Ste. Gi. ha scritto: mer, 22 mag 2019 18:50
Mi permetto di far notare che molti linguisti sconsigliano l'uso della particella "ci" con funzione pronominale: "ho parlato con lui/lei/loro" è senza dubbio preferibile.
I linguisti «sconsigliano»? Forse quelli di cent’anni fa… Oggi i linguisti non danno consigli, scattano solo fotografie, infatti sarebbe piú acconcio parlare di fotolinguisti.
Comunque il ci per «preposizione + lui/lei/loro» è perfettamente corretto. Non ho tempo ora, ma se la cosa interessa, posso fornire illustri attestazioni di tale uso.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Ste. Gi. ha scritto: mer, 22 mag 2019 18:50
Mi permetto di far notare che molti linguisti sconsigliano l'uso della particella "ci" con funzione pronominale: "ho parlato con lui/lei/loro" è senza dubbio preferibile.
Crederai che ancora non ho potuto parlare a Capaccini? Vi sono stato varie volte ma inutilmente, ed avendogli lasciato detto giorni fa che ci sarei tornato, al mio ritorno mi lasciò detto che aveva già capito, e che non dubitassi. Ciò non ostante non sono tranquillo se non lo vedo e ci parlo, il che spero poter fare a momenti. (Leopardi, Epistolario, 1823)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Buonasera a tutti gli utenti collegati e scusate per la replica tardiva.
Sono persuaso che i linguisti evocati dal sottoscritto prima di pronunciarsi “contro” la funzione di “ci” divenuta in corso d'opera oggetto del dibattito, cento anni fa (come suppone Marco 1971) o, forse, in un passato più recente, abbiano scandagliato non solo gli esempi rammentati in questo filone a sostegno della liceità del suddetto pronome in luogo di “con lui/lei/loro”, ma un ventaglio di testi ben più ampio.
Per scongiurare spiacevoli fraintendimenti, ho riletto il mio primo intervento e la convinzione di aver specificato il verbo “sconsigliare”, anziché insinuare concetti più marcati dal punto di vista di un’eventuale presa di posizione, ha trovato conferma. Nessun utente, attivo o meno che sia, ha certamente necessità di affinare la differenza tra lo “sconsigliare qualcosa” e il “bollare quel qualcosa come errato”.
Lungi da me l’intento di veicolare mediante questo forum l’agrammaticalità dell’impiego pronominale in oggetto. Non per indulgere a una riduttiva semplificazione della questione che è venuta a crearsi, ma mi pare che si siano soltanto delineate due mere correnti, entrambe legittime e ben supportate o da illustri letterati e attuali grammatiche o da taluni studiosi del ramo, innegabilmente di ispirazione purista.
Chiuso il filone, ognuno di noi riprenderà possesso della propria formazione e delle proprie preferenze e scelte d’uso, libero di abbracciare questo o quel suggerimento, oppure di assecondare questo o quel modellamento della lingua italiana: materia in continua evoluzione, come ogni altro apparato semantico.
Se, da una parte, è consentito promuovere (o comunque non osteggiare) il nostro “ci” come pronome di terza persona singolare e plurale; dall’altra sarà consentito tenersene a debita distanza.
Un saluto a tutti e viva la libertà… di pensiero.
Ho riletto anch’io il suo primo intervento, e devo confessare di non aver trovato evocazione del nome di alcun linguista (né dell’opera in cui è prodigato il consiglio di evitare il ci per «con lui/lei/loro»). Potrebbe cortesemente fornirci queste informazioni?
Poi naturalmente – e questo l’ho sempre detto e ripetuto – ognuno, nel proprio uso della lingua, si regola come preferisce (entro gli ovvi limiti della grammaticalità, dell’acconcezza di registro, ecc.). Sarebbe tuttavia interessante conoscere i criteri che hanno indotto i linguisti a cui lei si riferisce a sconsigliare l’impiego di simile costrutto.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Scusate se mi accodo a questo filone. Vedo che il "ci" con il significato di "con lui, con lei, con loro" è ben attestato (anche nei dizionari d'uso e nella grammatica Treccani, tanto per citare qualche esempio). La mia domanda è: ci sono dei casi in cui non si può usare, magari in presenza di certi verbi? Oppure si può sempre usare, ma ci sono dei casi in cui il suo uso determina un registro più colloquiale?
provo a fare qualche esempio. Mi suona bene una frase come "Ho incontrato Carlo e ci ho parlato (=ho parlato con lui)". Mi suona anche bene "Sono amico di Carlo e ci esco spesso a cena (= esco spesso a cena con lui)", ma, non saprei dire perché, questa frase mi suona di tono più colloquiale e devo ammettere che eviterei di scriverla in un testo formale. Faccio un altro esempio. Posso dire "Esco di casa con lui", ma non mi sentirei di dire "Ci esco di casa". Non riesco a venire a capo delle differenze che sento nella mia testa
Spero che possiate aiutarmi a capire. Grazie!
Senza ragionarci troppo, direi che la differenza sta nel tipo di costituente frasale che il ci sostituisce: quando sostituisce un «con lui, con lei, con loro» che sia «argomento» del verbo (cioè un costituente obbligatorio), allora direi che, come del resto si è già ricordato, il suo uso rientra a pieno titolo nell’italiano senz’aggettivi; quando sostituisce un «margine» o «circostanziale» o «aggiunto» (cioè un costituente facoltativo), allora la liceità di tale sostituzione è meno scontata, anche perché può non risultare immediatamente ovvio a cosa si referisca quel ci…