficiali, non usano l’italiano, ma l’inglese o, se non lo sanno, il francese.
Il Presidente Napolitano, nella sua visita a Londra della settimana scorsa, ha pronunciato il suo discorso ufficiale in inglese, cosa non necessaria e sbagliata, perché in convegni simili la traduzione simultanea non è un problma, ma soprattutto perché egli rappresenta l’Italia, e nelle occasioni ufficiali, a meno d'eccezioni ben motivate, deve usare la lingua italiana. Chirac è forse solito parlare in lingue che non siano il francese?
Altro caso: Veltroni, intervistato mi pare a inizio mese da Al Jazeera in veste di sindaco di Roma, non conoscendo l’inglese, ha usato il francese, ma, essendo quella una rete araba, quello che diceva era chiaramente tradotto simultaneamente in quella lingua, per cui l’effetto del sindaco della capitale che, non conoscendo l’inglese, usa il suo francese d’antan per parlare a chi avrebbe tradotto tutto in arabo qualunque lingua avesse usata m’ha lasciato una vera sensazione di pena.
Il Presidente Napolitano, nella sua visita a Londra della settimana scorsa, ha pronunciato il suo discorso ufficiale in inglese, cosa non necessaria e sbagliata, perché in convegni simili la traduzione simultanea non è un problma, ma soprattutto perché egli rappresenta l’Italia, e nelle occasioni ufficiali, a meno d'eccezioni ben motivate, deve usare la lingua italiana. Chirac è forse solito parlare in lingue che non siano il francese?
Altro caso: Veltroni, intervistato mi pare a inizio mese da Al Jazeera in veste di sindaco di Roma, non conoscendo l’inglese, ha usato il francese, ma, essendo quella una rete araba, quello che diceva era chiaramente tradotto simultaneamente in quella lingua, per cui l’effetto del sindaco della capitale che, non conoscendo l’inglese, usa il suo francese d’antan per parlare a chi avrebbe tradotto tutto in arabo qualunque lingua avesse usata m’ha lasciato una vera sensazione di pena.
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Sí e no, ma qui bisognerebbe davvero fare uno studio approfondito… Non sono sicuro che sia necessariamente «destinato a soccombere»: molto dipende dalla sua «forza», dalla forza della cultura [straniera] dominante, dall’incompatibilità fonomorfologica tra le due lingue (in alcuni casi, assimilazioni e mancate assimilazioni potrebbero essere virtualmente indistinguibili) e dalla durata storica di detta egemonia culturale… Gedankenexperiment: e se un domani fosse la cultura spagnola a [ri]deventare la cultura dominante (prima che si compia —sempre che sia inevitabile— il processo di cui sopra)?Freelancer ha scritto:Mi sermbra però che alla fine di quanto dice sopra, lei addirittura concordi nella sostanza col Klajn. Sembrerebbe quindi che, se una differenza c'è tra la situazione spagnola e quella italiana - per limitarci a queste due lingue - è nei tempi; ossia, se veramente esiste una tendenza comune a tutte le lingue a indebolirsi nella propria capacità di assimilazione, si potrebbe pensare che il fattore socio-culturale sia in questo periodo molto più forte per lo spagnolo, molto debole per l'italiano; e allora ci si chiede se esso possa mantenere la propria forza difensiva, per così dire, o sia ciò nonostante destinato a soccombere a fronte di altri fattori…
Non mi sembra che sia una cosa negativa: se si conosce la lingua straniera in modo adeguato e la si può parlare fluentemente (e credo sia il caso di Napolitano), non trovo certo scandaloso che si voglia avere un contatto piú diretto (cioè non mediato) cogli ascoltatori (evitando fra l'altro fraintendimenti); altra cosa invece è parlare una lingua straniera che non si conosce bene o addirittura viene comunque tradotta coll'unico scopo di dimostrare che non si parla solo l'italiano, o peggio ancora per nascondere la propria lingua, considerata inferiore (coll'unico effetto poi di rimediare brutte figure: si veda un recente discorso di un politico italiano nel Congresso americano...).Incarcato ha scritto:Il Presidente Napolitano, nella sua visita a Londra della settimana scorsa, ha pronunciato il suo discorso ufficiale in inglese, cosa non necessaria e sbagliata
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parlare fluentemente va inteso in senso letterale come parlare molto e con regolarità o come calco dall'inglese che tende a scalzare la locuzione parlare correntemente ?Federico ha scritto:Non mi sembra che sia una cosa negativa: se si conosce la lingua straniera in modo adeguato e la si può parlare fluentemente...

Non avevo visto il messaggio di Freelancer.
Ho aggiunto prima signora per first lady: niente di strano, e infatti è stato usato tranquillamente dall'ottimo Michele Serra per parlare della moglie del Presidente Napolitano (è ricorso poi a presidentessa, dicendo però che solo per brevità non scriveva la moglie del Presidente).
Vedo anche che manca musical: si può dire tranquillamente musicale (cosí si trova scritto nella pagina dedicata ai cinema di qualche giornale).
Probabile che sia un calco, ma non vedo perché il senso letterale dovrebbe essere parlare molto e con regolarità se fluente è aggettivo che significa «che fluisce, che scorre [...] frequente l'uso fig., di cosa che dia l'immagine del fluire copioso» (Treccani in linea): a me dà piuttosto l'idea di un parlare che procede fluidamente, senza ostacoli e rapidamente, come l'acqua di un fiume che giunge infallibilmente al mare.Freelancer ha scritto:parlare fluentemente va inteso in senso letterale come parlare molto e con regolarità o come calco dall'inglese che tende a scalzare la locuzione parlare correntemente ?
Ho aggiunto prima signora per first lady: niente di strano, e infatti è stato usato tranquillamente dall'ottimo Michele Serra per parlare della moglie del Presidente Napolitano (è ricorso poi a presidentessa, dicendo però che solo per brevità non scriveva la moglie del Presidente).
Vedo anche che manca musical: si può dire tranquillamente musicale (cosí si trova scritto nella pagina dedicata ai cinema di qualche giornale).
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